Laicità. Il rapporto tra fede e ragione
Nel secolo della
rivoluzione biogenetica la scienza ha soppiantato la politica
Per la Chiesa si
apre un'inedita «questione antopologica»
«La scienza non redime l'uomo. La scienza può anche distruggere l'uomo e il
mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa». Non
c'è nell'Enciclica Spe Salvi una frase che con più coincisione esprima l'idea di
Papa Ratzinger circa il rapporto con la scienza. Con il richiamo alla eteronomia
della scienza (se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di
essa) Papa Ratzinger propone una visione dell'uomo in cui ragione ed etica sono
sia irrimediabilmente separate, sia fortemente gerarchizzate: prima viene
l'etica, poi la ragione.
Ma dopo Darwin (e Marx, e Freud) è difficile per tutti sottrarsi a una visione
storico/evoluzionista dell'uomo: dell'uomo nella sua unitaria capacità sia di
elaborare ragionamenti astratti, sia di elaborare giudizi etici. Entrambe le
dimensioni coesistono e coevolvono, come ci indica Damasio (Alla ricerca di
Spinoza ) e tanti altri neuroscienziati. La laicità incrocia entrambe le
dimensioni, nel loro procedere, e, a sua volta, è un prodotto della storia.
La laicità è storicamente il prodotto dell'Umanesimo-Rinascimento, ha ovviamente
molti precursori, svariati testimoni; il portale d'ingresso del mondo moderno è
presidiato però da due opere classiche, anche se di argomento molto diverso: I
Dialoghi intorno a due nuove scienze di Galileo Galilei ed Il Principe di Nicolò
Machiavelli.
«Il mio talento - diceva Galilei - è di proporre una nuovissima scienza che
tratta di un antichissimo argomento. Forse non è in natura cosa più antica del
moto, intorno al quale i libri scritti dai filosofi non sono né pochi né
piccoli: tuttavia ho discoperto, con l'esperimento, alcune proprietà di esso,
degne di venir conosciute e che fin qui non sono state osservate, né
dimostrate».
A proposito dei nuovi Principati, Machiavelli diceva che «gli è parso più
conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa che alla
immaginazione di essa».
Galilei quindi, che sostituisce al detto di Isaia - se non crederete non
capirete - e alla agostiniana «intelligenza illuminata dalla fede», la ragione
che illumina se stessa, come poi avrebbe detto Spinoza; Machiavelli quindi, che
sostituisce al detto di San Paolo - ogni potere viene da Dio (nulla potesta nisi
a Deo) - la virtù del Principe e la sua fortuna.
Con Machiavelli, la laicità della politica trova per la prima volta la sua
fondazione teorica. La laicità, a partire dal Rinascimento, scorre per tutto il
Lungo Illuminismo sui due binari: da una parte religione/politica, dall'altro
fede/scienza. Storicamente i due binari si sono sovrapposti o distinti o in
dialettica fra di loro, pur avendo a riferimento una stesso principio,
l'autonomia della ragione; sicuramente sulla affermazione concreta del processo
di laicità l'evoluzione della relazione religione/politica ha pesato in termini
più diretti e massicci della evoluzione della relazione scienza/fede.
Nel Lungo Illuminismo - rispetto alla laicità - il tratto dominante è stato
impresso dal rapporto religione/politica piuttosto che dal rapporto
fede/scienza: Machiavelli ha pesato molto di più di Galilei. La tesi che vorrei
proporre è che il secolo che si apre - il secolo biotech, come chiamato da
alcuni, la combinazione cioè tra rivoluzione informatica e rivoluzione
biogenetica - cambia l'ordine dei fattori e quindi, l'ordine del discorso: il
tema scienza/fede assume e assumerà sempre più un peso dominante rispetto al
tema politica/fede, aspetto che, sul versante della Chiesa sembrava aver trovato
una sua sistemazione, con il tentativo operato da Maritain e da altri di
cristianizzare la modernità.
Ma il tema scienza/fede può aprire una nuova Questione Galileiana. Infatti,
rispetto al passato, il peso della relazione scienza/fede sarà progressivamente
dominante proprio per la pervasività che la rivoluzione scientifica ha di
investire non solo tutti gli aspetti della vita quotidiana, ma la stessa vita e
le sue scansioni. Il matrimonio tra rivoluzione informatica e rivoluzione
genetica costituisce una valanga scientifica, tecnologica, produttiva, di
potenza inedita: come alcuni sostengono, se il secolo ventesimo è stato il
secolo della fisica e della chimica, il secolo che si apre sarà il secolo della
biologia.
La rivoluzione genetica corre sulle ali della potenza di calcolo, messa a
disposizione dalla rivoluzione informatica, che a sua volta procede a velocità
esponenziale.
Il cambiamento, dalla scienza come fisica alla scienza come biologia, per usare
tale metafora, avviene nell'ultima parte del secolo e niente illustra meglio
questo cambiamento che la cancellazione da parte del Congresso Americano (come
racconta Lewontin), negli anni 90, del costosissimo progetto del Supercollider
destinato a scoprire gli ultimi mattoni costitutivi della materia, e la
contemporanea approvazione del costosissimo Progetto Genoma Umano, progetto che
nel 2000 porterà a individuare la sequenza completa del Dna.
