L'egemonia perduta
Un mondo vastissimo, compresi molti cattolici, è rimasto sbalordito di fronte ad
alcune affermazioni del Papa, governo e istituzioni internazionali hanno
protestato e i vescovi italiani, invece di interrogarsi seriamente e
criticamente su una vicenda così grave, la trasformano in un pretesto per
lanciare un proclama intimidatorio, un vero e proprio diktat al quale Parlamento
e politica italiana dovrebbero inchinarsi. Non è nuova l´arroganza di una
politica vaticana che, debole nel mondo, cerca occasioni di rivincita nel
giardino di casa, in questa povera Italia che, presentata come il luogo dal
quale doveva partire la riconquista cattolica del mondo, appare sempre di più
come un fortilizio dove una gerarchia disorientata cerca di rassicurare se
stessa alzando la voce. Con parole forti si vuole imporre l´approvazione
di una legge sul testamento biologico sgangherata e incostituzionale, lesiva dei
diritti delle persone.
Si urla contro una deriva verso l´eutanasia mentre il Senato sta discutendo un
disegno di legge lontanissimo dall´apertura che, su questo tema, hanno mostrato
le conferenze episcopali di Germania e Spagna.
Siamo di fronte ad una prova di forza, alla volontà vaticana di sottomettere il
Parlamento. Sono in gioco proprio la sovranità parlamentare e, con essa,
l´autonomia dello Stato. Una inerzia colpevole, una pavidità delle
istituzioni lascerebbero oggi un segno profondo sulla stessa democrazia. E un
intervento così diretto può addirittura far venire il sospetto che si voglia
incidere sulle dinamiche interne del nascente Pdl, chiudendo ogni spiraglio di
laicità e autonomia
I governi di Francia e Germania, l´Unione europea, il Fondo monetario
internazionale avevano criticato le parole del Papa sull´uso del preservativo,
con una presa di distanza che metteva in discussione il ruolo internazionale
della Chiesa. Il governo tedesco è guidato da una donna cattolica, Benedetto XVI
aveva compiuto un viaggio in Francia accompagnato da parole impegnative del
presidente Sarkozy sulla necessità di passare ad una laicità "positiva", parole
che lo stesso presidente aveva già pronunciato in occasione della sua visita
ufficiale a Roma. Assume grande significato, allora, la decisione di governi
"amici" di non riconoscersi nelle posizioni della Chiesa. A ciò dev´essere
aggiunta la decisione di Obama di firmare la dichiarazione sui diritti degli
omosessuali, proposta all´Onu proprio dalla Francia e che aveva suscitato una
durissima reazione del Vaticano. Viene così respinta la pretesa vaticana
di dettare al mondo la linea etica su grandi temi della vita, ed emerge un
isolamento che non è solo diplomatico, ma rivela una perdita di egemonia
culturale.
Ora il tema del conflitto è costituito dalla legge sul testamento biologico.
Tardivamente ci si è accorti di quanto fosse saggia la richiesta di moratoria,
di un tempo di riflessione che allontanasse emozioni e strumentalizzazioni
nell´affrontare un tema che riguarda la libertà stessa delle persone. Forse
anche i cento "ribelli" del Pdl che hanno firmato contro i medici-spia
dovrebbero rendersi conto che quella legge è anch´essa profondamente negatrice
di diritti e che è necessaria una riflessione più profonda sui rischi di un uso
sbrigativo e autoritario dello strumento giuridico. Riflessione, peraltro, che
dovrebbe essere estesa ad altre materie, anch´esse affrontate finora in modo
sbrigativo. Non ci si è accorti dei rischi dello stillicidio di norme che
riducono la tutela della privacy, della pericolosità di proposte che vogliono
introdurre controlli e censure per Internet, della disinvoltura con la quale
sono state approvate in prima lettura le norme sulla banca del Dna. Se la nuova
sensibilità per la dimensione dei diritti non è solo una fiammata, di tutto
questo è bene che si cominci a discutere seriamente e fino in fondo.
Moratoria o non moratoria, è indispensabile ribadire in ogni momento che il
testo della maggioranza sul testamento biologico è un ammasso di
incostituzionalità, di regressioni normative, di piccoli deliri burocratici e
linguistici, di procedure che produrranno nuove contraddizioni e nuove angosce.
Non vi sono astuzie parlamentari che possano redimere quel testo dai suoi
peccati. Ricordiamo che appena ieri, a fine dicembre dunque già nel fuoco della
polemica sul caso Englaro, la sentenza 438 della Corte costituzionale ha
riconosciuto che l´autodeterminazione costituisce un "diritto fondamentale"
della persona. Come si concilia con questo diritto la pratica cancellazione
del consenso informato, la sua degradazione da manifestazione di volontà a
semplice "orientamento", come fa il testo di maggioranza? Come non vedere che,
dietro una versione assai fumosa della formula dell´"alleanza terapeutica" tra
medico e paziente, il potere sul morire viene consegnato ai medici, facendo
enormemente e impropriamente crescere la loro responsabilità? Come non vedere
che il rifiuto da parte del medico di dare attuazione alle direttive anticipate
creerà nuovi drammi, nuove rappresentazioni pubbliche del dolore e ricorsi che
trasferiranno al giudice la decisione finale sul morire, cioè esattamente quello
su cui si è tanto polemizzato?
Sono interrogativi provocati da pervicacia politica e incultura, dal fatto
che la dimensione costituzionale non appartiene a questo governo e questa
maggioranza, che vogliono cogliere ogni occasione per cercar di liberarsene.
Proprio per questo si cerca di costruire una Costituzione abusiva, dove
la possibilità di imporre per legge trattamenti obbligatori è svincolata
dall´unica sua premessa costituzionalmente corretta, il rischio per la salute
pubblica, come hanno sempre messo in evidenza gli studiosi (venerata ombra di
Costantino Mortati, grande costituente cattolico, manifestati!); dove si
propongono indecorosi pasticci tra rifiuto delle cure e vendita di organi; dove
il rispetto della dignità è convertito in strumento per imporre una misura della
dignità in conflitto con la libertà di scelta della persona.
Una vigile attenzione per i diritti dovrebbe segnare la discussione
politica, il primo passo dovrebbe essere appunto il ritorno pieno nella
dimensione costituzionale. E, insieme ad esso, i legislatori dovrebbero
interrogarsi sui limiti della legge, su quanto si addica alla vita "l´ipotesi
del non diritto", che attribuisce alla norma giuridica non un illimitato potere
di ingerenza, ma la funzione di costruire le condizioni necessarie perché
ciascuno possa decidere liberamente.
Stefano Rodotà Repubblica 24.3.09