VERSO UNA LAICITÀ ‘NEGOZIABILE’.
MODERNITÀ E COMPLESSITÀ SOCIALE NEL PENSIERO POLITICO DEL CARD. MARTINI
"Quella di Martini non è un proposta ‘moderata’ né in cerca di moderati. Per Sturzo la moderazione era uno sguardo interno alla politica medesima che la faceva anzitutto attenta al suo limite e le impediva di proporsi come salvezza secolare". Con queste parole, tratte dal volume Martini "politico" e la laicità dei cristiani (ed. San Paolo, 132 pagg., 12 euro) Giovanni Bianchi – presidente nazionale delle Acli dal 1987 al 1994 e deputato dal ‘94 al 2006 – sintetizza il pensiero "politico" del card. Carlo Maria Martini. Secondo Bianchi, Martini guarda ai conflitti che attraversano la società e la Chiesa italiana con la serenità e la distanza della fede, ma anche quella di chi è consapevole di vivere dentro un contesto assai più lacerato, come quello che caratterizza la Terra Santa. Ciononostante, lo sguardo di Martini alla società ed al tessuto ecclesiale del nostro Paese resta di profonda consapevolezza e partecipazione. E rappresenta un riferimento importante per i credenti: "Il pastore - afferma Bianchi - non va da Bruno Vespa a Porta a Porta né lancia proclami in affollate conferenze stampa vaticane. Il pastore è come compagno di strada, fornito dall’occasione e suggerito dalla ricerca di chi ha sete di discernimento". Così, di fronte all’assalto frontale delle gerarchie alla modernità, divenuto ormai parte costituente dell’attuale dibattito politico, Martini afferma che "per essere credibili bisognerà porsi non tanto al di sopra delle parti quanto al di sotto delle parti, ossia nella profondità della coscienza civile del Paese". La riflessione sulla modernità, ricorda Bianchi seguendo le orme del cardinale, costringe a mettersi "in ricerca e chiede che la ricerca resti aperta", "che non si proceda deducendo soltanto dai principi". La tirata d’orecchi è esplicita ed è diretta a quanti – gerarchie, movimenti e singoli credenti – proclamano la ‘non negoziabilità’ dei valori o denunciano il relativismo culturale come la grande piaga della modernità, costringendo alla "rapida chiusura di un confronto" con la storia e con le persone. "La Bibbia - prosegue Bianchi citando il card. Martini - non ha ‘come scopo principale di imporre all’uomo gravosi precetti morali’; ‘al contrario, ha lo scopo di rassicurare, confortare, incoraggiare l’uomo, rivelandogli che Dio è dalla sua parte, lavora per lui e per il suo vero progresso e sviluppo’". "La stessa istituzione Chiesa – non è chiamata a confrontarsi soltanto con modernità o antimodernità, ma molto più francamente con le beatitudini del Discorso della Montagna".
L’invito di Martini prende le mosse dall’abbandono degli assoluti – la deposizione delle armi – e dalla continua ricerca, che necessariamente deve coinvolgere ogni credente che vive in una società in mutamento, caratterizzata da una aumentata complessità culturale e politica. Lo stesso concetto di laicità "è un rapporto tra come pensiamo Dio e come pensiamo Cesare, tra la Chiesa e lo Stato, tra la coscienza collettiva e le istituzioni. Un rapporto che muta ed è profondamente mutato" nel corso della storia. E quindi impedisce l’imposizione, da ambo le parti, di visioni manichee. Inoltre, visto che la società multietnica "non è una parentesi, ma un destino", bisogna formulare una teoria della laicità che comprenda e spieghi anche la diversità, perché, ovviamente, i nuovi cittadini che popolano l’Italia non sono tutti cattolici e devono convivere nonostante provenienze culturali e codici etici differenti. In quest’ottica, prosegue l’autore, "l’etica cattolica è sempre meno sovrapponibile all’etica di cittadinanza". "Si tratta di trovare un consenso etico tra culture per evitare quantomeno il rischio realissimo di abitare città divenute agglomerati di ghetti contrapposti". Occorre ricordare poi che, oltre al fenomeno migratorio, che ha introdotto culture e religioni diverse, la modernità ha generato una profonda diversificazione dell’opinione pubblica nella società civile italiana. Il "legislatore cristianamente ispirato" dovrà certamente mediare i suoi principi senza nasconderli, "ma una legge prodotta da un sistema democratico deve tener conto delle maggioranze e minoranze che si sono andate formando nella pubblica opinione e nel Paese". La complessità e l’eterogeneità culturale costringono il cristiano moderno ad uno sforzo maggiore, ad abbattere le barricate e a non vivere più di certezze inamovibili: "Le ‘zone grigie’. La laicità del grigio… Il non sottovalutare e il non accorciare la fatica della ricerca". Il rischio che nasce altrimenti dallo scontro aprioristico tra le parti in causa annichilisce di fatto il significato della fede e riduce il "messaggio cristiano a ‘fatto culturale’, slegato dall’appartenenza di fede, che permette ad atei politicanti (generalmente di destra) di farne uno strumento di potere senza dover fare la fatica di credere all’Incarnazione e alla Resurrezione". (giampaolo petrucci)
Adista notizie 21 - 2008