La fredda verità di Benedetto XVI

Le lingue volgari hanno avuto la meglio nella pubblicazione ufficiale della nuova enciclica di
Benedetto XVI, «Caritas in veritate». La lingua imperiale può aspettare. Non era questa l’intenzione
iniziale. Era stato detto, sembra dalle stesse fonti vaticane, che il ritardo nella pubblicazione del
documento, il quale porta la significativa data del 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, fosse
dovuto al fatto che non era ancora pronta la versione in lingua latina. Devono essere state le tante
critiche giunte da ogni parte del mondo a far cambiare idea al Papa e ai suoi consiglieri. La scelta di
privilegiare le lingue vive è specialmente per noi gente della strada di buon auspicio.
Nell’enciclica si parla di «Carità nella verità» e di amore per il vero, vengono analizzate le cause
della crisi e in particolare il deficit di etica, si auspica un codice etico condiviso fondato sulla verità
e ad un tempo della fede e della ragione, che è un tema particolarmente caro a Ratzinger. L’etica
della carità, indispensabile perché l’economia non precipiti in un baratro, ha il suo asse nella verità
dei rapporti umani e cioè nella giustizia, nel diritto, nelle regole condivise, nell’onestà. È un
messaggio che si colloca nella linea di razionalità sostenuta da molti economisti e politici. È
importante che il Papa lo abbia fatto proprio. Alcuni teologi della liberazione, come Leonardo Boff
e Ivone Gebara in America Latina, Jurgen Moltmann e José Ramos Regidor in Europa e Mattew
Fox ed Elizabeth Schussler Fiorenza negli Stati Uniti, già dall’inizio degli anni 90, hanno
cominciato a sviluppare l’Eco-teologia e la Teologia eco-femminista ponendosi nella linea ora fatta
propria nella sostanza dalla Caritas in veritate.

Papa Ratzinger va oltre fino a considerare l’aborto, la contraccezione, l’autonomia nella scelta della
fine della propria vita, come mancanza di etica dell’amore nella verità. Qui il discorso di Benedetto
XVI si carica di ideologia.
È un passo che forse impedirà all’enciclica di sviluppare tutta la sua
potenzialità costruttiva.
Non c’è traccia inoltre nel documento papale dell’esperienza concreta del calore di mani che si
stringono nella ricerca di una luce nella notte. È una carenza comune a molte encicliche. Fece
eccezione la Pacem in terris di Papa Giovanni. Egli dette un nome alla ricerca positiva dello sforzo
umano di liberazione e di speranza. La chiamò col termine evangelico di «segni dei tempi» e le
diede precisi connotati nel tempo attuale: «ascesa economico-sociale delle classi
lavoratrici...ingresso della donna nella vita pubblica...non più popoli dominatori e popoli
dominati...l’aprirsi delle coscienze al carattere democratico della vita sociale e politica»
. La teologia
del «segni dei tempi» è tutt’ora una condizione indispensabile per rendere credibili gli interventi
delle autorità religiose.

Enzo Mazzi     l'Unità 11 luglio 2009