La crisi della laicità in un mondo senza futuro
Noi dipendiamo da potenze inconsce o più grandi di noi, che operano senza il
nostro consenso e segnano il nostro destino: Ma questo non significa che siamo
in loro completo possesso, o che dobbiamo consegnarci ad esse. Tutta la storia
umana, anche se lo dimentichiamo, testimonia questo processo di emancipazione. E
la modernità occidentale è segnata dal protagonismo della coscienza umana, dalla
sua progettualità, dal tentativo dell´uomo di controllare il corso degli eventi,
la storia, sottraendola alla provvidenza divina.
Questo grandioso progetto nasce, tra il ´500 e il ´600, durante le guerre di
religione, dalla percezione di un vuoto di autorità. La fiducia nell´autorità
politica e religiosa è indebolita e la coscienza individuale si trova costretta
a trasformarsi in Atlante che regge il mondo sulle proprie spalle e vaglia il
vero e il falso.
L´individuo esce da uno stato di minorità, si affida allo spirito critico e,
cartesianamente, all´evidenza di ciò che scopre, per giudicare da sé. È l´inizio
di un processo gravido di conseguenze: lo sguardo che era teso verso l´alto, ora
si rivolge in avanti, alla storia, al futuro. Ne nascono grandi progetti di
emancipazione umana, con le conseguenti rivoluzioni.
Giovanni Paolo II, nell´enciclica Fides e ratio, ha attaccato la filosofia
moderna perché «dimenticando di orientare la sua indagine sull´essere ha
concentrato la propria ricerca sulla conoscenza umana. Invece di far leva sulla
capacità che l´uomo ha di conoscere la verità ha preferito sottolinearne i
limiti e i condizionamenti». Per il pontefice l´età moderna si inaugura con la
nefasta separazione tra fede e ragione. In effetti la modernità ha insidiato con
la filosofia, la scienza e la politica le fondamenta della fede nella
provvidenza e nell´immortalità dell´anima.
Ed è da questo spostamento che nascono le grandi ideologie. Così, in estrema
sintesi, guardando al passato con un´ottica da binocolo rovesciato, oserei dire
che il prosciugamento della dimensione religiosa è culminato nei grandi
totalitarismi del Novecento, dove la politica ha preteso di abbracciare tutte le
sfere dell´esistenza. I grandi totalitarismi europei sono poi caduti: e con la
loro fine è andato assottigliandosi sempre più lo spessore di senso condiviso
della politica, con la scoperta di altre dimensioni.
È qui una delle cause della crisi del laicismo e più in generale della politica,
e del ritorno dell´interventismo pubblico delle religioni. È per questo che si
aprono dei varchi di senso attraverso cui passano le religioni, legittimamente e
con apporti che rispondono a bisogni sentiti.
L´indebolimento della coscienza riapre la strada all´essere di cui parlava
Giovanni Paolo II: ma il mistero dell´essere viene inteso esclusivamente come
opera di Dio, vita che diventa la categoria centrale della Chiesa cattolica, e
non solo. Su di essa fa perno tutto il resto: si ritorna ai fondamentali
religiosi, all´idea del Disegno Intelligente, a una biopolitica sui generis, in
cui su ogni materia (embrione, eutanasia, procreazione assistita,
omosessualità), è sempre Dio a fissare le regole.
Ma anche sul piano della storia vi sono mutamenti profondi su cui le religioni
si sono inserite.
Sta drasticamente diminuendo la capacità di pensare un futuro collettivo, di
immaginarlo al di fuori delle proprie aspettative private. La storia appare
quindi a molti orfana di quella logica intrinseca che doveva indirizzarla verso
un determinato obiettivo: il progresso, il regno della libertà o la società
senza classi. Tramonta una cultura che ? tra ´800 e ´900 ? aveva indotto
miliardi di uomini a credere che gli eventi marciassero in una certa direzione,
annunciata o prevedibile. A lungo infatti siamo stati abituati a ritenere che
l´intervento umano fosse in grado di abbreviare il tempo necessario al prodursi
dell´inevitabile. Caduta, senza essere confutata, l´idea di un´unica Storia
orientata, il senso del nostro vivere nel tempo sembra ora disperdersi in una
pluralità di storie, (con la s minuscola) non coordinate, blandamente connesse
alle vicende comuni.