È attraverso il progetto Genoma Umano, come sostengono Lewontin, Gould, Watson
etc., che la scienza biologica ha preso il posto delle scienze fisiche
classiche, sia per prestigio che per potenza economica, tanto nella comunità
scientifica che presso l'opinione pubblica. Il progetto Genoma Umano rappresenta
quindi uno spartiacque storico, non solo per la storia della scienza ma per la
storia in generale; da qui si origina la vera uscita del Novecento, la grande e
inedita questione che riproblematizza i termini storici della stessa laicità.
Anche simbolicamente è necessario partire da qui, per reimpostare il discorso
della laicità, perché solo così saremo in grado di ricomprendere i termini della
nuova complessità e affrontare l'effetto di spiazzamento che tale spartiacque ha
determinato sulle varie forze sia religiose che laiche. Sinteticamente,
pervasività e velocità costituiscono gli aspetti dominanti della Rivoluzione
biogenetica: le nuove conoscenze scientifiche sono il motore evolutivo della
società contemporanea, informano la cultura come l'economia e continuamente
modificano la percezione che l'uomo ha di sé, del proprio ambiente, della
propria vita quotidiana, fino a rendere impervio il processo di metabolizzazione
sociale degli stessi esiti scientifici.
Siamo infatti la prima generazione che conosce i meccanismi in base ai quali
l'umanità si è evoluta e che, forse, ha la possibilità di aprire una porta
all'infinito sapere, piuttosto che quella di porre una barriera all'infinita
ignoranza. Siamo entrati, come alcuni sostengono, nell'era della riproducibilità
tecnica dell'uomo; la decifrazione del genoma rende possibile interventi che
gettano una luce, impensabile fino ad oggi, sulla condizione umana; l'ingegneria
genetica, mette a nostra disposizione la nostra stessa base biologica. Infine,
la biogenetica, sostiene Boncinelli, si avvicina sempre più all'essenza
dell'essere umano, alla sua mente.
L'attacco della Chiesa al relativismo, alla «cultura basata su una razionalità
puramente funzionale» (la sensata experientia Galileiana), apre, a ben vedere,
oltre a un conflitto politico più o meno contingente con il mondo laico, un
conflitto culturale ancora più profondo con il mondo scientifico: conflitto di
enorme portata e con implicazioni generali su tutti i piani e senza confini.
Karol Wojtyla aveva cercato di chiudere la ferita aperta di Galilei,
riconoscendo l'autonomia della ricerca scientifica, ponendo però allo stesso
tempo due limiti: le applicazioni della conoscenza scientifica (vedi ad esempio
le politiche di controllo demografico) e soprattutto la ricerca intorno
all'uomo.
In questi casi, sosteneva Wojtyla, la religione ha il dovere di intervenire per
delimitare la sfera di competenza della scienza. «Con la ricerca del codice
genetico - sosteneva già il Cardinale Ratzinger - la ragione si impossessa delle
radici della vita», e impossessandosi di quelle radici tende sempre più a non
vedere nell'uomo un dono del Creatore (o della Natura) e a trasformarlo in un
prodotto. Così che, attraverso la genetica, l'uomo viene «fatto» e ciò che si
può fare si può anche disfare; la natura e la dignità dell'uomo, concludeva
Ratzinger, allora scompare.
Dall'avanzare di tale processo, per la Chiesa, emerge una inedita questione, la
questione antropologica, con il suo seguito di sacralità della natura umana e di
valori non negoziabili. Qui sta il nuovo nocciolo duro del nuovo conflitto tra
religione e scienza, tra fede e ragione: torna la concezione agostiniana
dell'intelligenza, che è tale solo se illuminata dalla fede; torna l'idea che la
conoscenza dell'uomo, nei suoi aspetti più intimi, appartenga solo alla
religione e sia - e debba essere - preclusa alla ragione e alla scienza; torna
la concezione della Chiesa come «maestra e monopolista del discorso etico».
Il significato più profondo di tale posizione, anche se schematicamente, mi
sembra così riassumibile: la posizione della Chiesa riconfigura un ritorno della
«questione cattolica», nella sua essenza, sotto specie di «questione
biotecnologica». Ma se la scienza che si occupa dell'uomo, è a sua volta una
delle manifestazioni più grandi della scienza prodotta dall'uomo, ricostruire
«una pace autentica tra ragione e fede» non sarà un compito semplice per Papa
Ratzinger: sta infatti soprattutto qui - nel secolo biotech - il nodo da
sciogliere e la stessa possibilità di traghettare la Chiesa nella società della
conoscenza, Chiesa che ha metabolizzato Maritain ma non De Chardin.
Ma sta anche qui, per la Sinistra laica, la necessità di reimpostare il proprio
compito, all'altezza della propria storia, senza addomesticare i termini del
problema, in nome delle esigenze tattiche del momento: dopo la gramsciana «quistione»
vaticana, dopo la novecentesca Questione Sociale, questioni che hanno trovato
nella storia recente una loro qualche composizione, la nuova sfida che lo
sviluppo della rivoluzione scientifica propone, ha al centro la così detta
questione antropologica per un verso, o questione galileiana per un altro, con
tutte le ricadute, a cascata, su eticità, laicità e politica. Dipanare tale
groviglio di questioni - la nuova questione galileiana, per intenderci - sul
versante della sinistra laica, non sarà facile, ma Galilei e Machiavelli stanno
lì, toujours en vedette. In tale scenario la vicenda della Sapienza è solo un
segno dei tempi.
Luigi Agostini il Riformista 4.3.08