Ecco perché i giornali
internazionali ci processano
Quello che l’Italia non vuole vedere
Troppe verità e troppo potere quello che l´Italia non vede più
Qui si è dimenticato che all´estero lo strapotere di Berlusconi è del tutto
inconcepibile
Negli Usa avrebbero trasmesso migliaia di volte le conversazioni tra il premier
e Saccà
Perché c´è un´attenzione e una copertura così forte da parte della stampa estera
sulla vicenda delle dieci domande di "Repubblica" a cui il presidente Silvio
Berlusconi non ha ancora dato risposta? Eppure in molti ambienti italiani, non
soltanto quelli del Popolo della Libertà, si dice che si tratta di mero
pettegolezzo, di vicende puramente private e quindi senza significato politico.
La differenza tra il comportamento della stampa italiana e quella americana
nello scandalo Clinton è come la differenza che c´è tra il giorno e la notte.
A mio avviso, il caso Clinton non è stato un momento di gloria per la stampa
americana. Ma dietro c´era un principio molto chiaro e molto sano: che il
potere dev´essere trasparente, deve rendere conto di se stesso davanti al
pubblico, deve rispettare le istituzioni di controllo, come il Congresso e la
magistratura. Per di più, c´era il principio fondamentale secondo
cui il comportamento di un capo di Stato non è puramente personale: se
ha rapporti sentimentali con persone che lavorano dentro il governo, o che
aspirano a farlo, diventa un caso squisitamente politico. Ha detto più o meno
così, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco: «La stoffa umana di
un leader, il suo stile e i valori di cui riempie concretamente la sua vita non
sono indifferenti. Non possono esserlo. Per questo noi continuiamo a coltivare
la richiesta di un presidente che con sobrietà sappia essere specchio, il meno
deforme, dell´anima del Paese».
C´è poi
una questione di fondo che vale a ogni latitudine: un politico dovrebbe dire la
verità. Nel caso italiano Berlusconi ha offerto tante verità diverse che non
possono essere tutte attendibili, ovviamente, e dunque vere tutte. Quindi viene
naturale chiedersi: che cosa si vuole coprire offrendo tante versioni di comodo,
pur tra loro contraddittorie? Uno dei ruoli principali della stampa è la
funzione di controllo del potere politico. Thomas Jefferson, il terzo presidente
degli Usa, pur essendo stato attaccato duramente dai giornali per fatti
personali (il suo chiacchierato rapporto con una sua schiava, rivelatosi
recentemente vero grazie agli esami del Dna), ha scritto: «Se dovessi scegliere
tra un governo senza giornali o giornali senza un governo, non esiterai un
attimo a fare la seconda scelta».
Quando la stampa annusa il cattivo odore che esce da una storia – opacità, poca
chiarezza, incongruenze del potere - sa che il suo ruolo è quello di indagare.
Quando nota delle evidenti contraddizioni (e quindi bugie) nei racconti dei
potenti -Berlusconi che sostiene di aver visto la giovane Noemi due o tre volte
e sempre accompagnata dai genitori e lei che rivela che quando Berlusconi ha
delle ore libere lo raggiunge a Roma o a Milano - allora il giornalismo capisce
istintivamente che è il momento di insistere per arrivare alla verità. Il
Financial Times di Londra, certamente non un giornale di sinistra, scrive
che "il pericolo di Berlusconi è una spietata demonizzazione dei nemici e
un rifiuto di lasciare uno spazio a poteri di controllo."
In
Italia si è dimenticato che all´estero lo strapotere di Berlusconi è
letteralmente inconcepibile: che l´uomo più ricco del Paese, proprietario di
tre rete televisive nazionali e imputato in vari processi gravi possa guidare
insieme il governo e il sistema mediatico pubblico, è qualcosa che stupisce
anche l´americano più conservatore. Perchè non è una questione di destra e
sinistra, ma di potere incontrastato. Questo è il punto. E la stampa
internazionale, quando la moglie del premier parla di un uomo di 72 anni che
frequenta minorenni sente e capisce che si tratta di una sorta di delirio
del potere assoluto. Nel caso di Berlusconi, d´altra parte, i giornali
sanno che l´auto-mitologia del potere non si può separare da un´auto-mitologia
sessuale. Così come non si può separare il privato dal pubblico nella sua
carriera politica. Più volte, e proprio con la stampa estera, Berlusconi ha
scelto di parlare del sesso e della sua carriera di playboy. Davanti
all´associazione della stampa estera, Berlusconi ha detto che il primo ministro
danese Rasmussen era il più bel politico d´Europa e ha detto che sarebbe stato
l´uomo giusto per sua moglie. Ha stupito Wall Street parlando delle belle
segretarie che lavorano in Italia. Ha detto di avere fatto il playboy con
la premier finlandese. Ha parlato delle sue fidanzate francesi, di una
fidanzata turca.
Il premier ha invitato i giornali a speculare sui suoi possibili rapporti
con le donne candidate quando nel 2008 ha detto: «Portiamo in Parlamento il 30
per cento di donne e si scatena la corsa a dire che sono fidanzate mie e di
Gianfranco. Siamo supermen, ma certi traguardi sono impegnativi anche per
noi...». L´idea che posti nel Parlamento e nel governo possano essere assegnati
a donne con forse hanno avuto un rapporto personale con il presidente del
consiglio avrebbe scatenato negli Stati Uniti una campagna di stampa che non si
sarebbe fermata finché non fossero giunte risposte convincenti. Non per
curiosità morbosa ma per un evidente uso personale del potere politico.
Il fatto che in Italia una ragazzina che non ha neppure fatto la maturità possa
pensare che, grazie al rapporto con il suo "papi", le spetti un posto nel
parlamento è sintomo di una degenerazione evidente. Poi ci sono state le
conversazioni intercettate tra Agostino Saccà, il capo della Rai fiction
e Berlusconi, in cui il Cavaliere ha detto testualmente di chiedere favori nella
sistemazione di alcune donne sia per "sollevare il morale del capo" sia per
aiutarlo a convincere un senatore dell´opposizione a cambiare schieramento
politico per fare cadere il governo. Ripeto: per fare cadere il governo.
Cosa c´è di personale, di privato, in questa vicenda che configura un abuso di
potere? Un uomo politico americano che avesse fatto altrettanto sarebbe finito.
Perchè quindi meno chiasso e meno attenzione in Italia? Negli Stati Uniti
l´audio della conversazione Berlusconi-Saccà sarebbe stata trasmessa migliaia di
volte su tutte le televisioni. In Italia, invece, vorrei sapere se un singolo
telegiornale l´abbia trasmesso, anche una sola volta. Non per niente, il governo
Berlusconi sta per approvare una legge che renderebbe le intercettazioni di
uomini politici (e soprattutto la loro pubblicazione) pressochè impossibili.
Quindi dove finisce la sfera privata e comincia quella dell´interesse
pubblico? I giornali stranieri cominciano a domandarselo. Berlusconi ha
sempre detto che «una cosa, se non è stata in televisione, non esiste». Molte
delle cose di cui mi sono occupato in questo articolo non sono state mai nemmeno
accennate dalla televisione italiana e spesso nemmeno da buona parte della
stampa. Il silenzio di Berlusconi davanti alle dieci domande di Repubblica è
dunque possibile solo perché il Cavaliere non ha risposto a tante altre domande
e perché il sistema dei media non le ha neppure mai poste.
Alexander Stille Repubblica 28.5.09