Cosa ne è delle donne ai tempi del Cavaliere

 

Cene, balli, barzellette, "ragazze-immagine" in abiti neri e trucco leggero, bellissime escort i cui

volti si sovrappongono fino a sfumare l'uno nell'altro… No, non si tratta del copione di un film di

serie B, ma di un rituale che, in questi ultimi anni, si è banalizzato in Italia, ripetendosi in modo

ossessivo nel cuore stesso del potere, a Palazzo Grazioli come a Villa Certosa, eco di un mondo in

cui le donne non sono più che delle controfigure sbiadite.

"Casting", "fashion", "book": le donne, ormai, nell'Italia di Berlusconi, non sembrano più contare

per quello che fanno o sanno fare, per le loro competenze professionali, per la loro preparazione o

per la loro storia (dolorosa, a volte; difficile, sempre), ma per il ruolo che giocano, per come

appaiono, per ciò che non esprimono. Le donne sono sempre più corpi e volti ritoccati per

sottomettersi tutti ad un'unica ingiunzione: sii bella e seducimi! «Io sono una bambola» afferma con

fierezza una show girl alla televisione, credendo così di essere irresistibile. «Le donne belle vanno

sempre con gli uomini ricchi e potenti», sembra confermare Vittorio Sgarbi in una recente intervista

telefonica tirando fuori la carta ormai usata e abusata dell'apologia dell'italiano "scopatore". Ma

cosa dicono questi corpi sottomessi (alle diete, alla chirurgia plastica, allo sport, allo sguardo

dell'uomo), il cui volto rifatto ha ormai perso ogni segno di singolarità e di vulnerabilità? Che tipo

di relazione con l'altro possono stabilire? Si può ancora parlare di relazione e di desiderio quando

l'alterità (l'irriducibile alterità dell'altro, come direbbe Levinas) scompare sotto la maschera di un

oggetto di piacere e di pulsione intercambiabile? Quale donna si rivolgerebbe oggi al truccatore che

vuole nasconderle le occhiaie come fece Anna Magnani, che «ci aveva messo degli anni per farsele

e non voleva nasconderle»?

 

«Ad un volto», scriveva Deleuze, «possiamo porre due generi di domande, a seconda delle

circostanze: a cosa pensi? Oppure: cosa ti succede, che cos'hai, che cosa senti o che cosa provi?». È

attraverso il viso che ognuno di noi può esprimere la propria singolarità e la propria specificità: un

viso non è mai "un" viso in generale, ma sempre "il" viso di qualcuno che porta su di sé i segni del

tempo che passa, delle emozioni vissute, dei dolori, delle gioie. Cosa accade allora quando "il" viso

diventa "un" viso, uno qualsiasi tra i tanti, conforme alle norme in vigore, ma inespressivo: un

"volto angelico" di una ragazza, il cui nome può essere Noemi, ma anche Roberta, Barbara, Patrizia,

Lucia? Perché in fondo poco importano nome e viso di queste ragazze. Si tratta quasi sempre di

giovani donne sorridenti e sognanti. E quando non sono più tanto giovani, tutte continuano a avere

le labbra formose, il naso rifatto, le rughe cancellate, l'abito nero, il trucco leggero… per continuare

a occupare la scena di una vetrina luccicante, per non smettere mai di sedurre i maschi, per

incarnare l'immagine della donna perfetta che continua a guardarsi nello specchio deformante del

piacere virile.

Perché allora così poche persone insorgono contro questa mascherata tutta italiana che da anni

cancella "il" viso delle donne, per ridurle al ruolo subalterno e umiliante della semplice comparsa

teatrale, come se, per continuare a esistere, le donne fossero ormai costrette a interpretare sempre lo

stesso personaggio? Perché tante donne credono che il solo modo per emergere dalla massa informe

dell'anonimato sia quello di ridursi a oggetti di pulsioni, contemplate per il corpo-feticcio che

incarnano, e ridicolizzate - senza per questo scomporsi - per la loro incompetenza professionale

davanti alla telecamera?

