Questo articolo è un contributo importante per la nostra RICERCA SUL PAGANESIMO.
Quando le donne persero il potere
Esce da Elliot «Chi ha
cucinato l'ultima cena?». Le vicende dell'umanità dall'altro punto di vista
Dalla «signora delle caverne» al neomachismo: storia femminile del mondo
Non fosse che per il titolo, il libro
meriterebbe attenzione. Chi ha cucinato l'ultima cena? è, in effetti, una
domanda che nessuno probabilmente si era mai posto prima della saggista inglese
Rosalind Miles, fondatrice del Centro per gli studi sulla donna dell'Università
di Coventry. Ovvio che risposta non l'ha trovata, ma il paradossale quesito è
servito comunque a intitolare la sua ampia e sistematica ricerca sulla storia
del mondo al femminile, dalla notte dei tempi fino ai giorni nostri.
Il primo nucleo del libro risale in verità a circa vent'anni fa, mentre la sua
versione definitiva, riscritta e corredata del nuovo, brillante titolo è del
2000. Uscito da tempo in tutto il mondo, Cina compresa, Chi ha cucinato l'ultima
cena? arriva tuttavia soltanto venerdì in Italia (tradotto da Luisa Pece per
Elliot) e chissà se il ritardo è dovuto al feroce sarcasmo che l'autrice dedica
al pervicace machismo mediterraneo o, invece, alla denuncia appena un po' più
soave del mai davvero tramontato antifemminismo cui è improntata la tradizione
religiosa cristiana. Oppure dipenderà dal fatto che Rosalind Miles non nasce
come storica ma lo è diventata sulle tracce di un suo particolare interesse in
nome del quale ha consultato un numero sterminato di fonti, testimoniate dalla
vastissima bibliografia del libro?
Nonostante le frequenti
citazioni virgolettate, il lettore e, naturalmente, ancora più la lettrice segue
il racconto con interesse e divertimento grazie allo stile poco accademico e
allo humour della migliore tradizione inglese che tende a sdrammatizzare anche i
contesti più tremendi nei quali si sono trovate le donne nel corso dei secoli,
principalmente per opera dei loro peggiori nemici, gli uomini: maggior danno,
infatti, a quanto pare, non hanno avuto da cataclismi, inondazioni, incendi o
epidemie e tanto meno da animali feroci. Divertimento, dunque, sì, però in
qualche caso è inevitabile il raccapriccio di fronte a certe offensive pesanti e
sistematiche, oltre che codificate dalle leggi civili e religiose, subite nel
tempo dalle donne: offensive in parte già note, però per lo più velocemente e
volentieri dimenticate.
L'autrice sostiene che per un lungo periodo, fino all'incirca all'età del
ferro, le donne erano rispettate, onorate, riverite e servite, niente affatto —
come da sempre illustrano i libri di scuola — chiuse nelle caverne ad attizzare
il fuoco o intente alle incombenze più umili nell'attesa che il prode tornasse
dalla caccia, e ancora meno erano sottomesse ai voleri di lui. Le signore
passavano prima, insomma, come ancora succede in qualche rara tribù primitiva
nascosta nelle foreste, ma non solo riesce difficile immaginarlo, anche a
scriverlo si fa quasi fatica perché così radicata è l'immagine dell'antica donna
asservita in secondo piano che in un certo senso mancano i termini per
descrivere la primigenia situazione capovolta.
La signora delle caverne non se ne stava, dunque, affatto rintanata, bensì si
occupava della raccolta di frutti e della coltivazione di orti, assicurando in
tal modo la sopravvivenza della comunità giorno per giorno. Radunava frasche,
costruiva rifugi e difese contro gli animali, istruiva i figli e partecipava
alle famose cacce, come testimoniano non pochi graffiti paleolitici. Ovvio,
dunque, che venisse tenuta in grande conto. La vera ragione della sua
supremazia stava, tuttavia, soprattutto, nel misterioso potere di procreare dal
nulla piccoli uomini e piccole donne, nel misterioso e magico scorrere puntuale
del suo sangue che, pur essendo impossibile da fermare, non la uccideva come
sarebbe stato normale per una simile ripetuta emorragia. La logica
conseguenza fu che si venerò la Grande Madre, potente dispensatrice di vita, dio
femmina innalzata sugli altari come poi non è — quasi — mai più successo, tranne
che per figure divine collaterali, come, per esempio, la nostra Madonna.
La grande svolta che portò in alto gli uomini e in basso — per sempre — le donne
storicamente arrivò quando le comunità si fecero più numerose per cui gli orti
non bastarono più a nutrire tutti quanti e fu necessario coltivare campi più
estesi, con impiego di attrezzi pesanti; campi che bisognò poi anche difendere
dagli aggressori esterni: entrambe incombenze ovviamente adatte in particolare
ai più muscolosi e prestanti maschi. Filosoficamente il tramonto della
supremazia femminile arrivò, invece, secondo la Miles, nel momento in cui gli
uomini compresero — non i singoli ma le intere popolazioni — il legame esistente
tra atto sessuale e gravidanza, d'un colpo assai meno misteriosa e, soprattutto,
impossibile senza il contributo maschile.
Il dio da adorare divenne allora maschio con il suo fallo innalzato alto
sugli altari, e, di passo in passo, come se tutti gli uomini insieme fossero
stati un solo uomo troppo a lungo umiliato lontano dal potere e smanioso di
rivalsa, la donna fu ridotta a figurante di secondo piano, a schiava sottomessa
e senza alcun potere, a puro contenitore biologico alla quale neppure i figli
appartenevano.
Questa nuova situazione fu, nel corso dei secoli, ampiamente formalizzata anche
da firme illustrissime, quali, per esempio, Eschilo che nelle Eumenidi
scrisse: «Colei che viene chiamata madre non è genitrice del figlio, bensì la
nutrice dell'embrione appena seminato. È il fecondatore che genera».
Oppure Aristotele, secondo il quale «la donna è passiva. Sta a casa come è nella
sua natura. È l'incubatrice passiva del seme maschile ». E teorie più o meno
identiche sul minor valore delle donne (in qualche caso anche rispetto agli
animali domestici) riecheggiarono serenamente concordi dall'una all'altra parte
del mondo.
Poi vennero le grandi religioni monoteiste, e, come scrive l'autrice, furono
i chiodi della bara delle libertà femminili. Il dio divenne padre e per
quello cristiano parlò Sant'Agostino: «La donna non è fatta a immagine di
Dio... l'uomo soltanto è l'immagine di Dio». Quello musulmano — si
sa — fu ancora più duro e Maometto nel Corano spiegò: «Gli uomini hanno autorità
sulle donne perché Dio ha preferito alcune creature ad altre. Perciò le donne
buone sono obbedienti. Se poi temete che alcune si ribellino, ammonitele,
lasciatele sole nei loro letti e poi frustatele».
Il resto, si può dire è la variegata storia di oggi.
Isabella Bossi
Fedrigotti Corriere della Sera 3.3.09