L’opinione pubblica nella Chiesa

La prendo un po' alla lontana: nel 1950 (il 17 febbraio) accogliendo a Roma i giornalisti cattolici
partecipanti al loro quarto congresso internazionale sul tema: la Stampa cattolica al servizio della
verità, della giustizia e della pace, il papa Pio XII fece loro un discorso sull'importanza
dell'opinione pubblica nella chiesa. Dopo aver accennato al pericolo della sua assenza “un vizio,
una infermità, una malattia della vita sociale”, fece un riferimento che appare profetico anche oggi:
L’uomo moderno ostenta volentieri attitudini indipendenti e disinvolte. Assai spesso esse costituiscono
soltanto una facciata, dietro la quale si nascondono poveri esseri, vuoti, fiacchi, senza forza spirituale per
smascherare la menzogna, senza forza d’animo per resistere alla violenza di coloro che sono capaci di
mettere in movimento tutti i ritrovati della tecnica moderna, tutta l’arte raffinata della persuasione per
privarli della loro libertà di pensiero e renderli simili alle fragili canne agitate dal vento
(Mt 11,7).
Allora il pericolo era il totalitarismo ma, con qualche leggero adattamento, queste parole
conservano anche oggi tutta la loro sostanziale attualità. Avviandosi alla conclusione del discorso,
Pio XII entrò più direttamente nel tema:
Noi vorremmo infine aggiungere ancora una parola per quanto concerne l’opinione pubblica nell’ambito
stesso della Chiesa (naturalmente, nelle materie lasciate alla libera discussione). Di ciò non possono
stupirsi se non coloro che non conoscono la Chiesa o la conoscono male. Essa infatti è un corpo vivente, e
qualche cosa mancherebbe alla sua vita se le facesse difetto l’opinione pubblica: mancanza, questa, il cui
demerito ricadrebbe sui Pastori e sui fedeli.

Di qui l'impegno del giornalista cattolico:
“fatto di inalterabile rispetto e di amore profondo” per la chiesa concreta divina sì, ma formata di membra
e di organi umani… il pubblicista cattolico saprà premunirsi tanto da un servilismo muto che da una
critica incontrollata. Concorrerà, con salda avvedutezza, alla formazione di una opinione cattolica nella
Chiesa, soprattutto allorché, come avviene oggi, tale opinione oscilla tra due poli egualmente pericolosi,
uno spiritualismo illusorio e irreale e un realismo disgregatore e materialistico.

Questa lunga citazione vale però a farci riflettere come in fondo quasi sessant'anni dopo ci si possa
riconoscere in molte delle situazioni di cui tratta Pio XII. Molti pubblicisti cattolici danno
quotidiano esempio di servilismo al potere costituito, dimentichi di quella bella regola evangelica
che invita a dire “sì se è sì e no se è no, perché il di più viene dal maligno
”. L'opinione pubblica
nella chiesa poi, pur solo “nelle materie lasciate alla libera discussione” come prudentemente dice il
papa, è una illustre sconosciuta. Malgrado Benedetto XVI subito dopo la sua elezione ebbe a dire
che non aveva risposte pronte su ogni argomento e in seguito precisò pure che, fuori dalle materie di
fede, il suo pensiero era criticabile, nessuno negli organi ufficiali ha mai provato neanche a
esprimere perplessità e oggi, quando talvolta qualche critica viene espressa in organi di stampa laici,
l'istituzione infastidita, direttamente o attraverso ubbidienti delegati, si rivolta immediatamente.

L'unico atteggiamento considerato accettabile è il plauso e il consenso acritico. Ma questo non è
assolutamente un buon servizio alla chiesa. “Se le facesse difetto l’opinione pubblica – lo dice
addirittura Pio XII - il demerito ricadrebbe sui Pastori e sui fedeli”. Evangelicamente la chiesa è per
le persone e non le persone per la chiesa.
Tagliare o silenziare i circuiti che danno conto del
pensiero del popolo di Dio, ma anche degli "altri" ai quali comunque dobbiamo predicare il
Vangelo, non fa che aumentare la separazione tra i pastori e quello che dovrebbe essere il loro
gregge o meglio, come di solito si dice, tra la chiesa e il mondo di oggi.

Giorgio Chiaffarino     in “Notam” n. 309 dell'11 maggio 2009 (Lettera agli Amici del Gruppo del Gallo di Milano)