LE VERITÀ ALLA SBARRA
Ci sono cose che non si possono dire, equilibri che non si devono modificare. La
libertà di informazione è un bene sancito dalla Costituzione formale, ma
sfigurato da quella berlusconiana. Lo dimostra il virulento attacco che la
politica, nei suoi massimi rappresentanti istituzionali e di governo, ha
sferrato contro la puntata di Annozero sul terremoto in Abruzzo. Per la sua
natura strumentale e preventiva.
Chiunque abbia visto la trasmissione incriminata sa che la critica di Santoro
alla Protezione Civile è stata circostanziata e testimoniata. Che la struttura
di Bertolaso non avesse predisposto un piano di emergenza nella regione colpita,
è evidente. Nessuna esercitazione, nessuno in Prefettura pronto a intervenire.
Alle 6 del mattino del giorno successivo alla grande scossa non c'erano
ambulanze disponibili e otto ore dopo la tragedia, alle 11,30, i medici
dell'ospedale non avevano ricevuto aiuto. Sono i fatti testimoniati dai primari
intervistati dagli inviati di Annozero.
Peccato che nessun telegiornale li avesse notati, e che solo i cronisti di
alcuni giornali li avessero denunciati. Sensatamente, Emma Bonino, che non
figura tra i filosantoriani, si chiede «Che cosa si contesta, visto che la
libertà di espressione ha un solo limite: la falsità. E per questo c'è la
magistratura».
La patente strumentalità delle accuse si lega alla necessità di prevenire, come
insegna la strategia dell'editto bulgaro, qualunque forma di dissenso e di
critica all'operato del governo da parte degli organi di informazione
controllati dal premier. È un avvertimento per tutti i giornalisti Rai, è un
preambolo al prossimo organigramma, alle nuove nomine con cui si sta mettendo a
punto la task-force che gestirà la comunicazione del servizio pubblico.
Colpire Santoro per educare tutti gli altri. Il consenso è una merce
delicata, va prodotta, distribuita e difesa senza fare prigionieri.
In questa replica dell'editto berlusconiano, a differenza di sette anni fa, il
clima politico del paese è cambiato, il centrodestra è diventato un partito
unico che marcia compatto a difesa del monopolio dell'informazione. Il
presidente della Camera si stringe al fianco del presidente del Consiglio, e i
caporali (da Cicchitto a Gasparri) seguono. Tutti uniti contro l'anomalia della
libertà di espressione e di informazione, consapevoli che incrinare la sfera del
potere mediatico potrebbe riverberare su quel che resta dell'opinione pubblica.
Con il rischio remoto di svegliare dal letargo il Pd, immediatamente
disinnescato dall'abbraccio nazionale attorno ai morti.
A dir la verità, la voce del democratico Merlo, vicepresidente della commissione
di vigilanza, si è levata, ma per attaccare Santoro («incredibile trasmissione»)
e chiedere ai vertici Rai di riportarlo in riga. Più cauto e attento il
presidente Zavoli. All'unisono i capi di viale Mazzini, il presidente Garimberti
e il direttore generale Masi, hanno promesso di aprire un'inchiesta.
Del resto la prateria italiana in cui Berlusconi galoppa è un paesaggio
spianato dall'assenza di leader e di partiti capaci di ostacolarne l'egemonia
culturale e la presa proprietaria stabilmente incardinata sul conflitto
d'interessi. Che ancora possano alzare la voce giornalisti, giornali, forze
sociali e sindacali è un'eccezione alla regola.
Norma Rangeri Il manifesto 14 04 09