I silenzi della
Chiesa
È solo autunno, aspettiamo le borse d'inverno. Stiamo facendo i
conti: quanti soldi perdiamo
ogni giorno, quanti ne perderemo domani. Svanisce nella disattenzione il dolore
di chi non perde
niente perché ha già perso tutto: giù dalle impalcature, tasche e madie vuote. E
le guerre che
bruciano. Ma adesso abbiamo altri pensieri. Non è il momento degli abbandoni
umanitari anche se
ai giorni disperati dei milioni senza niente, si aggiungono i giorni difficili
della Chiesa di Roma e
delle sue chiese del silenzio. Quei cattolici indiani nascosti nella foresta,
sopravvivono fra le
cronache scarne della persecuzione. Il Papa li ha ricordati pregando di non
dimenticarli. E gli
attentati e i delitti si allargano all'Iraq. Mille famiglie in fuga da Mossul,
campanili in fiamme. Dopo
la caduta di Saddam Hussein, il ritorno alla democrazia non ha portato fortuna
ai caldei, cristiani
d'Oriente che si riconoscono nel Vaticano. In cinque anni la paura li ha ridotti
a metà. Scappano o si
immergono nella clandestinità dei diseredati. Il fanatismo di Al Qaeda e la
disattenzione del
governo e dei protettori Usa, sta decimando comunità che nei secoli non avevano
conosciuto la
violenza dell'emarginazione. Una campagna senza pietà carica i cristiani di
colpe inesistenti come
capita in Italia quando le facce pregano in modo diverso. Fioriscono leggende
estranee alla
normalità della loro vita.
Succede anche in Israele. Nel braccio di ferro col fondamentalismo di Hamas, fa
comodo che i
cristiani vengano perseguitati dai mussulmani. Notizia che, proiettata nella
nostra realtà, dà fiato a
chi predica il pericolo dell'invasione straniera. Per fortuna non è vero. Nella
conferenza alle
Missioni Consolata di Torino, don Nandino Capovilla di Pax Christi, ripete le
parole del vescovo
Michel Sabbat: «è in atto una campagna che vorrebbe far risalire un'ipotetica
persecuzione dei
cristiani da parte dei mussulmani. Vi è una normale difficoltà di rapporti tra
minoranze e
maggioranze: avviene qui, come in ogni altro contesto. Ma noi palestinesi
cristiani e palestinesi
mussulmani siamo un solo popolo con radici nella stessa terra».
Il gioco israeliano non è diverso dai giochi degli altri tropici armati:
allargare le tensioni interne alla
società palestinese usando religioni e culture contrapposte nel tempo. E il
passato - prossimo o
lontano - diventa tormento del presente, e angoscia nel futuro.
Ricordava Primo Levi: «Tutti coloro
che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo».
Tragedia da scacciare, allora perché
giocare? Esistono disillusioni ugualmente pericolose. Per esempio: in quale modo
la Chiesa potrà
sopportare - tacendo - l'orrore del sacerdote Christian Von Wermick, un anno fa,
a Buenos Aires,
condannato all'ergastolo per aver mescolato alla tortura il sacramento della
confessione? Non ha
mai chiesto perdono. Ma l'inquietudine è un'altra. Un anno fa guardavo le
smorfie di Von Wermich
nel maxischermo che ne allargava il volto davanti al tribunale de La Plata.
Appena un sorriso
mentre il giudice leggeva la sentenza. Qualche minuto dopo, con un ritardo di
quattro anni, la
Chiesa argentina chiedeva scusa e Martin de Elizaide, suo vescovo, faceva sapere
che il religioso
«verrà assistito affinché riesca a comprendere e riparare il danno arrecato con
scelte personali che
non coinvolgono le istituzioni».
Come mai "assistenza" e scuse non sono arrivate quattro anni prima quando i
delitti di Von
Wermich e i testimoni e le vittime raccontavano in tribunale della loro umanità
ferita dal prete che li
confessava? Portava via i bambini appena nati accompagnando le madri in una fuga
che doveva
essere clandestina ed era solo la trappola mortale. All'appuntamento c'erano i
militari. Per quattro
anni Tv e giornali non parlavano d'altro eppure la Chiesa ha taciuto fino alla
lettura del verdetto. Ex
prete, abbiamo scritto noi giornalisti convinti di una rapida sospensione a
divinis. Rapida come la
sospensione imposta a Leonardo Boff, protagonista della teologia della
liberazione. Il prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede (cardinale Ratzinger) gli rimproverava
d'«essersi lasciato
trascinare da cellule marxiste perché povertà e fame non assillano il Brasile».
Rapida come la
reprimenda impartita al vescovo Pedro Casaldaliga, sgridato nella solennità di
Roma per aver
esposto all'esterno della chiesa un ritratto del vescovo Romero e la scritta
«santo e martire del popolo».
Nella Buenos Aires 2007 l'ottimismo di certe Tv andava oltre:
raccontavano che Christian Von
Wermich era già impedito dal celebrare messa, soprattutto non poteva confessare.
