L'etica e la scomunica

 

Dopo anni di discussioni e di incontri, finalmente le autorità mediche italiane si sono decise ad

approvare la famosa pillola Ru486, la «pillola abortiva», già da tempo approvata e adoperata in

quasi tutti i paesi. Era scontata la condanna vaticana, con relativa protesta. Ma a questa si è aggiunta

addirittura una minaccia di scomunica, sia per chi usa la pillola che per chi la prescrive.

Eppure di scomuniche non si parlava più da tempo. Un termine che non soltanto colpisce, ma

sconvolge. Ricorda tempi lontani e anche malfamati. Ricorda lotte più o meno sanguinose,

condanne, supplizi. Ricorda Galileo e con lui tanti processi ecclesiastici anche ingiusti; vicende che

il tempo ha corretto e rinnegato. Momenti tristi della storia del cattolicesimo, che si è faticato a

dimenticare e anche a correggere.

Eppure, ieri, ancora scomunica. Il Vaticano insiste a imporre sulla questione dell'aborto tutta la

sottolineatura che gli è possibile. Anche a costo di relegare in secondo piano altre questioni morali

che forse dovrebbero essere maggiormente sottolineate, come quella della fame nel mondo o

dell'immigrazione. Non è stato sempre così nella storia della chiesa cattolica, ma oggi questa è

l'accentuazione, questa è l'immagine che Roma offre di se stessa al mondo. Una chiesa tutta

impegnata nell'etica, anche se non è stata l'etica la priorità del suo fondatore. E nell'etica, priorità

assoluta alla questione della lotta all'aborto. Fino al limite massimo della condanna, la scomunica.

Ciò che colpisce persino più dell'atteggiamento del Vaticano è la subalternità della politica italiana

ai messaggi e agli imprimatur che arrivano dall'altra sponda del Tevere. E dire che un diverso

rapporto con le gerarchie della chiesa cattolica sarebbe possibile: solo pochi giorni fa, Obama aveva

incontrato il Papa e confrontato i reciproci punti di vista. Terminata la visita, però, il presidente

degli Stati uniti era rientrato in patria e senza patemi d'animo o subalternità, nel pieno rispetto delle

opinioni di Ratzinger, aveva proseguito lungo la sua strada finanziando la ricerca sulle staminali.

La protesta cattolica contro l'approvazione della Ru486 va ben al di là delle sponde del Tevere. Non

soltanto dichiara al mondo intero quali sono le priorità e le caratteristiche del cattolicesimo romano,

ma produce altri effetti, tutti discutibili. Aumenteranno, inevitabilmente, non soltanto le critiche ma

anche le disobbedienze nello stesso ambito cattolico. Così è già avvenuto per altre questioni, sempre

di carattere etico e soprattutto sessuale: la compattezza diminuirà ancora di più, specialmente nelle

zone del mondo più «lontane», non geograficamente ma spiritualmente, da Roma. Si pensi al

dramma dell'aids in Africa. E ancora: si renderanno sempre più difficili i rapporti ecumenici, sia con

le altre religioni sia, soprattutto, con gli altri cristiani. Non sarà facile che molti protestanti, ad

esempio, possano comprendere le rigidità romane in materia di nascite e di aborti.

Un cristianesimo che si evidenzia soprattutto nel negare o approvare certe pillole e rifiuta la

discussione è ancora quello fondato da Gesù? Se ne può dubitare.

Filippo Gentiloni    il manifesto 1 agosto 2009

 

 
 

«Il Vaticano alza la voce perché lo Stato è debole»

intervista a Giovanni Miccoli a cura di Eleonora Martini

 

Scomunica «latae sententiae» per chi usa o prescrive la Ru486 e per chi aiuta la donna ad abortire.

È un dio che caccia i peccatori dal tempio, quello evocato da monsignor Elio Sgreccia, ex

presidente della Pontificia Accademia per la vita. Che tuona e maledice. «Ma non c'è nulla di

nuovo». Per il professor Giovanni Miccoli, emerito di Storia della Chiesa presso l'Università di

Trieste, «siamo in piena continuità con il passato»: «La scomunica automatica c'è sempre stata

anche per l'aborto chirurgico, considerato peccato e delitto in senso morale e giuridico».

 

Tutte le donne che hanno abortito, dunque, devono considerarsi scomunicate?

Sono escluse dalla comunità dei fedeli; quello che succede nel rapporto con Dio, non è sondabile.

Ricordiamoci però che anche la bambina brasiliana che aveva abortito in seguito ad uno stupro ha

ricevuto la scomunica dai vescovi locali, insieme ai medici e alla famiglia, e il Vaticano aspettò un

po' prima di ritirarla. Ecco, perfino in un caso così estremo, come anche per le donne violentate in

guerra, esiste la scomunica.

Trattamento molto diverso, quello concesso ai Lefebvriani.