 

Non si tratta di criticare le scelte personali di alcune donne. In fondo, ogni persona è libera di fare

quello che vuole della propria vita. Perché non diventare una velina? La questione, qui, riguarda la

libertà. Quale libertà resta oggi alle donne in un paese in cui il potere in carica propone loro un

modello unico di riuscita e di comportamento? Quale libertà resta quando si fa loro credere che il

desiderio non sia altro che pulsione? Il desiderio, che è il sale della vita, e che spinge ognuno di noi

ad andare verso l'altro, non può ridursi alla voglia frenetica di "consumare" corpi seducenti e

impeccabili; il desiderio emerge e si sviluppa solo quando l'altro, l'oggetto del nostro desiderio,

resta giustamente "altro": colui o colei che è ciò che io non sono, che ha ciò che io non ho e che,

nonostante tutto, al di là della seduzione e dei rapporti sessuali, rimane irraggiungibile. A differenza

di un pezzo di pane o di un bicchiere d'acqua che si consumano quando si ha fame o sete, la donna

non è un semplice oggetto che può essere consumato a proprio piacimento. E non per ragioni morali

(la "moralina", direbbe Nietzsche). Ma perché, molto più semplicemente, in ogni relazione umana

c'è un "resto", qualcosa dell'altro che non si può distruggere perché l'altra persona sfugge sempre

alla "presa" e, in quanto persona, resiste alla volontà dell'altro di assimilarla a sé. È in questo "resto"

che risiede la sua specificità e la sua umanità. Un volto che dice "no" e che si oppone

all'onnipotenza del potere, della ricchezza, della violenza. Solo nei film pornografici il volto

scompare e non esprime più nulla, producendo un sistema nel quale gli uomini e le donne non sono

altro che due polarità complementari: l'attività e la passività, il potere e la disponibilità. Tutto si

riduce a ripetizione, accumulazione e moltiplicazione: la ripetizione ossessiva degli stessi gesti;

l'accumulazione delle donne come trofei di caccia; la moltiplicazione delle conquiste… Fino a che

non emerge un mondo in cui, guardando o essendo guardati, tutti restano intrappolati nella

ripetizione di un atto che simula il sesso senza più nessun riferimento all'incontro sessuale, come

mostra magistralmente Kubrick nella scena dell'orgia del suo ultimo film, Eyes Wide Shut. Un

mondo che, in fondo, altro non è che il vecchio sistema patriarcale in cui gli uomini amano delle

donne che non desiderano e desiderano delle donne che non amano, come diceva Freud, e in cui le

donne sono costrette a scegliere a quale gruppo appartenere: le "madonne" o le "puttane".

Con il 1968 e la rivoluzione sessuale degli anni Settanta, questo sistema era stato rimesso in

discussione: la libertà per le donne di disporre finalmente del proprio corpo aveva come finalità

principale il raggiungimento di un'uguaglianza a livello di diritti che doveva permettere a tutti di

diventare soggetti della propria vita. Uomini e donne uguali. Uomini e donne capaci di costruire la

propria vita, di lottare per affermarsi, di mostrare il proprio valore e le proprie competenze. Che

cosa resta, nell'Italia di oggi, di questa rivoluzione? Che messaggio dà alle adolescenti di oggi un

paese il cui presidente del consiglio è fiero del proprio machismo? Un paese in cui un personaggio

pubblico celebre può dichiarare senza vergogna che "chi scopa bene, governa bene"? Guardando

quello che accade negli altri paesi europei, l'Italia "liberista e moderna" sfigura, presentandosi come

l'emblema stesso del ritorno all'atavico machismo dei paesi mediterranei. È questo che stupisce e

scoraggia quando ci si rende conto che l'unico modello femminile valorizzato oggi in Italia è quello

della bambola impeccabile la cui sola preoccupazione è l'immagine del proprio corpo e la seduzione

maschile. Non perché non ci si debba occupare del proprio corpo, ma perché quando il corpo non è

altro che un oggetto di consumo, la donna perde la possibilità di esprimersi indipendentemente dallo

sguardo degli uomini.

Facciamo, allora, in modo che il ventunesimo secolo, col pretesto di essere "alla moda", non sia la

tomba di tutte le conquiste femminili del secolo scorso.

Michela Marzano    la Repubblica  30 luglio 2009

 

 
 
 

Il seno censurato solo se allatta

 

Chissà, forse è stata la stranezza, la novità dell'immagine che aveva sotto gli occhi a mettere a

disagio l'albergatore di Madonna di Campiglio che ha allontanato dalla sala comune una cliente che

allattava la sua bambina.

