Medaglia per Salò
Come si riscrive la storia con un'onorificenza che svilisce i partigiani ed esalta l'onore fascista


A chiamare gli angloamericani «liberatori» con le virgolette fu la Repubblica di Salò. Poi quelle virgolette transitarono senza soluzione di continuità nella propaganda neofascista, accompagnando il cammino del Msi per tutta la sua storia. E finalmente oggi sono transitate in una proposta che sta per diventare legge dell'Italia repubblicana, campeggiando nelle motivazioni che accompagnano la proposta per l'Istituzione dell'Ordine del Tricolore (presentata il 23 giugno 2008, primo firmatario l'on. Barani).
La sostanza di questa iniziativa è nota: si tratta di varare una sorta di albo d'onore (del tipo di quello che esiste già per i reduci della prima guerra mondiale nominati Cavalieri di Vittorio Veneto) in cui mettere tutti quelli che prestarono servizio militare nelle forze armate italiane tra il 1940 e il 1945, insieme ai partigiani inquadrati nel Corpo volontari della Libertà e «ai combattenti nelle formazioni dell'esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945», cioè i fascisti di Salò. La proposta è accompagnata da un preambolo affollato da molte altre virgolette. Così, ad esempio, il provvedimento viene presentato come un atto dovuto verso tutti coloro che impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della «bontà» della loro lotta per la rinascita della patria. Qui le virgolette sono una sospensione di giudizio, la dichiarazione di una sorta di neutrale imparzialità nei confronti della «bontà» delle diverse scelte. Poi però ne arrivano altre, molto più significative. Leggiamo questa frase: «Nello smarrimento generale, anche per omissioni di responsabilità a ogni livello istituzionale, molti combattenti, giovani e meno giovani, cresciuti nella temperie culturale guerriera e 'imperiale' del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime, ferito e languente». Qui le virgolette vengono usate per attutite l'impatto di quell'aggettivo, «imperiale», che arriva direttamente dalle profondità più abissali della retorica mussoliniana.
Eppure meglio le virgolette dei tanti giri di parole, della reticenza untuosa e ammiccante che attraversa quella frase per mascherare il riaffiorarvi di tutti gli stereotipi più consolidati che popolarono l'immaginario di Salò. Sembra quasi che si voglia avviare un sorta di gioco perverso per farsi beffe degli avversari di un tempo. Accettiamolo questo gioco e leggiamo quella stessa frase con gli occhi di un repubblichino: lo «smarrimento generale» è ovviamente l'8 settembre 1943; per le «omissioni di responsabilità a ogni livello istituzionale» si intende il tradimento di Badoglio e di Vittorio Emanuele III; «giovani e meno giovani» segnala un'impennata di orgoglio che porta a rifiutare la melassa adolescenziale precipitata nella definizione dei «ragazzi di Salò»; il regime «ferito e languente» ci scaraventa nel cuore dell'autorappresentazione del fascismo di Salò. Ma è interessante anche il modo in cui in questo atto di pacificazione (il termine è usato ossessivamente e senza virgolette) ci si riferisce ai partigiani, che sarebbero gli «altri, maturati dalla tragedia in atto o culturalmente consapevoli dello scontro in atto a livello planetario, che si schierarono con la parte avversa, 'liberatrice', pensando di contribuire a una rinascita democratica, non lontana, della loro Patria». Qui, «maturati dalla tragedia in atto» si riferisce ovviamente a un antifascismo giustificato solo dalla guerra, senza altre radici se non quelle della sconfitta militare del regime; la frase successiva («consapevoli dello scontro in atto a livello planetario») ripropone l'immagine dei partigiani che si schierano solo sulla base dei rapporti di forza «planetari», quasi che le loro scelte non fossero patriottiche o italiane.
E infatti, subito dopo, si sottolinea il nesso tra il loro impegno a favore della «parte avversa, liberatrice», e la fine «non lontana» della guerra. Insomma, opportunisti e voltagabbana. I fascisti fecero una «scelta onorevole» quasi che in Italia le divisioni della Whermacht non ci fossero, quasi che la Repubblcia di Salò fosse uno stato indipendente e sovrano, per di più «languente e ferito». I partigiani accorsero in aiuto ai vincitori, certi- tra l'altro- che tutto sarebbe finito presto e bene.
Scusate ma che roba è? Qui non siamo neanche più al tentativo di mettere sullo stesso piano fascisti e partigiani; è stato redatto un manifesto di propaganda della Repubblica di Salò e lo si sta proponendo come una legge della nostra Repubblica.

 

 Giovanni De Luna    Il manifesto 3/2/2008