Ecco perché
prendersi cura è la vera sicurezza
La sicurezza è un più che legittimo bisogno umano fondamentale e proporzionale
alla irrimediabile,
costitutiva insicurezza della condizione umana, che si acuisce nelle situazioni
di maggior rischio,
quando e dove si presentino fonti aggiuntive di pericolo. Neonati e bimbi molti
piccoli avvertono la
loro totale dipendenza da chi li nutre e se ne prende cura, e manifestano un
proporzionale, elevato
bisogno di essere rassicurati. La ricerca di sicurezza ci spinge ad aspirare a
un lavoro non precario
(benché per la cosiddetta modernizzazione dell'economia ciò stia diventando un
tabù) che ci assicuri
il necessario per vivere; ha promosso la nascita del sistema pensionistico,
previdenziale,
antinfortunistico; induce tradizionalmente al risparmio; ci spinge a provvederci
di presidi medici; di
forze dell'ordine che vigilino sulla vita sociale; di leggi che sanzionino le
violazioni degli altrui
diritti, di magistrati che giudichino. Tutte scelte, queste e altre, individuali
e sociali, che coincidono
con le basi della civiltà, quelle che rendono o dovrebbero rendere possibile la
più libera vita dello
spirito e della mente, nonché lo stesso benessere economico, sollevati dalla
pressione del bisogno e
dall'ansia di doversi difendere da aggressioni e nemici.
Anche la ricerca di sicurezza può però diventare patologica nella vita
individuale e sociale. La gelosia,
per esempio: aspirazione evidentemente assurda alla sicurezza totale circa
l'esclusiva sui
sentimenti altrui che, essendo liberi, non possono invece essere controllati né
pretesi come possesso,
mina l'animo di chi ne è schiavo e distrugge la relazione che aspirava a
garantire. Sul piano sociale,
la ricerca di sicurezza è stata spesso distorta al servizio di ideologie e
pratiche di repressione e
violenza. In Italia, nel 1923 le squadre d'azione fasciste vennero tramutate in
"Milizia volontaria per
la sicurezza nazionale" (le "Camicie nere"), al servizio del Partito fascista,
che in un primo
momento prestava giuramento al presidente del Consiglio e non al Sovrano. La
dottrina della
sicurezza nazionale, importata dagli Usa, ispirò le più brutali e sanguinarie
dittature latinoamericane
negli anni Settanta e Ottanta. Dopo l' 11 settembre 2001, negli Usa è stato
istituito il nuovo
ministero della Sicurezza nazionale, i cui dipendenti vennero subito privati dei
diritti sindacalmente
riconosciuti agli altri dipendenti pubblici. La tragedia delle guerre che nel
Medio Oriente hanno
portato e portano morti e sangue, senza portare stabilità, è un altro frutto
della ideologia della
Sicurezza nazionale.
Quando si sente porre l'accento sulla sicurezza intesa come difesa da nemici
esterni, è il caso di
preoccuparsi e di chiedersi criticamente quali necessità disattese di sicurezza
vengano con questo
coperte e la sicurezza di chi a discapito di chi altri venga perseguita. Una
ricerca sana di sicurezza
dovrebbe portarci a occuparci moltissimo dell'abitabilità del nostro pianeta.
Ma anche a riconoscere
la giusta aspirazione disattesa da parte di così larga parte dell'umanità alla
sicurezza della vita, del
cibo, dell'acqua, delle medicine, dell'istruzione, della dignità, della libertà,
del diritto all'infanzia.
Dovrebbe indurci a chiedere con forza più sicurezza sui luoghi di lavoro: che
non eviterebbe
incidenti, ma li renderebbe tali e non più normalità quotidiana. A considerare
un'emergenza la
quantità di donne violentate e maltrattate. A riconoscere nella qualità della
sanità e della scuola delle
essenziali sicurezze da garantire a tutti. E a riconoscere in una più giusta
gestione e distribuzione tra
tutti i popoli delle risorse e ricchezze del pianeta la base della pace, senza
della quale la sicurezza è
solo un inganno. E con tutto questo restiamo, resteremmo ancora esposti alla
morte, alle malattie, a
incidenti, alla malvagità o follia altrui, alle catastrofi naturali, ai rovesci
economici, ai disinganni e
fallimenti nelle relazioni, a errori giudiziari o medici e, soprattutto, al
rischio che la nostra vita non
abbia senso. Nessuna "sicurezza", come barriera esterna, ci può proteggere.
Ci può invece aiutare la "cura" reciproca, il contrario della sicurezza, che
deriva da sine cura: il che
vuol dire senza affanno, certo, ma con l'idea aggiuntiva di non doverci più
occupare di qualcosa.
Siamo sulla terra invece per prenderci cura gli uni degli altri, del nostro
mondo, di noi stessi. La
fede, che ci offre non una sicurezza, ma la certezza —qualcosa cioè che è stato
accertato —
dell'amore di Dio manifestato in Gesù Cristo, ci invita a questo compito.
Altrimenti rischiamo che si
possa applicare a noi il versetto del Salmo (53,6): «Di spavento saranno ricolmi
proprio quando
sembran sicuri» (traduz. di D. M. Turoldo - G. F. Ravasi). Per difenderci da
supposti "nemici", ci
esponiamo a esser colpiti da nemici non riconosciuti: dalla perdita di umanità,
dall'ottundimento
della coscienza, dall'allontanamento dalla corrente d'amore che dà vita, che
viene da Dio: è la
catastrofe più grave, che il Vangelo chiama la perdita dell'anima.
Maria Cristina Bartolomei in “Jesus” n. 9
del settembre 2008