Un'enciclica fuori dal tempo

Chi vive nei crocicchi della quotidianità condivide con tanti suoi simili l'angoscia che in questo
momento storico grava in modo pesante a causa della crisi mondiale, condividendo però anche i
mille e mille sentieri di ricerca positiva di donne e di uomini che non si arrendono all'alta marea
della corruzione e della violenza, all'uragano devastante dell'individualismo sfrenato, non si
rassegnano alla manipolazione dei principi etici avvertiti come fondamentali dalla loro coscienza.
È
questo intreccio di esistenze in ricerca concreta e positiva che di norma è assente nelle encicliche
papali.

L'annunciata enciclica di Benedetto XVI, stando alle anticipazioni di organi di stampa,
sembra che non faccia eccezione. Vi si parla di «Carità nella verità» e di amore per il vero, vengono
analizzate le cause della crisi e in particolare il deficit di etica, si auspica un codice etico condiviso
fondato sulla verità ad un tempo di fede e ragione, tema particolarmente caro a Ratzinger, è
sottolineato con una certa forzatura ideologica il legame fra la difesa della vita, contro aborto e
contraccezione, e la lotta alla fame. Ma della esperienza concreta del calore di mani che si stringono
nella ricerca appassionata di una luce nella notte non sembra che ci sia traccia.

Fece eccezione al carattere di verità che cala dall'alto, comune a quasi tutte le encicliche papali, la
Pacem in terris di Papa Giovanni. Egli dette un nome alla ricerca positiva che si è dipanata nella
storia dello sforzo umano di liberazione e di speranza. La chiamò col termine evangelico di «segni
dei tempi
»
e le diede precisi connotati nel tempo attuale: «ascesa economico-sociale delle classi
lavoratrici...ingresso della donna nella vita pubblica...non più popoli dominatori e popoli
dominati...l'aprirsi delle coscienze al carattere democratico della vita sociale e politica e all'illiceità
ormai della guerra nell'era atomica». In attesa della pubblicazione ufficiale, stando alle anticipazioni
è già possibile prevedere che sarà vano cercare la teologia dei «segni dei tempi» nella «Caritas in
veritate».
Di più. L'enciclica avrebbe dovuto esser pubblicata il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo;
uscirà invece qualche giorno dopo per dare tempo ai traduttori vaticani di concludere la faticosa
trasposizione in lingua latina. E non è insignificante. Era infatti divenuta ormai consuetudine
consolidata che le encicliche fossero pubblicate in varie lingue vive e solo in un secondo momento
tradotte nella lingua latina La scelta di Ratzinger ha obiettivamente il sapore di una svalutazione dei
segni dei tempi. La lingua latina è il segno di una nostalgia della cristianità e del dominio universale
del sacro. E una indicazione di strategia dell'attuale pontificato.

La restaurazione post-concilio e post-sessantotto è ormai completata salvo poche realtà di
resistenza: settori minoritari della società che proseguono nell'impegno teso a liberarsi e liberare da
ogni forma di dipendenza, esclusione e alienazione, e a creare una società e in essa una Chiesa
accoglienti e aperte per tutti e tutte e attente ai segni dei tempi.

don Enzo Mazzi     il manifesto 28 giugno 2009