Certo, doveva essere tanto tempo che non assisteva a una scena simile, e quindi la sorpresa è stata

vissuta, probabilmente, con disagio: di ragazze in topless doveva averne viste molte, magari anche

intente a prendere il sole fra le alte cime, e altre, ancora meno vestite, sui cartelloni pubblicitari, o in

televisione. Ma un seno nudo usato per la sua funzione naturale, l'allattamento, quello non si era

mai visto… avrà pensato così, indignato, prima di invitare la signora, probabilmente con un'aria un

po' severa, di ritirarsi in una saletta a parte, prima che - pensava lui - i clienti esplodessero, sorpresi,

nelle proteste! Probabilmente è proprio la sorpresa che spiega un comportamento altrimenti

ingiustificabile. In una società tendenzialmente priva di codici morali nella gestione del corpo, in

cui tutto - sul piano del comportamento sessuale - è permesso, il disagio può nascere solo da un

comportamento inusuale, da qualcosa che non siamo abituati a vedere in televisione, o nelle

immagini dei rotocalchi. E forse neppure nelle nostre case: non solo, infatti, il forte decremento

delle nascite del nostro paese fa sì che ormai pochi abbiano esperienza diretta di un neonato, e

spesso solo una volta nella vita. Ma le poche donne che fanno figli spesso non allattano, perché

devono lavorare, per essere più libere, perché non sono più giovani e allattare stanca.

 

L'episodio di Madonna di Campiglio è un segnale interessante di come cambia la cultura in una

società in forte calo demografico, dove il nudo femminile impazza nei cartelloni pubblicitari esposti

per le strade, nei film, nei programmi televisivi. Un seno nudo non fa notizia, non fa scalpore, non

dà fastidio a nessuno purché venga esibito come segno di seduzione, come allusione sessuale,

mentre turba se viene usato per la sua funzione naturale, l'allattamento.

Del resto, nel corso di qualche decennio, sul piano del comportamento sessuale, abbiamo capovolto

ogni regola, ogni modo di pensare: se prima era proibito alludere al sesso esplicitamente, esporre

parti del corpo di significato erotico, e più in generale praticare la sessualità al di fuori del vincolo

matrimoniale, oggi è quasi obbligatorio sostenere la libertà assoluta di scelte e di comportamenti,

accettare che tutto sia permesso fra consenzienti. Non è neppure più richiesto essere adulti, dato che

l'età dei primi rapporti sessuali si abbassa sempre più. L'unica cosa veramente difficile, complicata,

che richiede coraggio è fare un figlio, specialmente se si è in giovane età, proprio quando fare un

figlio riesce più naturale e quindi più facile. È arduo soprattutto per le donne, proprio per quelle che

spesso lo desidererebbero: quasi impossibile trovare un uomo giovane che voglia essere padre, in

primo luogo, e poi conciliare il giusto desiderio di affermarsi nel lavoro e quello di occuparsi del

figlio. Le poche donne che fanno un figlio da giovani sono spesso guardate con sospetto, come se

fosse una leggerezza, un atto pericoloso e anticonformista, che pagheranno nella vita, almeno per

quanto riguarda la loro professione, come in genere secondo la mentalità comune succede per

qualsiasi scelta che si discosta dal conformismo del tempo. O, addirittura, le giovani madri

potrebbero essere un pericolo, potrebbero dare cattivo esempio alle ragazze tutte libertà e carriera,

che si preoccupano solo dei chili di troppo e di divertirsi, che costituiscono oggi la normalità.

L'episodio della donna che allatta cacciata dalla sala dell'albergo è quindi molto significativo, ci

apre gli occhi su quello che sta succedendo. Perché proprio il seno della donna che allatta, fino a un

secolo fa, forse anche meno, era l'unica immagine di nudo femminile permessa, osservabile senza

imbarazzo: basta pensare alla grande quantità di Vergini del latte che sono state dipinte per la

devozione dei fedeli e che ornano, ancora oggi, tante chiese e cappelle votive del nostro paese.

Anche se la giovane donna dipinta con le sembianze di Maria è sempre bella, e il seno che il

Bambino Gesù succhia è degno di ogni ammirazione, per secoli queste immagini sono state lette

solo come prova dell'amore di Maria, amore materno che ella sa rivolgere anche verso i fedeli, da

un lato, e dall'altro come prova della vera natura umana di Gesù. Queste Madonne, infatti,

costituivano un argomento d'immediata comprensione contro tutte le eresie che predicavano la sola

natura divina di Cristo: se era stato allattato, invece, era proprio come uno di noi, un uomo in carne

ed ossa.

L'atteggiamento dell'albergatore fa sospettare che siamo arrivati ad avere paura dell'amore materno,

della nostra comune appartenenza al genere umano.

Lucetta Scaraffia    il Riformista  30 luglio 2009