I cattolici non
sono più quelli di una volta
Non sono convincenti, le risposte e le proteste che sono partite dal Pd
all’indirizzo di don Sciortino
e dell’editoriale su Famiglia cristiana. Troppo difensive. La tesi del
settimanale dei Paolini sul ruolo
dei cattolici nel centrosinistra umiliato dall’alleanza coi radicali è troppo
marginale, irrilevante,
perché gli si debba rispondere sul medesimo tono. E siccome è evidente che il
tema non riguarda
solo i cattolici democratici, e neanche solo i cattolici tout court, c’è casomai
un altro livello di
discussione da intrecciare.
Partiamo da una premessa amara, ma sincera. Il punto di verità dell’editoriale
di Famiglia cristiana:
la crisi del ruolo dei cattolici democratici nella politica italiana, dopo
esserne stati spina dorsale e
punto d’equilibrio per decenni nella Prima e nella Seconda repubblica.
È l’esito di una vicenda durata anni, di uno scontro che ha modificato,
nell’arco di due pontificati, il
rapporto fra le gerarchie e i cattolici impegnati in politica e nei movimenti.
Man mano che la Chiesa si allontanava dall’interpretazione progressista del
Vaticano II, veniva
ritirata la delega concessa ai cattolici democratici perché costruissero
mediazioni nella sfera
politica.
Mediazioni giudicate, al trarre le somme di una società fortemente
secolarizzata, troppo al ribasso,
perdenti. La crisi del cattolicesimo democratico esplode dunque quando la Chiesa
assume
direttamente l’onere di contrastare la deriva secolarista e relativista, e
chiama intorno a sé in
obbedienza ordini e movimenti. Un fenomeno che la sinistra non ha visto, o
meglio ha equivocato
scambiandolo per un mero spostamento “a destra”, confermando alle proprie
componenti cattoliche
il mandato di coprire il fronte (è il modello di gioco abitualmente definito
dalemiano). Un fronte
che intanto non c’era più. Si parla dell’ex sinistra dc, ma in fin dei conti il
tentativo di Rutelli nella
Margherita con l’operazione teodem ha replicato lo stesso schema, con persone
diverse, diverse
culture, ma analogo risultato deludente.
Qui però si apre il tema delicato e impegnativo delle responsabilità dei vescovi
italiani. Verso la
società italiana. Per quello che è diventata. Perché se sono stati bruciati i
luoghi e gli interpreti della
mediazione, e si è data per tanto tempo enfasi ai richiami tradizionalisti
mettendo in guardia rispetto
a ogni possibile “differenza”, poi è anche possibile che ci si ritrovi con
l’Italia delle ronde non
avendo fatto abbastanza per evitarla.
Se la Chiesa universale derubrica il dialogo interreligioso e accredita l’idea
di esser tornata innanzi
tutto Chiesa dell’Occidente, anzi guida spirituale dell’Occidente, si deve
mettere nel conto che poi
qua e là nel gregge non siano più soltanto le diversità sessuali a destare
sospetto e allarme, ma
anche quelle etniche e religiose.
Ingeneroso allora poi prendersela coi poveri cattolici del centrosinistra.
L’Italia come è – incerta,
timorosa, potenzialmente aggressiva – in quanti hanno contribuito a edificarla?
Forse sarà di
conforto sapere che c’è chi si mobilita contro le moschee e per avere al loro
posto più chiese: anche
ammesso che ciò aiuti la ripresa delle vocazioni, quali sono gli effetti
collaterali di questa fiammata
d’orgoglio? E lo diciamo sapendo bene come in Italia e nel mondo siano spesso
soltanto la Chiesa e
le sue organizzazioni a lavorare sulle marginalità e sulle esclusioni, con
dedizione senza pari, in
totale supplenza dell’inefficienza pubblica: qui però vediamo una schizofrenia
col messaggio
principale recapitato a più riprese nel dibattito pubblico, non una esimente.
Finisce la specificità italiana dei cattolici in politica, l’elettorato
cattolico si omologa sempre di più
all’insieme della società, e in modo non difforme da essa chiede ordine, valori,
tradizione,
sicurezza. Vota Berlusconi, ovvio. Il quale poi non si pone minimamente il
problema di assegnare a
una componente della destra la benché minima delega a rappresentare: in questo,
si conferma più
accorto e moderno del Pd di Veltroni (stupisce che sia stato proprio il Foglio a
sollevare un
problema stantio come quello della «assenza di cattolici nella compagine di
governo»).
Gioisce papa Benedetto per il nuovo clima di dialogo. Fa bene. Anche la Cei
affida al dialogo le
speranze di ripristinare nelle istituzioni e nel paese un sistema di valori
condivisi. Capiranno però
che è difficile dialogare sotto le bastonate, soprattutto per chi le ha già
prese dall’elettorato.
Noi che vorremmo un Pd più autorevole, più in sintonia con la domanda di valori
e di missione che
viene dagli italiani, proponiamo però a don Sciortino un’ipotesi di lavoro:
prenda in considerazione
la possibilità che anche il centrosinistra, come da tempo il centrodestra, abbia
da adesso in poi una
leadership totalmente laica, non più cattolica né adulta né bambina. La smetta
di applicare un
doppio standard, sempre troppo esigente con questi poveri cattolici impegnati a
sinistra. Misuri alla
pari le proposte e le politiche, i due sistemi di alleanze, il relativismo di
questo e di quello.
Insomma, tragga le conseguenze anche lui di questa vicenda storica che,
intenzionalmente, ha
portato a consumare la forza della testimonianza cattolica nell’agire politico.
È un’Italia così, tutti hanno contribuito a che fosse così: adesso tutti ci
facciano i conti, senza
scaricarli sugli altri.
Stefano Menichini Europa
11 giugno 2008