C’è un uomo politico molto ascoltato, rispettato,
temuto che si aggira per l’Italia. Nessuno lo ha votato, a nessun
cittadino deve rispondere, eppure la sua organizzazione riceve dallo
Stato sostegno finanziario, agevolazioni fiscali, esenzioni
giuridiche e penali. Come avrete capito, stiamo parlando di Camillo
Ruini. Ormai ogni sua esternazione ha un destinatario preciso, e
purtroppo non è l’anima dei suoi fedeli (che sarebbe, come dicono
nelle aziende, il suo “target”), ma il mondo politico, che trattiene
il fiato a ogni parola, a ogni allusione, a ogni sorriso tirato del
capo dei vescovi. Ieri alla 55esima Assemblea della Cei, l’ennesima
dimostrazione di come la Chiesa italiana stia trasformandosi in una
imponente, massiccia “macchina” politica, stabilmente intromessa nel
dibattito politico, onnivora e ricattatoria con il suo irrompere nel
gioco della democrazia senza accettarne le regole. Ecco allora che
Ruini tocca temi che più gli competono, come l’aborto e la famiglia,
e anche argomenti, si diceva una volta, di “varia umanità”, dal
Mezzogiorno alla criminalità, dalla Finanziaria alla legge
elettorale.
Non a caso la prima mezz’ora della sua prolusione è rivolta proprio
a "quanti temono o lamentano una eccessiva presenza o anche
ingerenza della Chiesa nella vita pubblica italiana". "L'impegno
aperto e concreto a favore della persona umana - ha scandito il
cardinale - con i valori inerenti alla sua dignità individuale e
sociale, non rappresenta una violazione della laicità della nostra
Repubblica, ma piuttosto un contributo, offerto alla libertà di
ciascuno, per il suo bene autentico”.
Ciò premesso, Ruini ha parlato della finanziaria, sottolineando che,
pur con "accenni di ripresa", le "preoccupazioni" e i "motivi di
incertezza" rimangono grandi di fronte al rischio di "una
compressione dei fondi per il sostegno alle fasce più povere" o di
"ulteriori decurtazioni di quelli destinati alla cooperazione
internazionale". E poi accenni alla “controversa” riforma
costituzionale, alle primarie celebrate “con larga partecipazione
popolare”, e alla pillola abortiva, con la quale “si compie un
ulteriore passo in avanti nel percorso che tende a non far percepire
la reale natura dell'aborto, che e' e rimane soppressione di una
vita umana innocente”. E ancora il Mezzogiorno, definito "un tema
nevralgico", poiché "i segnali positivi che vengono dalla società
civile hanno bisogno di essere sostenuti da interventi, in
particolare sulle grandi infrastrutture”.
Poi è la volta della famiglia, con un’altra critica alla finanziaria
che “rimane nell'ambito di cifre che non consentono di impostare una
politica famigliare capace di incidere seriamente sull'andamento
demografico”, e della criminalità, a proposito della quale Ruini ha
ricordato "la grande risposta data soprattutto da tanti giovani” nei
giorni successivi all’omicidio di Fortugno in Calabria, “mentre si
intensifica l'impegno dello Stato per contrastare questo gravissimo
e purtroppo assai radicato fenomeno". Non poteva mancare l’Iraq, che
"prosegue, nonostante tutto, il suo faticoso cammino di riscatto”, e
un accenno al debito dei paesi poveri e al “ritardo che già si sta
registrando nel dare attuazione agli impegni presi a luglio nella
riunione dei Paesi del G8". Infine, un rimbrotto all’Unione Europea,
che “stenta a riprendere il proprio cammino dopo gli esiti negativi
di alcuni referendum sul Trattato costituzionale”, mentre dilagano i
problemi sociali esplosi drammaticamente a Parigi.
Insomma, un Ruini a tutto campo, spalleggiato dal messaggio di
Benedetto XVI alla Camera, in occasione della commemorazione della
visita di Wojtyla tre anni fa, col quale il pontefice ribadisce che
la laicità, “se ben intesa”, è tutt’altro che in contrasto con il
messaggio cristiano, ma “piuttosto è ad esso debitrice, come ben
sanno gli studiosi della storia della civiltà”. Dunque c’è una
laicità perversa, che si ostina a ritenere che il relativismo
culturale sia indispensabile premessa per la tolleranza, lo
sviluppo, il progresso storico, e una laicità ben intesa (cioè
intesa come vuole la Chiesa), che può pure arrovellarsi nel trovare
un senso, nel rispettare l’altro, nell’elaborare nuove chiavi di
lettura, ma che alla fin fine, “come ben sanno gli studiosi”, deve
sottomettersi alla Verità prima (e ultima) che sottende a tutte le
cose umane. La Chiesa ruiniana, insomma, assiste sorniona agli
infantili contorcimenti democratici (o “liberaleschi”, come li
chiamava la Civiltà Cattolica nel 1860), ma interviene ogniqualvolta
i comuni mortali arrivano a maggioranza a una conclusione “in
contrasto col messaggio cristiano”. Il vecchio Pio IX, almeno, aveva
il dono della chiarezza: la democrazia e il socialismo erano per lui
“una sorta di flagello”, e coerentemente invitava il suo gregge a
starne fuori. Si attende ancora la stessa coerenza dalla Chiesa del
2000 |