Ecco perché parlare di
razze non ha senso
Siamo tutti diversi: abbiamo pelli, occhi e capelli di colori diversi, pesi e
stature diverse; abbiamo diverse tendenze ad ammalarci e a rispondere alle
stesse terapie, diverse capacità intellettive, caratteri diversi.
Da sempre l'umanità si interroga sull'origine di queste differenze. La risposta
tradizionale è a lungo stata che riflettono l'appartenenza a razze diverse. La
nostra specie sarebbe composta da razze, cioè gruppi ben distinti, come i
cavalli o i cani. Nonostante ad alcuni sembrino evidenti, definire, e
addirittura contare, queste razze si è rivelato però un problema insormontabile.
Nel corso dei secoli gli elenchi pubblicati da scienziati seri hanno compreso da
tre a centinaia di razze. Il problema è che le caratteristiche umane variano in
maniera discordante: si possono raggruppare gli individui sulla base del colore
della loro pelle, ma se si considera un altro carattere, per esempio la statura
o il gruppo sanguigno, i gruppi non sono più gli stessi. Dunque, non ci sono
razze non perché siamo tutti uguali (non lo siamo) ma, al contrario, perché
siamo molto diversi fra noi: così tanto che non è possibile pensare la nostra
diversità immaginandosi poche razze distinte fra loro.
Negli ultimi anni abbiamo imparato moltissimo sulla composizione del nostro
genoma, e sulle differenze ereditarie fra le diverse popolazioni della terra. È
emerso con chiarezza che nell'umanità non ci sono confini biologici: non si
possono disegnare sulla carta geografica linee che separano nettamente alcune
popolazioni dalle altre. La maggior parte delle varianti del Dna sono
cosmopolite, cioè presenti, a frequenze diverse, in persone di tutto il mondo.
Una piccola parte delle varianti del Dna è presente in un solo continente, e
quasi sempre questo continente è l'Africa. Perciò nel nostro Dna non troviamo
razze biologicamente riconoscibili, ed emerge che l'Africa non è un continente
come tutti gli altri. Gli studi sui nostri antenati fossili ci fanno capire
perché: indicano che siamo tutti discendenti di una popolazione che centomila
anni fa o giù di lì stava in Africa. Da lì, i nostri antenati si sono espansi
colonizzando tutta la terra, passando in Europa e Asia, e dall'Asia in Oceania e
nelle Americhe. Nel corso di questa espansione, si sono estinte le popolazioni
di altre creature simili a noi, che vivevano in Europa e Asia, ma non erano i
nostri antenati (in Europa, l'uomo di Neandertal).
Capire la nostra biodiversità, da dove vengano, come si siano evolute e siano
oggi distribuite le differenze fra tutti noi, non è solo importante in sé e per
sé, ma permette di indirizzare meglio la ricerca in campo medico e farmaceutico.
Permette inoltre di capire che ci sono molte differenze nei nostri modi di
sentire, di pensare e di confrontarci con gli altri, ma che queste differenze
sono il frutto delle diverse culture, non di una sentenza scritta nel Dna delle
nostre cellule e pronunciata al momento del nostro concepimento.
Guido Barbujani Corriere della Sera 16.10.08