L'attacco alla libertà nel nome di Dio (e del mercato)
Non so se è giusto dirlo in modo così brusco, apocalittico, ma non trovo una
forma più "lieve": ho l'impressione che ci troviamo di fronte a una forte ondata
reazionaria, con tratti eversivi, guidata da forze potenti, vastissime, e anche
diverse tra loro, le quali mirano a ristrutturare profondamente la nostra
società, ristabilendo un meccanismo piramidale e gerarchizzato. Una sorta di
catena di comando, con grandissime capacità di controllo sociale e di
orientamento del senso comune, che diventi lo scheletro di una nuova idea del
liberismo, nella quale tutti gli interessi generali sono ricondotti al mercato e
tutte le libertà sono ridotte a una sola libertà, essa stessa interna e
subordinata al mercato.
E' su questa ipotesi "neo-autoritaria"- mi scuso di nuovo per la rudezza delle
parole, ma di nuovo vi dico che non ne trovo altre - la borghesia italiana,
scompaginata negli ultimi vent'anni dalla sua debolezza politica e dalla sua
fragilità intellettuale, sta cercando di ricomporsi e di riprendere in mano le
redini. Il passaggio decisivo per la riuscita o il fallimento di questo disegno
sono le elezioni di aprile. E la borghesia italiana intende vincere le elezioni
giocando non solo su un "cavallo", ma sull'intero schieramento politico di
centro e di centro destra. Più avanti vedremo come.
Ne abbiamo discusso ieri, a lungo, nella riunione di redazione, e sebbene
ciascuno di noi usasse parole diverse, sfumature, angoli di vista che non
coincidevano perfettamente, ci siamo trovati d'accordo sul segno generale di
questa operazione, di questa fase storica. Che procede appoggiandosi sulle gambe
di diverse forze politiche e di diversi leader. Montezemolo, che è il più
lucido, quello con il disegno più preciso. Berlusconi, il quale ha capito che
non ce la fa a vincere da solo e ha bisogno dell'appoggio di tutte le classi
dirigenti e non solo di quelle più amiche. E poi Casini, Ferrara e altri ancora,
che cercano il loro spazio, il loro compito, portando robusti argomenti e
specifiche idee di restaurazione. E infine, con un ruolo defilato, incerto, ma
che può diventare decisivo, il partito democratico, che ancora è dilaniato dal
contrasto tra la forza delle sue tradizioni, delle radici riformiste, e la
tentazione di cercare una propria vocazione egemonica nella dialettica senza
rete e senza "paletti" col centrodestra, e in una nuova e definitiva investitura
da parte della grande borghesia e dei grandi poteri.
Mettiamo in fila due o tre cose, e vediamo se poi si trova il filo che le
unisce.
Prima cosa, la barbarica irruzione dei carabinieri in una clinica per fermare un
aborto legale. Azione incredibilmente simile a quelle che in America, ogni
tanto, sono condotte dai gruppi terroristi antifemministi. Irruzione avvenuta
nel mezzo di una campagna furibonda, condotta dalla Chiesa, da pezzi dello
schieramento politico cattolico, da Giuliano Ferrara, da molti intellettuali e
giornalisti conservatori, tesa alla criminalizzazione dell'aborto, e delle donne
che lo praticano o ne contemplano la possibilità. Conta poco il fatto che molti
di loro dicano di non voler toccare la legge 194 (quella che autorizza
l'interruzione della gravidanza). Conta che questa campagna per la moratoria
(sostenuta direttamente dal pontefice) punta a screditare quella legge,
svuotandola dei valori e dei diritti che essa afferma. Provo a spiegarmi con un
esempio: noi potremmo decidere che non intendiamo mettere in discussione il
diritto alla proprietà privata, ma invitiamo i cittadini a violarlo, dichiariamo
comunque che la proprietà privata è un furto e che occorre fare qualcosa, in
tutto il mondo, per impedire che questo furto (che ha alienato quasi tutta la
ricchezza disponibile) continui ad essere perpetrato. Non sarebbe una campagna
illegittima, da nessun punto di vista, ma certo non potremmo negare che avrebbe
un carattere sovversivo.
