Crediamo che la visione del film di Domenica 15 marzo " Diario di un Curato di campagna" sia il miglior modo di riflettere su questo indicibile fatto. Vi aspettiamo, almeno questa volta... ( Gruppo Laico )
Un'infanzia ferita
L'arcivescovo di Recife, in Brasile, ha scomunicato una madre e dei medici che
hanno deciso un
aborto per una bambina di 9 anni stuprata dal suo patrigno.
In certi maledetti giorni, sarebbe molto meglio il silenzio. Una
bambina – perché a 9 anni, anche se
coloro che dovevano garantire la sua sicurezza la tradiscono, lei resta una
bambina. Una bambina
stuprata dal suo patrigno da diversi anni, come la sorella maggiore
handicappata. Distrutta, ferita,
per sempre privata di spensieratezza. A causa delle violenze subite, si ritrova
incinta, di due gemelli.
Scoprendolo, la madre e i medici scelgono l'aborto, soprattutto perché la
gravidanza è pericolosa
per un corpo non ancora maturo per la maternità, evidentemente. Ed ecco che, in
nome della vita da
rispettare ad ogni costo (“la legge di Dio contro la legge degli uomini”, si osa
argomentare), un
vescovo del Brasile, sostenuto da Roma, ha deciso che questa madre e i medici
fossero scomunicati.
Scomunica, una parola che si sente decisamente troppo! Del patrigno, si
riconosce certo la grave
colpa, ma lui, pare, non voleva l'aborto!
La Chiesa cattolica, che proclama che la vita comincia fin dal concepimento e
che questa vita, per
quanto ancora iniziale, deve essere rispettata, svolge il suo ruolo quando
spiega che un bambino non
è colpevole delle colpe che hanno permesso la sua procreazione. Succede che dei
bambini nascano
in seguito a stupri, e affermare la loro dignità non è incongruo. Ma in
questo caso, è in gioco
un'altra vita, altrettanto fragile, quella di una ragazzina già così
dolorosamente ferita. La sua vita
non deve essere protetta? Bisogna rincarare la dose condannando sua madre, i
suoi medici? Bisogna
punire le donne per i crimini degli uomini?
Giungendo proprio nella Giornata internazionale delle donne, il caso ha fatto
molto scalpore in
Brasile e anche al di fuori. Dà argomenti a tutti coloro per i quali la lotta in
favore della vita è un
atteggiamento passatista e ultraconservatore. Chiude d'ufficio, per i difensori
dell'aborto, qualsiasi
dibattito attorno al problema, anche quando non si tratta né di stupro né di
pericolo morale o fisico
per la madre. La reazione del vescovo brasiliano, nella sua durezza
legalista, va di fatto contro il
messaggio di vita che la Chiesa vuol far sentire. Non aiuta tutti coloro
che, nei molti dibattiti di
bioetica in corso, si sforzano di attirare l'attenzione di chi deve decidere e
dell'opinione pubblica
sulla problematicità di certe tecniche mediche, di certe disposizioni
legislative. Da persone che
vogliono illuminare le coscienze, non da censori.
Dominique Quinio in “La Croix” del 9 marzo 2009