La laicità è più della polemica con la Chiesa cattolica
L'Italia ha avuto un pensiero laico di altissimo livello europeo, spesso in
posizione di avanguardia. Un pensiero che ha attraversato tutta la modernità, e
che non ha mai trovato adeguata rappresentazione nella dimensione più
propriamente politica
Che cos'è la laicità? È qualcosa di molto più ampio di una polemica, per quanto
aspra, nei confronti della Chiesa cattolica, avverte Michele Ciliberto, curatore
di un bel volume elegantemente intitolato al tema: "Biblioteca laica. Il
pensiero libero dell'Italia moderna" (Laterza 2008). E il primo commento che
viene spontaneo al lettore, è che l'Italia ha avuto un pensiero laico di
altissimo livello europeo, spesso in posizione di avanguardia: a opera di quella
intellettualità italiana cosmopolitica che dall'umanesimo in poi ha contribuito
a fare l'Europa. Un pensiero, quello laico, che ha attraversato tutta la
modernità, e che forse non ha mai trovato una adeguata rappresentazione nella
dimensione più propriamente politica. Come se i pensieri che hanno
percorso la cultura e la vita civile si inaridissero a contatto con un potere
che raramente si è collocato alla loro altezza, pure per i ritardi nel farsi
l'Italia nazione. Per cui i discorsi di Cavour sulla libera Chiesa in libero
Stato, pronunciati in Parlamento fra il marzo e l'aprile del 1861, poco prima
della morte (e riportati a conclusione del volume), restano esempio raro
di una coscienza politica laica cristallina, che rapidamente declinò verso
deboli compromessi istituzionali. La storia della Chiesa ha costituito un
ostacolo per la storia dell'Italia nazione secondo l'idea di Machiavelli, non di
un agitatore sconsiderato: ma si è perso il seme del problema. Ne ha ritardato
l'unità, prima operando attraverso la separazione, sottraendo parti di
legittimazione allo Stato, lasciandolo guardare come una mera macchina di
potere; poi, attraverso una costante invasione di campo (rare le eccezioni: il
grande Giovanni XXIII su tutti) che fa del nostro Paese qualcosa di unico nel
panorama europeo su questo tema. E qui tutti hanno avuto le loro responsabilità,
soprattutto quella sinistra che intese costruire un aspetto del compromesso
sociale e politico con la costituzionalizzazione dei Patti lateranensi,
condizione privilegiata per la Chiesa, cui non corrisponde, per essa, una uguale
serie di doveri civili.
Ma torniamo
al libro, che consiglio soprattutto, al giovane lettore, di tenere sul comodino,
ogni sera qualche pagina da leggere. «Nella laicità - scrive Ciliberto -
si è espressa una vera e propria concezione della sapienza - quella mondana,
civile che appare in modo luminoso nei testi qui adunati. Se si vanno a leggere
i capisaldi di tale cultura, ci imbattiamo in concetti decisivi come quelli di
legge, di conflitto, di eguaglianza, di dissimulazione, di bisogno, di libertà
di stampa, di opinione pubblica, fino all'argomentazione del rifiuto della
tortura e della pena di morte». Laicità, dunque, come sapienza mondana,
dove si affollano i temi della condizione umana finita, che si muove fra
necessità, libertà e dubbio, tra virtù e fortuna, che accetta di stare nel mare
della vita, sapendo che «gli uomini non comandano alle stelle», come scriveva
Machiavelli, o che «gli uomini sono al buio delle cose», come diceva lo scarno
Guicciardini, e che «le religioni nascono, crescono e muoiono», come insegnava
Pietro Pomponazzi. Gli straordinari frammenti sulla religione di fra' Paolo
Sarpi, che, liberamente religioso, paventava quei pensieri che rendevano gli
avvenimenti «più soggetti alla provvidenza che alla disposizione umana». E la
"libertas philosophandi" nasce in questo orizzonte, conquista combattendo la
sua autonomia, per cui «chi proibisce ai Cristiani lo studio della
filosofia e delle scienze proibisce loro anche di essere cristiani», come
scriveva fra' Tommaso Campanella, dal carcere dell'inquisizione contro le
pretese della Chiesa di allora. E Giordano Bruno, con eroico furore, scelse di
morire per non abiurare alla sua convinzione.
Insomma, il senso di una sapienza assai umana, premessa di vita civile, che
contribuì alla rappresentazione di una cultura non preda di un relativismo
algido e agnostico, ma che pose pure le basi di quella religione civile capace
di costruire istituzioni, la religione civile che va da Machiavelli a Francesco
De Sanctis e a Bertrando Spaventa. Proprio questa sapienza diventa rispettosa
della vita, fonte di istituzioni umane. Essa condanna, nelle pagine di Beccaria,
con anticipo su tutta Europa, la pena di morte e la tortura, condanna motivata
nell'autonomia della vita morale. E poi afferma la necessità della educazione
pubblica, della libera stampa, del conflitto da cui nasce armonia, di una
autonoma costituzione politica, di una legge che spezzi i privilegi, e di
una religiosità cristiana intrinsecamente non clericale, come nelle pagine di
Alessandro Manzoni dedicate al tema della responsabilità umana. Insomma,
una grande Italia, di cui qualche volta ci dimentichiamo, persi nelle nostre
controversie quotidiane, in alcune miserie presenti e passate, o supini rispetto
a visioni che riportano indietro la nostra coscienza civile, quasi che la
religione non dovesse germinare dall'interno della nostra viva umanità, ma si
scandisse in un suo tempo separato come un recinto del sacro da cui promanano i
custodi della verità.
Biagio Di Giovanni il Riformista 22.4.09