In quel caso era una scomunica ad personam perché alcuni vescovi erano stati consacrati senza il

permesso della Santa sede: un atto di ribellione, di rottura dell'unità cattolica. Quella revoca, però,

ha un significato molto particolare che meriterebbe un discorso a parte perché non c'è mai stato

l'atto di pentimento necessario previsto dal diritto canonico. Sempre, anche nel caso dell'aborto, il

pentimento è ben accolto dalla Chiesa. Si pensi a Berlusconi, un pellegrinaggio fino al Santuario di

Padre Pio è il massimo della sollecitazione della misericordia della Chiesa.

In questo caso però il perdono è arrivato prima della scomunica...

A dire il vero, anche a causa delle sollecitazioni venute dal basso, non c'è stato un silenzio assoluto

da parte della Chiesa. Alcune voci si sono sollevate non solo da Famiglia cristiana, ma anche

dall'Avvenire, lo stesso monsignor Crociata. Ci sono certamente delle prudenze con i potenti,

figuriamoci. Ad maiorem dei gloriam, si può anche avere a che fare con i peggiori peccatori. Però,

proprio nel rispetto della laicità dello stato, non si può una volta sollecitare l'intervento ecclesiastico

e un'altra volta riprovarlo. Il comportamento di Berlusconi dovrebbe creare in primo luogo una

ribellione nella coscienza civile senza che si debba chiedere il soccorso della Chiesa.

Aborto e testamento biologico, temi storicamente importanti per il Vaticano?

Nel magistero della Chiesa il diritto alla vita ha spesso ceduto la strada ad altri diritti: per esempio

durante il Medioevo e l'Inquisizione, e fino all'età moderna, il diritto alla verità veniva prima. Chi

colpiva la verità veniva consegnato al braccio secolare e anche giustiziato. Oppure il diritto alla vita

cedeva il passo al diritto/dovere di ordine pubblico, per cui si riconosceva la pena di morte. C'è stata

un'evoluzione del pensiero ecclesiastico, mentre invece oggi viene assolutizzato qualcosa che nel

passato non lo era. Sarebbe auspicabile un maggior senso della storia.

Perché oggi la Chiesa assolutizza il diritto alla vita?

Perché è nell'ambito morale e del costume che la Chiesa riesce a rivendicare un suo diritto/dovere a

dettare le norme alla società civile, ricollegandole al diritto naturale. È un'area in cui riesce a

rivendicare un diritto di guida suprema.

Una politica che premia il proselitismo, questa adottata dal Vaticano?

Non mi pare. Ricordiamoci che l'enciclica Umanae vitae pubblicata nel 1968 da Paolo VI che

proibiva il ricorso ai contraccettivi è stata completamente disattesa. Può giocare bene però in

determinati contesti come quello italiano in cui la vita politica è spaventosamente inquinata. Basti

pensare che la Lega ha abbandonato il dio Po e rincorre le tracce di un'ipotetica identità cristiana per

poter sviluppare la propria politica xenofoba. E che gli eredi del fascismo, non potendo più

richiamarsi ad un'ideologia così screditata, ricorrono alla tradizione clerico-fascista di Dio, patria e

famiglia. E riconosciamo pure che tradizionalmente la nostra sinistra non ha molta sensibilità per la

laicità dello Stato. In questo strano calderone, tenere d'occhio la Chiesa risulta utile.

Obama incontra Ratzinger e gli promette che farà di tutto per limitare il ricorso agli aborti,

ma poi non ci pensa nemmeno lontanamente a fare leggi proibizioniste. C'è una differenza

enorme con la nostra classe politica, perché? Dipende solo dalla presenza dello stato Vaticano?

È un discorso complesso: dipende dal lungo percorso della storia italiana, a cominciare dall'Unità

d'Italia. La subordinazione alle esigenze della Chiesa è legata anche alla debolezza dello Stato

italiano stesso, della classe politica e delle istituzioni pubbliche. Si pensi a tutti gli interventi della

gerarchia ecclesiastica per fermare la prospettiva secessionista su cui spingeva la Lega una ventina

di anni fa. Anche Mussolini, fin dal '21 dovette riconoscere l'enorme importanza della Chiesa in

Italia e nel mondo.

E l'intervento di Craxi non ha cambiato nulla?

Non molto, la revisione del Concordato conclusa da Craxi è un passo avanti ma presenta ancora

molti aspetti discutibili a cominciare da quella stranezza dell'ora di religione.

Ma quando monsignor Sgreccia minaccia scomuniche, crede davvero di convincere qualche

donna in questo modo a rinunciare all'aborto?

Non lo so, ma credo che è soprattutto sul contesto che affermazioni del genere possono incidere.

Ricordiamoci che comunque è aumentato il numero di obiettori di coscienza: spesso è una scelta

opportunistica ma così viene legittimata.

E gli italiani, secondo lei, sono più sensibili ai valori cattolici rispetto ad altri popoli europei?

Non credo proprio, soprattutto rispetto a sessualità e vita familiare.

         il manifesto 1 agosto del 2009