I contraccolpi di tale situazione sono molteplici e ancora da analizzare a
fondo. In rapporto alla crisi del laicismo ne vedo sostanzialmente due.
1) Se
l´avvenire appare sostanzialmente improgrammabile, incerto o addirittura pauroso
(esaurimento delle risorse, riscaldamento globale, fame per miliardi di persone,
terrorismo) se sfugge al controllo degli uomini, esso appare di nuovo a molti
nelle mani di Dio.
Allora le situazioni cruciali e dolorose della vita degli individui (come la
privazione, la perdita, la malattia, la vecchiaia, la morte), vengono giudicate
irriscattabili. Non c´è più alcun processo alchemico che dialetticamente
trasformi in positivo questi elementi negativi. La sofferenza e il sacrificio
delle generazioni presenti non servono a quelle future. La contrazione delle
attese e delle speranze spinge le persone a concentrarsi sul presente. Ciò
comporta però la desertificazione del futuro e rischia di creare una mentalità
opportunistica e predatoria.
2) I
progetti di donazione di un senso collettivo alla Storia costituivano, appunto,
una delle forme di compensazione e risarcimento differito per le attese
individuali inappagate. Oggi questo transfert non funziona più. La politica ?
che si sintonizzava sulla presunta forza delle cose che andavano in una certa
direzione ? deve fare i conti con l´accorciamento dei piani di vita dei singoli
e il ridursi della forza di proiezione delle istituzioni. È qui ? nel
prosciugamento del senso profondo delle esistenze singole e collettive ? che le
religioni si inseriscono: se l´esistenza di individui e comunità è
improgrammabile nei tempi lunghi; se le promesse di paradisi terrestri non si
possono mantenere; se l´identità personale si rivela fragile e basata su
meccanismi impersonali, e le identità collettiva è lacerata da conflitti interni
e esterni; se viene a mancare la consapevolezza (o almeno il presentimento) di
una vita migliore e gli individui sono schiacciati dal quotidiano e il
transeunte; se accade tutto questo allora è facile che ritorni la fede nella
Provvidenza divina e nell´anima immortale. Allora Dio, agostinianamente si
rivela essere il nucleo più profondo dell´identità: «Interior intimo meo,
superior summo meo». La vita, che siamo abituati a considerare nostra, è
indisponibile. E la Storia, come prodotto di una umanità in cammino, capace
di modificare se stessa, viene sostituita dall´idea di una natura umana
immutabile. E così ritorna il "diritto naturale".
Quale deve essere la risposta del laico e della politica a queste legittime
posizioni della Chiesa?
Liberiamoci, in primo luogo, dell´idea che si possa rispondere ad esse in
tempi brevi. Si tratta infatti di ricostruire e riformulare interi blocchi di
pensiero politico e di esperienza, di compiere una vera e propria svolta
culturale, anche attraverso un dialogo rispettoso di chi mostra in negativo cosa
ci manca. Certo, idee e provvedimenti tampone per arginare l´assalto alla
visione laica del mondo sono possibili, ma devono partire dalla constatazione
delle nostre deficienze del fatto che non possediamo l´esclusiva della verità.
Il compito è difficile perché la politica è un´attività fragile, che ha a che
fare con progetti umani variabili, molteplici, in contrasto. Non può scomparire,
dato che non è stato trovato nessun altro modo per comporli. (Provate e stare un
mese senza politica, e vedrete).
Bisogna però affrontare, come diceva Gramsci, una lunga guerra di posizione,
uscendo però dall´appiattimento mimetico sulle idee altrui. L´aspra e severa
bellezza della politica consiste nell´accettare le sfide, soppesare i pericoli,
promuovere i diritti, metabolizzare i conflitti con senso di responsabilità.
È ancora possibile pensare a una società bene ordinata che non rinvii a un
futuro remoto la propria realizzazione e non si lasci irretire nel sogno
regressivo di una comunità etnicamente e religiosamente compatta? E che non
produca uomini e donne d´allevamento? Se non avessimo questa speranza e la
volontà d´attuarla meglio sarebbe lasciare che le cose vadano alla deriva.
Remo Bodei Repubblica 27.5.08