«Lo sapremo ufficialmente
fra qualche ora...». Ma è passato un anno e Von Wermich continua a
distribuire la
comunione dall'altare e assolve chi si affaccia alla sua grata. L'autorità
carceraria fa sapere di
«rispettare, come da regolamento, i privilegi che il suo status prevede».
Sacerdote come prima dopo
sette omicidi, 41 arresti illegali, 31 ragazzi torturati. «Non odiate chi vi
sta torturando. Volontà di
Dio», erano le sue parole di conforto distribuite nelle quattro prigioni segrete
attorno a Buenos Aires
durante gli anni della dittatura militari-P2. Apparteneva a quei preti fascisti
che non erano tanti ma
così potenti da condizionare, con ricatti ed irruenza, l'atteggiamento della
chiesa argentina. I nunzi
che sapevano ma dovevano tacere. I vescovi hanno sempre taciuto. Solo due non si
sono rassegnati
e sono stati uccisi mentre la Chiesa difendeva la dittatura considerata male
minore di fronte al
pericolo del comunismo. L'arcivescovo di Buenos Aires, Juan Carlos Aramburu,
invitava i fedeli a
collaborare con i governi di Videla e di Massera i cui membri gli apparivano
"assai ben ispirati".
Ecco, Von Wermich, figlio spirituale di questa cultura ed è imbarazzante
ammetterlo. Era al servizio
dei militari e usava la confessione per far parlare i prigionieri che non si
arrendevano alla violenza.
Per sapere cosa, poi ? Nomi di compagni di scuola che mormoravano contro
l'arroganza dei governi
in divisa: chiacchiere da studenti, ma chiacchiere fatali. Von Wermich
confessava questi ragazzi,
sfiniti da bisturi e scosse elettriche, con la doppia morale del sacerdote e
della spia. Li sollecitava ad
abbandonarsi al perdono di Dio, e se l'abbandono coinvolgeva persone
inconsapevoli informava la
polizia e altri ragazzi sparivano. Jacopo Timerman, direttore di un giornale che
provava a restare
indipendente, racconta in libri ed articoli: «Von Wermich assisteva ai miei
interrogatori. Ero
bendato, non lo sapevo, ma quando la benda gli occhi si è abbassata per effetto
delle scariche
elettriche, ho visto Von Wermich seduto accanto al capo della polizia Ramos
Camps. Mi guardava
come si guarda un cane che sta morendo».
Per ironia, il primo anniversario della sua condanna all'ergastolo, è caduto
nello stesso giorno
dedicato dal parlamento Europeo, dal palazzo di vetro Onu e dai governi di ogni
mondo, al ricordo
del sessantesimo anno della proclamazione dei diritti dell'uomo. Chissà se nella
messa celebrata in
prigione Von Wernich ha fatto un pensiero.
La decisione del sospenderlo è di competenza del suo vescovo. Un anno dopo
l'ergastolo imposto
dalla giustizia civile, monsignor Martin Elizalde sta ancora meditando su come
risolvere il caso «seguendo
le disposizioni del diritto canonico». Lo scandalo del silenzio inquieta i
cattolici latini già in
crisi profonda. Da un Natale all'altro, un milione di fedeli brasiliani lascia
la chiesa di Roma per
aderire alle sette protestanti «più vicine alla quotidianità della gente
lasciata troppo sola dal
soffocamento della teologia della liberazione». Un decreto della Congregazione
per la Dottrina
della Fede potrebbe rapidamente impedire a Von Wemich lo scandalo del dire
messa: 18 maggio
2001, firmato da cardinale Ratzinger, presidente; Tarcisio Bertone, segretario.
Decreto necessario
per contenere certi peccati; pedofilia, soprattutto. Elenca da quali crimini
difendere la sacralità del
sacramento della penitenza. «Assoluzione del complice» è forse la colpa della
quale Von Wermich
non si è liberato: continua a benedire l'assoluzione dei compagni di prigionia
condannati per gli
stessi delitti. «Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese
orientali cattoliche sono obbligati a
osservarne i canoni sui delitti e sulle pene... assieme alle norme speciali che
saranno date caso per
caso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede». E «ogni volta che qualcuno
avesse notizia
almeno verosimile di un delitto riservato, dopo aver svolto un'indagine
preliminare, lo segnali alla
Congregazione per la Dottrina della Fede, a meno che, per le particolari
circostanze avocasse a se la
causa...». La notizia delle imprese di Von Wermich non sono riservate, ma
esaminate, testimoniate e
provate da un tribunale che per anni ha scavato nelle avventure del sacerdote.
Tutto lì, basta
sfogliare. Come mai nessuno "ne dà notizia"?
C'è un pericolo lontano previsto dal decreto Ratzinger. «Si deve notare che
l'azione criminale circa i
delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede si estingue con
prescrizione in dieci
anni...». Se nessuno prende decisioni, a 79 anni Von Wermich esce dai registri
dei colpevoli:
nessuna sospensione, resterà prete nei pieni poteri riconosciuti dalla Chiesa.
La giustizia dell'uomo
è una cosa, la giustizia di Roma può essere diversa.
Maurizio Chierici l'Unità
13 ottobre 2008