Ma perché la
sinistra dovrebbe vincere?
Più ci penso più mi convinco che la ormai evidente crisi della sinistra (parlo
soprattutto di quella
europea) è dovuta, molto più che a gravi errori politici, pure evidenti, a
fattori culturali e morali.
In una intervista ripubblicata da Lettera Internazionale, la bella rivista
diretta da Federico Coen e
Biancamaria Bruno, Cornelius Castoriadis ricordava che i filosofi politici di
oggi «ignorano alla
grande l´intima solidarietà tra un regime sociale e il tipo antropologico
necessario per farlo
funzionare».
È un fatto che nel nostro tempo, diciamo a partire dalla fine della seconda
guerra mondiale, è
profondamente mutato non soltanto il regime sociale (la struttura della economia
e delle classi
sociali) ma anche il «tipo antropologico» rappresentativo della società. Della
prima mutazione i
partiti della sinistra (parlo dei grandi partiti «riformisti») si sono, anche se
a stento, accorti e hanno
tentato di adeguarsi, prevalentemente in modo passivo, e cioè subendo
l´iniziativa di un capitalismo
vittorioso. Non hanno invece neppure percepito la seconda, il profondo mutamento
culturale che la
accompagna e che determina i cambiamenti dell´umore politico e del comportamento
elettorale.
Parlo di cambiamenti che si rivelano più con manifestazioni apolitiche e
apparentemente irrilevanti,
ma significative del modo di sentire e di pensare; dei valori esistenziali;
degli "attrattori" del
comportamento: tutte "spie" di mutamenti antropologici.
Nell´ultimo mezzo secolo, certo, la natura umana profonda, quella che
contraddistingue le
caratteristiche strutturali costituenti della specie, è cambiata di poco. Essa
cambia sì, ma assai
lentamente nello spazio dei millenni, anzi dei milioni di anni. Le
caratteristiche culturali, che
riguardano i comportamenti estrinseci, cambiano invece radicalmente e talvolta
rapidamente. Chi
potrebbe dire che l´Uomo medievale o l´Uomo del Rinascimento sono vicini al
nostro modo di
considerare la vita? (con sorpresa constatiamo, talvolta, che ci è molto più
vicina la cultura degli
antichi romani! il che prova che la nostra non è una evoluzione lineare).
Ora: un cambiamento antropologico radicale è intervenuto tra la società
occidentale dell´Ottocento
e della prima metà del Novecento e quella attuale. Quella accoppiava un forte
materialismo
progressista e scientifico con una altrettanto perentoria esibizione di valori
etici trascendenti (Dio,
Patria, Famiglia); un accoppiamento che ne costituiva insieme la contraddizione
e la forza. Questa
ha abbandonato la fede nelle magnifiche sorti e progressive ripiegando dal
materialismo
progressista allo psicologismo scettico; e al tempo stesso ha annegato i valori
trascendenti, cui
tributa una deferenza sempre più formale e superstiziosa, in una esplosione di
edonismo e di
egoismo davvero trascendentale. Il che la rende, magari, più coerente, ma
intrinsecamente più
vulnerabile.
La forza attrattiva della sinistra stava nella sua decisa denuncia delle
contraddizioni della società
borghese; della sua ipocrisia e della sua ingiustizia: dell´impossibilità di
coniugare i suoi valori
trascendenti esibiti, con la pratica della sopraffazione e dello sfruttamento.
La sinistra di oggi si
trova di fronte a classi dirigenti che, grazie al formidabile progresso
tecnologico, non hanno più
bisogno sistematico di sfruttamento del lavoro (sebbene questo sia tutt´altro
che scomparso)
essendo in grado di produrre masse enormi di beni di consumo. Viene meno dunque,
almeno in
parte, la sua missione di denuncia dello sfruttamento del lavoro. Si
ingigantisce invece lo
sfruttamento della natura, praticato in cambio di utilità sempre più frivole e
al costo di distruzione
di risorse irreversibili. D´altra parte, le nuove classi dirigenti rinunciano a
presentarsi come
portatrici di valori trascendenti per identificarsi con quelli decisamente
immanenti dell´edonismo
materialistico. Sul terreno economico, la virtù ascetica del risparmio è
sostituita dalla incentivazione
pubblicitaria dell´incontinenza consumistica; e l´ammirazione per i grandi
imprenditori costruttori
per quella dei grandi maghi speculatori. Di fronte a questa vera e propria
conversione a U del
vangelo capitalistico, la sinistra, da una parte si trincera combattendo un
capitalismo che non c´è
più; dall´altra, manca di percepire le nuove contraddizioni del nuovo
capitalismo: che sono
soprattutto ecologiche e morali.
Ecologiche: l´insostenibilità di una economia basata sul consumo del capitale
naturale: una
distruzione chiamata crescita.
Morali: l´orientamento della potenza creatrice della tecnica verso le finalità
frivole del consumo,
anziché verso la realizzazione di una società più giusta, di bisogni collettivi
più urgenti, di scopi
culturali realmente trascendenti.
La sinistra, da una parte, quella "radicale", recita un vecchio copione
inattendibile. Dall´altra, quella
"riformista", insegue una rispettabilità politica basata sull´imitazione di un
modo di produzione
irresponsabile e di un modo di consumo immorale. Perché, in tali condizioni,
dovrebbe essere in
grado di contrastare efficacemente i richiami edonistici della destra e di
acquistare consensi senza
essere in grado di esprimere una alternativa economica ed etica alla deriva
ecologica e morale, Dio
solo lo sa
Giorgio Ruffolo La
Repubblica 30 maggio 2008