La volontà di punire

 

I nemici della pillola Ru486 hanno trovato un nuovo slogan per combatterla, anche adesso che è

stata approvata dai sapienti componenti dell´Agenzia italiana per il farmaco: il suo uso indurrebbe a

una "clandestinità legale" chi affronta con quel metodo una interruzione di gravidanza. Anche se

verrà somministrata solo in ospedale, che non si può definire un luogo propriamente clandestino.

Come slogan non ha alcun significato, ma consente di riavvicinare alla parola aborto la parola

clandestino, cioè a ricacciare quel drammatico evento esclusivamente femminile nell´ombra non

solo del peccato ma anche in quella del crimine.

Ancora una volta donne assassine, sia pure in modo legale. Insomma, criminali legalizzate. Sono

almeno trent´anni, da quando si cominciò a parlare di una possibile pillola abortiva, che fu giudicata

ancora più diabolica dell´intervento chirurgico, pur spaventoso; è da più di venti, da quando in

Europa ha cominciato ad essere prescritta negli ospedali e in alcuni casi venduta nelle farmacie (e

adesso anche su Internet), che in Italia la si combatte con tanta fermezza che ogni tentativo di

introdurla e sperimentarla alla luce del sole, cioè legalmente, è stato contrastato e fatto fallire.

Naturalmente la guerra non è finita: agli obiettori di coscienza dell´intervento chirurgico si

aggiungeranno quelli della pillola: a meno che, e questo sarebbe un imprevisto capovolgimento, pur

di impedire l´uso luttuoso della stessa, si finisca con ritenere un male minore l´aborto tradizionale.

Tra i detrattori della povera Ru486 ci sono quelli che sbandierano i 29 decessi che avrebbe causato

non si sa in quanti anni né in quanti paesi: sinceramente quando l´aborto era clandestino e quindi

illegale, e al posto della chirurgia c´erano i ferri da calza e della pillola il decotto di prezzemolo,

erano migliaia all´anno le donne che morivano. E a meno che ai nostri difensori dell´embrione

interessi solo la sopravvivenza delle donne portatrici dello stesso, e da tener quindi lontane dalla

eventuale pericolosità della pillola, bisognerebbe impedire agli italiani tutti di guidare la macchina

visti i più di 5000 morti l´anno sulle strade, e anche in alcuni casi di lavorare, contando i tre morti al

giorno su impalcature, pozzi, fornaci eccetera. Clandestinità legale e decessi sono le solite

espressioni di stanca ipocrisia che si ritengono dovute per ragioni politiche e non certo morali.

Allora paiono più accettabili gli anatemi terrorizzanti che neppure Savonarola avrebbe pronunciato

e che richiamano antichi dipinti popolari pieni di diavoli che strappano la lingua o impalano dal di

dietro certi poveri nudi peccatori. In questi casi non ci si attiene alla realtà e alla logica, ma all

´apocalisse più punitiva.

 

"Veleno letale" è una bella espressione forte, vaticana, ancora più forte "pesticida umano", lanciato

come un dardo dal vescovo di San Marino. Il più savio da quelle parti è monsignor Fisichella che

ricorda, come è giusto per lui, come è l´aborto in sé ad essere per un cattolico peccato grave, così

grave da meritare la scomunica, come ricorda monsignor Sgreccia, appellandosi però non alle

coscienze morali e religiose delle persone, ma al solito governo, perché si svegli dal suo torpore sul

tema. La parlamentare Carlucci tuona, tanto per dire una sciocchezza, «si legalizza l´aborto fai da

te», colpa naturalmente della sinistra anche se molte sue colleghe di coalizione, più accorte, o

tacciono o non hanno nulla in contrario. C´è chi da gentiluomo, come il sottosegretario Mantovano,

vuole soccorrere le donne che si sa sono sempre incapaci e sventate e guai ad abbandonarle a se

stesse come avverrebbe con la pillola. Brilla come sempre per pugnace crudeltà il presidente del

Movimento per la Vita Carlo Casini, al fronte antiabortista sin dagli anni 70, e da allora non si è mai

fermato. Il suo timore è che la pillola banalizzi l´aborto, che le donne, inaffidabili, la prendano

come un bicchier d´acqua, non percepiscano l´abisso del loro gesto, non soffrano abbastanza ed

estinguano il senso di colpa e il rimpianto in meno di cent´anni.

Ci sarebbero altre cose da dire, poi viene in mente che da anni si dicono sempre le stesse, anno dopo

anno, non solo contro la legge che consente l´interruzione di gravidanza (quella clandestina non

interessa), ma anche contro la prevenzione, gli anticoncezionali, i condom, ugualmente degni di

scomunica. Si vorrebbe che almeno per una volta visto che siamo anche noi, povere italiane,

cittadine d´Europa più che del Vaticano, non si facesse tanto ripetitivo casino attorno a quell

´interruzione di gravidanza che non sarà mai sconfitta né da leggi proibizioniste, né da anatemi

vescovili, né dal dolore individuale o dal senso di irrimediabile perdita: perché questa è la vita delle

donne, oggi di quelle più povere, più abbandonate e più sole, e meno male che adesso c´è

(speriamo) la Ru486.

Natalia Aspesi     la Repubblica 1 agosto 2009