Bisogna scomunicare Gesù

La Chiesa cattolica attraversa una crisi di un'ampiezza inedita da diversi decenni. Questa crisi è
tanto più profonda in quanto la sua credibilità è messa in dubbio in tutti gli ambiti: dai non cattolici,
dalle persone di cultura cattolica e dai fedeli praticanti.
La Chiesa non è vittima di un'aggressione esterna. Le cause dei suoi mali attuali non sono dovuti a
dei “nemici della fede” o a degli anticlericali.
Due gravi scandali, che si rifanno alla responsabilità
della sua gerarchia, hanno brutalmente messo in luce le sue contraddizioni
: la revoca della
scomunica di quattro vescovi integralisti, di cui uno che fa dichiarazioni negazioniste, e la
scomunica, quasi concomitante, da parte dell'arcivescovo di Recife, di una madre e di un'équipe
medica che ha praticato un aborto su una bambina di 9 anni incinta di gemelli, vittima di stupri, e la
cui vita era in pericolo.
A ciò vengono ad aggiungersi le affermazioni di Benedetto XVI sull'aereo che lo porta in Africa,
continente maggiormente colpito dalla pandemia dell'aids: “Non si può risolvere il problema
dell'aids con la distribuzione di preservativi; al contrario il loro utilizzo aggrava il problema.”
Il primo caso ha scandalizzato soprattutto per le dichiarazioni negazioniste odiose di monsignor
Williamson e per il triplice errore del Vaticano, che non ha informato il papa di parole conosciute
dal novembre 2008; che ha promulgato il decreto il 24 gennaio quando tali dichiarazioni erano sulla
prima pagina di tutti i media del mondo dal 22 gennaio; infine per la lentezza della loro condanna.
Ma questa revoca di scomunica “senza condizioni”, preambolo ad un processo di reintegrazione
nella Chiesa, ha anch'essa profondamente turbato molti cattolici che tengono al concilio Vaticano II
(1962-1965) e ai suoi valori di libertà religiosa e di dialogo con le altre religioni, costantemente
negati dagli integralisti.
Nella lettera ai vescovi resa pubblica il 12 marzo, il papa riconosce degli
errori nella gestione del caso Williamson e tenta di giustificarsi sulla revoca della scomunica
utilizzando l'argomento della misericordia: “Chi annuncia Dio come amore spinto 'fino in fondo'
deve dare la testimonianza dell'amore: dedicarsi con amore a coloro che soffrono.”
 

Si può capire che, in nome del messaggio evangelico, il papa voglia perdonare e dare una nuova
chance a delle pecore smarrite che tuttavia dicono parole estremiste e intolleranti da anni. Ma allora
perché la Chiesa continua a proibire la comunione ai divorziati risposati? Perché condanna con tale
durezza le persone vicine ad una bambina stuprata che le hanno salvato la vita facendola abortire?
La misericordia deve essere applicata solo agli integralisti? E come è possibile considerare lo stupro
di una bambina meno grave di un aborto, che per di più è effettuato a favore della vita?
Lo scandalo è tale che diversi vescovi francesi hanno deciso di intervenire per condannare una
decisione iniqua che contraddice non solo la morale comune, ma anche il messaggio evangelico.
Basta citare l'episodio in cui Gesù rifiuta di condannare una donna adultera, che, secondo la legge,
deve essere lapidata, e grida agli ultralegalisti dell'epoca: “Chi è senza peccato scagli la prima
pietra” (Giovanni, 8). Lui stesso ha più volte trasgredito la legge religiosa. Dostojevski aveva
immaginato che se Gesù fosse tornato nella Spagna di Torquemada, sarebbe stato condannato al
rogo per aver predicato la libertà di coscienza. Ci si domanda, nella Chiesa di Benedetto XVI, se
non sarebbe stato scomunicato per aver predicato il superamento della legge con l'amore.
Nessuno chiede alla Chiesa di rinunciare ad affermare le proprie convinzioni. Ma quello che non
passa, è la maniera teorica e talvolta brutale utilizzata dalla gerarchia per riaffermare la norma
mentre esistono solo situazioni concrete, singolari e complesse. Come sottolineava monsignor Yves
Patenôtre, vescovo della Mission de France, la decisione di scomunica pronunciata dall'arcivescovo
di Recife, confermata da Roma, “disprezza la pratica tradizionale della Chiesa cattolica che è di
ascoltare le persone in difficoltà, di accompagnarle e, in materia di morale, di tener conto del
'minor male'”. Si può dire la stessa cosa per la lotta contro l'aids. L'uso del preservativo non è senza
dubbio la soluzione ideale, ma, di fatto, resta la miglior difesa contro la diffusione dell'epidemia per
tutti coloro che fanno fatica a vivere l'astinenza e la fedeltà predicate dalla chiesa. I preti africani ne
sanno qualcosa.
La storia della Chiesa è segnata da questa tensione permanente tra fedeltà al messaggio di
compassione verso ogni persona del suo fondatore e l'atteggiamento dei dirigenti che finiscono
spesso per perdere di vista quel messaggio e privilegiare l'interesse dell'istituzione – divenuta un
fine in sé – o rinchiudersi in un legalismo puntiglioso, assurdo e disumanizzante.

Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato caratterizzato da un'impronta di profonda ambiguità:
intransigente e tradizionalista sul piano morale e dottrinale, è stato anche un uomo di dialogo e di
cuore, che ha moltiplicato i gesti forti verso gli umili e le altre religioni. Benedetto XVI è l'erede del
suo predecessore solo per il versante conservatore. E nella Chiesa di oggi non c'è più né un Abbé
Pierre né una Soeur Emmanuelle, quei “credenti credibili”, capaci di lanciare un grido di protesta
per delle decisioni dogmatiche disumanizzanti, svolgendo quindi un ruolo catartico e servendo da
preziosi mediatori tra i fedeli e le istituzioni.

Uno scisma silenzioso minaccia la Chiesa a sinistra, molto più grave di quello dei tradizionalisti.
Benedetto XVI intendeva rievangelizzare l'Europa. Riuscirà forse a riconquistare un pugno di
integralisti, a scapito della perdita di numerosi fedeli legati ai valori evangelici e di individui alla
ricerca di senso ai quali sembra che Roma non sappia offrire altro che dogma e norme.

Frédéric Lenoir, filosofo e scrittore     in “Le Monde” del 19 marzo 2009