L'ordine vaticano
A
distanza di tre anni dalla visita di Giovanni Paolo II il papa è nuovamente
presente nel Parlamento italiano. La vista, questa volta, è meno solenne:
Benedetto XVI non viene di persona, ma invia delegati e messaggi. Lo stato, da
parte sua, si inginocchia ancora una volta e rinnova le sue dichiarazioni di
devozione. Sono pochi, però, a ricordare che la raccomandazione del papa
precedente che aveva pensato concretamente alla situazione dei detenuti nelle
nostre carceri, sono state assolutamente disattese. Comunque l'incontro si è
svolto, come era prevedibile, all'insegna della laicità. Un concetto che tutti
citano, anche oltre Tevere, ma che ciascuno tira, come la famosa coperta, dalla
parte sua. Il papa, in particolare, è sembrato voler fare una specie di passo
indietro nei confronti delle affermazioni dei mesi scorsi, soprattutto quelle
contenute nel famoso messaggio al presidente del Senato Pera. Un messaggio che,
letto alla luce degli interventi precedenti di Ratzinger, sembrava piuttosto
limitativo della laicità. Sembrava dire che la laicità è valida soltanto nel
rispetto di regole etiche universali, che, quindi, non possono venire se non
dall'alto. La chiesa cattolica, perciò, ne sarebbe promulgatrice e custode. Gli
stati democratici dovrebbero accettare e sottomettersi. Per il loro bene.
Tutti i teocons, infatti, si sono affrettati a
esultare, dimostrando con i loro applausi che la limitazione ratzingeriana della
laicità era corretta. Così gli «atei devoti».
Probabilmente il messaggio di ieri alla Camera
dovrebbe servire a correggere il tiro. Perciò la ripetuta affermazione che «la
legittima laicità dello stato non è in contrasto con il messaggio cristiano». Ma
si noti l'inciso importantissimo: «se bene intesa». Non viene precisato che cosa
qualifichi questo «bene» e chi sia a determinarlo: l'elogio della laicità, così,
rimane piuttosto vago e anche ambiguo.
Più che le parole, allora, contano i fatti. I fatti
proprio di questi mesi e giorni, oltre alle parole rivolte dal papa a Pera,
indicano quali limitazioni il Vaticano imponga alla libera laicità dello stato.
Basti pensare alla battaglia di pochi mesi fa contro la fecondazione assistita,
a quella contro le coppie di fatto e soprattutto agli strali del cardinale Ruini
contro la pillola RU486 che si abbatte sui diritti delle donne. Come sempre si
ripete da parte laica, nessuno contesta il diritto dell'autorità ecclesiastica
di parlare ai cattolici. Si contesta, invece, la volontà di influire su tutti
gli italiani, cattolici e non. Come se all'autorità ecclesiastica cattolica
spettasse una sorta di imposizione sull'etica di tutti e dello stato che li
rappresenta.
Perciò le affermazioni di rispetto della laicità -
ma sempre quella «buona» - ripetute solennemente anche ieri non possono non
lasciare, a dir poco, perplessi tutti coloro che pensano che la laicità
veramente «buona» non sia quella indicata da una autorità suprema, che detta
legge dall'alto di qualche cattedra, ma quella che dialoga, cerca, discute con
tutti quelli che condividono il cammino.
FILIPPO GENTILONI il manifesto 15/11/2005