E il clochard sarà
schedato
Hanno deciso di registrare i non registrabili, di istituire l'albo professionale
dei barboni, di fornirli di
carte di non-identità. E la sola cosa che si capisce, in questa nuova
follia dei mediocri al potere, è la
logica di vessazione, una velleità persecutrice che peraltro è astratta.
I barboni infatti sono
eliminabili in due modi soltanto: o fornisci loro la casa e il lavoro che hanno
perso e che magari non
vogliono, oppure li mandi su Marte e su Venere. Come faceva l'Inghilterra del
settecento che
spediva la sua schiuma, i suoi eccessi demografici e i suoi rifiuti sociali in
Australia, nei bagni
penali americani, in Nuova Zelanda.
Con un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza, approvato ieri in
commissione, la Lega
invece vuole risolvere l'antico problema dei barboni senza nome introducendo in
Italia l'anagrafe
dei senza nome. Ed è un altro delirio creativo del partito di Bossi. Altro che
immaginazione al
potere! La Spagna ha Almodovar e noi abbiamo Maroni. Notate quanta fantasia c'è
nei loro
provvedimenti. Pensate al permesso di soggiorno a punti, alle impronte digitali
prese ai bimbi rom,
alle scuole di segregazione, al reato di clandestinità? E' un'esplosione
quotidiana di trovate, una
girandola di pensieri neri degni di Antonioni, Pirandello e Calvino, spunti di
letteratura gotica.
E naturalmente diranno che c'è dentro un'ipotesi beneficatrice, che vogliono
soltanto censirli per
assicurare loro un po' di decenza, e che bisogna ringraziare il governo che
vuole togliere dalle strade
la spazzatura umana. Ma la manovra contro i barboni è un'operazione
sconclusionata prima ancora
che razzista, inutile oltre che feroce. E' la psicopatologia di chi non tollera
gli scarti e pensa che il
barbone sia un'offesa all'occhio e al decoro. Ma non sapendo come risolvere il
problema si mette a
dare schiaffi al vento.
E' fatta così la Lega: l'intelligenza creativa al servizio delle proprie
ossessioni. Come la Russia
inventò i Soviet e il fascismo le corporazioni, come la Chiesa si resse sugli
istituti di carità, così la
Lega trasforma i disturbi mentali in dispositivi istituzionali e in leggi. I
leghisti non tollerano i
poveri, i disgraziati e i vagabondi per i quali non esiste la via del ritorno.
Non sopportano l'Islam, la
sinistra, i meridionali, i gay e tutto quello che sta fuori dal centro storico
di Vigevano.
E dunque improvvisano provvedimenti e leggi contro gli ubriachi e i comatosi,
contro i miserabili e
i clochard, sognano di sterminare legioni di teppisti, vedono banditi e
malfattori in ogni relitto
umano, stanno trasformando il ministero degli Interni nella caricatura della
vera polizia che sa
colpire duro perché è capace di distinguere. I leghisti invece credono che
ogni sventurato sia un
colpevole. Quanto prima puniranno i terremoti, arresteranno gli acquazzoni,
multeranno lampi e
tuoni, metteranno in galera gli ictus che minacciano anche i ministri e i
capipartito.
A loro importa poco che i barboni siano un fenomeno antico che nei tempi moderni
è stato studiato
dagli antropologi, dagli etnologi, dai filosofi? Hanno capito, con quella
intuizione che li
contraddistingue e che bisogna loro riconoscere, che è finita l'epoca del
miserabilismo e della
mitologia del clochard filosofo, del barbone poeta, del «beati i poveri» e del
lavoro che redime.
Quello dei naufraghi è infatti diventato uno dei grandi problemi
dell'umanità metropolitana, il tarlo
dell'Occidente. Ci vogliono cuore e rigore, severità e giustizia,
modestia e ambizione, fraternità
senza rumore, un saper distinguere leggero, fugace e reciproco: insomma il
contrario
dell'amministratore bru bru, del leghista celodurista che vede nella
disperazione solo un'immondizia
parassita: pidocchi, oscenità, pericolo.
Ecco: non potendo e probabilmente neppure volendo più semplicemente proporre di
accoppare i
poveri e di annegare i naufraghi, i leghisti vogliono comunque dimostrare che ce
l'hanno duro, che
non stanno lì, al governo, a subire, e che sono davvero decisionisti e non come
i cacadubbi della
sinistra. Nascono da qui i loro virtuosismi immaginifici, i loro annunzi
sconclusionati ma crudeli.
Sono loro i veri barboni. Ed è da barboni anche il loro razzismo creativo.
Francesco Merlo la
Repubblica 7 novembre 2008