Secondo argomento: il lavoro, la precarietà, la riduzione dei diritti
individuali e collettivi, l'attacco al contratto collettivo di lavoro, l'idea di
iniziare a smantellare lo Statuto dei lavoratori. Tutti temi molto forti nei
programmi elettorali di Berlusconi e sui quali nel Pd avanza la tentazione di
accodarsi, almeno in parte (è vero che il ministro Damiano è stato messo a
margine nell'elaborazione del programma economico, sostituito da Ichino, perché
considerato eccessivamente sindacalizzato? Corre voce...). Cosa rappresenta
questa linea politica? La volontà di ristabilire la totale subordinazione del
lavoro al profitto, e dei singoli lavoratori ai loro capi e alla loro impresa.
Terzo argomento, la nuova smania di semplificazione politica. Aboliamo i partiti
piccoli, riduciamo gli assemblearismi, semplifichiamo la politica, tagliamo gli
enti locali, le assemblee, il decentramento...
Naturalmente una modesta dose di semplificazione in una politica eccessivamente
frastagliata è giusta, perché permette alla politica di non venire travolta
dagli altri poteri. Ma la politica e la democrazia sono complesse, e la libertà
è molto, molto complessa. L'eccesso di semplificazioni l'uccide. L'eccesso di
semplificazione però è funzionale al "comando". Più è semplificata la struttura
della democrazia, più è facile decidere. Meno è forte la partecipazione più
funziona il comando e la gerarchia.
Ecco il comune denominatore tra questi tre fenomeni: quello del fondamentalismo
religioso antiabortista, quello della competitività in fabbrica, quello della
semplificazione del sistema politico (e dell'invocazione presidenzialista e
gollista). La restaurazione. Il ristabilimento delle gerarchie come chiave di
volta delle relazioni sociali, civili e politiche. La fissazione di autorità
assolute che poi, alla fine, diventano due sole: Dio e il mercato. Dio (badate:
dio maschio) e il mercato hanno diritto assoluto sulla mente e sui corpi. Anche
il diritto di prendersi la libertà di tutti, sussumendola nella propria libertà.
E affermando il proprio dominio legittimo. Innanzitutto sui corpi delle donne,
che sono loro strumenti, e devono accettare il senso di questa missione e capire
il valore dell'obbedienza e della loro funzione. E poi su corpi, la mente, le
mani, la forza fisica e intellettuale degli operai, dei lavoratori dipendenti,
soprattutto dei precari, i quali devono diventare essi stessi mezzi di
produzione al servizio della competitività, cioè dell'impresa alla quale
appartengono, cioè del mercato che ogni cosa regola e ordina. E infine, Dio e il
mercato - e l'interesse generale che si riferisce alla loro gloria - hanno il
diritto di limitare le libertà politiche, riducendo la complessità e cancellando
o marginalizzando il dissenso e la libertà di pensiero.
La gerarchia è la nuova frontiera del liberismo. Non c'è più contrapposizione
tra libertà e uguaglianza. La libertà diventa nemica in quanto portatrice di
"rischi" di uguaglianza, cioè di disordine, cioè di perdita di gerarchia.
Alle prossime elezioni questo disegno sarà messo alla prova. Badate che il suo
successo o la sua sconfitta non sarà determinato dall'equilibrio tra destra e
centro, tra Berlusconi e Veltroni. Dipenderà dalla forza che riuscirà ad
ottenere la sinistra, cioè l'opposizione. E dipenderà anche dalla capacità della
sinistra di mettere insieme le tre questioni: la libertà delle donne (e delle
persone), la libertà e i diritti del lavoro, la libertà politica. La sinistra
spesso somma queste tre grandi battaglie. Ci è riuscita per esempio il 20
ottobre, con quel grande corteo a Roma. Non è mai riuscita però a fonderli, a
capire che sono legati, coordinati e subordinati l'uno a l'altro. Dovrebbe fare
un grande sforzo su questo campo, se pensa di potere avere uno scatto di qualità
nella sua presenza politica. Ci sarebbe bisogno di una grande mobilitazione
intellettuale.
Piero Sansonetti Liberazione 14.2.08