RICOMINCIARE DALLA LAICITÀ
Con il saluto al Duce in
piazza del Campidoglio e l’anatema contro il relativismo culturale del neo
Presidente della Camera si è chiusa la campagna elettorale che ha
definitivamente archiviato la lunga stagione di una sinistra determinante nella
vita politica italiana.
Iniziata con la creazione del Comitato di Liberazione nazionale e confermata con
l’approvazione della Costituzione si era caratterizzata per l’esistenza nelle
Istituzioni pubbliche di un contropotere reale, politico sindacale, nei
confronti del blocco costituito dalle centrali economiche, dalle forze occulte,
dalla gerarchia cattolica. La guerra fredda non aveva, infatti, consentito
all’indomani della fine del secondo conflitto di ripetere l’esperienza che, nel
primo dopoguerra, aveva portato all’avvento del fascismo in alternativa al
“trionfo del bolscevismo”. Quando il partito comunista, il più forte del mondo
“libero”, giunse alle soglie del governo fu necessario l’omicidio di Aldo Moro
per impedire la svolta, pazientemente perseguita, prefigurata nel “compromesso”
con la parte “sana” del progressismo cattolico legittimato dal Concilio Vaticano
II.
Del patrimonio di forza politica e culturale accumulato in quegli anni non è
rimasta energia sufficiente per opporsi al sistema berlusconiano versione
aggiornata del dominio incontrastato dei poteri forti. C’è da chiedersi perché
tutti i tentativi del passato - dal centrosinistra senza Pci allo stesso
compromesso storico senza componenti laiche socialiste - di opporsi a quel
blocco siano stati fallimentari: forse perchè non si sono coinvolti in una
sintesi democratica tutti i suoi oppositori. La storia si è riprodotta in farsa:
ieri è stata inconcludente l’ammucchiata nell’Unione separata dal cartello
radical socialista, oggi fallimentari la solitudine del Partito democratico, il
rissoso condominio degli oligarchi della sinistra arcobaleno, il velleitarismo
socialista e l’isolazionismo dei “minori”.
All’interno di queste strategie perdenti gli errori tattici possono essere
considerati marginali. Attardarsi ad esaminarli può anzi offrire alibi per non
andare al fondo del problema se l’analisi non tiene conto di questo contesto:
contro il blocco clerico-capitalistico non si vince divisi.
In particolare il fallimento della lista di Boselli, da un lato, e della
candidatura di Grillini a Roma dall’altro, offre occasione e materiale per
riflettere sulla possibilità che la laicità diventi bandiera elettorale al di
fuori di uno schieramento democratico di sinistra. Entrambe le liste sono state
ignorate su tutto il territorio nazionale com’è stata impietosamente bocciata la
lista di Ferrara. Anche Casini è rimasto al palo magari raccogliendo orfani
della Margherita e voti clientelari piuttosto che voti “cattolici”. Emblematico
il voto del Veneto bianco diventato voto leghista.
C’è da chiedersi se il tema della laicità, pur nella sua indubbia specificità,
abbia rilevanza elettorale, quindi politica, al di fuori di una strategia
generale. La battaglia per la laicità delle istituzioni deve essere inserita
nella più generale lotta per la loro democratizzazione reale cioè per la
costruzione di un sistema politico in cui i poteri forti non la facciano da
padroni.
La laicità non deve essere usata per creare identità partitiche o fondare
strategie autonome ma rilanciata all’interno di una politica per realizzare la
giustizia sociale fondata sul primato del lavoro, la libertà d’informazione,
l’efficienza della Pubblica amministrazione, la giustizia giusta, la lotta alle
mafie, l’equità fiscale, in una parola, un’autentica Repubblica democratica
fondata sul lavoro.
L’occasione è propizia perché le oligarchie che hanno fin qui monopolizzato la
gestione della politica della sinistra sono costrette a mettersi in discussione
dal fallimento delle loro scelte.
È necessario però che la laicità non si presenti come appendice di un’ideologia,
ma come cultura che colloca il potere clericale all’interno del blocco dei
poteri forti; come metodo che consente di ridimensionare ogni ideologia; come
valore da promuovere per garantire a culture e religioni diverse di contribuire,
in piena autonomia, alla costruzione di un’etica universale in grado di
garantire la convivenza pacificamente conflittuale necessaria per evitare
l’implosione del pianeta terra. In una parola come l’altra faccia della
democrazia.
P.S. :Nel 1971 le Comunità cristiane di base si costituirono in movimento
unitario, rispettoso delle loro diversità e dell’autonomia di ciascuna,
cimentandosi in un convegno con il tema Strutture clericali: Il Concordato come
strumento di potere contro la liberazione del popolo di Dio, contro l’unità
delle masse operaie e contadine, contro la giustizia nel mondo.
Marcello Vigli
2 maggio 2008
da www.italialaica.it