Perché abbiamo contestato il papa
Docenti e studenti all'incontro organizzato all'università La Sapienza
da Sinistra critica. Tra loro, Carlo Cosmelli, uno dei 67 fisici firmatari
Tutto finito? Cosa è rimasto dopo la famosa lettera di protesta dei 67 docenti
di fisica della Sapienza? E quale segno ha lasciato nei collettivi studenteschi
la battaglia contro la scelta (politica) del rettore Renato Guarini di invitare
Benedetto XVI all'inaugurazione dell'anno accademico? Se si guarda alla cronaca
sembra acqua passata. Il rettore è tornato in un cono d'ombra come se l'intera
storia non fosse partita da lui. E nel silenzio dei media sono tornati anche gli
studenti, isolati come sempre nel denunciare i tagli all'università pubblica (e
laica).
Eppure le ragioni politiche di chi ha contestato sono ancora in gioco. Che sulle
pagine dei giornali si parli di moratoria contro l'aborto o di rianimazione
coatta dei feti l'argomento è sempre quello, la laicità e il rapporto tra Stato
e Chiesa. La religione cattolica ha il monopolio della verità? E' possibile che
non ci sia altra morale al di fuori di quella ammessa dalle gerarchie vaticane?
La politica, la scienza, l'etica, sono chiamate a rispondere alla sfida, a
cercare criteri di legittimazione autonomi, a non accettare l'idea che solo chi
ritiene d'avere Dio in tasca sia autorizzato a spiegare il mondo e a parlare
della verità. Ecco perché la battaglia iniziata da docenti e studenti alla
Sapienza è ancora attuale e non va lasciata cadere - anche perché qui si gioca
una delle discriminanti nello scenario politico italiano tra il Pd e quello che
si muove alla sua sinistra. Alla Sapienza di Roma ieri s'è svolta una tavola di
discussione, "Diritto al dissenso", organizzata da Sinistra critica con Carlo
Cosmelli, uno dei firmatari della lettera dei 67 docenti di fisica, lo storico
Angelo d'Orsi - a sua volta promotore di un appello a sostegno dei docenti
romani - Giorgio Sestili, studente del collettivo di fisica e del coordinamento
dei collettivi, e Cinzia Arruzza, ricercatrice di Sinistra critica.
Ancora oggi gli studenti non si spiegano il fuoco di sbarramento dei media.
«Perché? Di solito i giornali non si accorgono delle nostre iniziative. Il Papa
sarebbe potuto venire e tenere il discorso. All'indomani i giornali avrebbero
potuto dipingerci come la solita frangia minoritaria. E invece non hanno
accettato il dissenso, ci hanno presentato come intolleranti. E oggi siamo
ritornati invisibili, come sempre. Noi parliamo dei tagli alla ricerca e alla
didattica e nessuno se ne accorge. L'università è devastata e la Chiesa mantiene
i suoi privilegi e non paga l'Ici. E poi, l'inaugurazione dell'anno accademico
non è un momento di confronto, è l'appuntamento più simbolico dell'università
pubblica e laica».
Ma ci può essere interlocuzione tra scienziati e credenti sul terreno della
ricerca? «Uno scienziato può anche credere in Dio - dice Carlo Cosmelli - ma
questo non ha nulla a che fare con la ricerca. E' una questione di metodo. Un
Essere supremo potrebbe anche esistere ma per uno scienziato è indifferente
perché nella descrizione degli eventi naturali non deve ricorrere a cause
esterne. Questo è il naturalismo metodologico. Se la nostra macchina si ferma la
portiamo dal meccanico. Nessuno si sognerebbe di tirare in ballo una causa
soprannaturale». Perché è irricevibile il pensiero teologico di Benedetto XVI?
Perché parte dall'equiparazione di ragione e fede - spiega Cosmelli - perché la
ragionevolezza sfuma nell'idea di obbedienza alla verità e perché la verità
finisce per coincidere, a sua volta, con la morale dettata dalle gerarchie
cattoliche. Comincia col dire che Dio è logos e finisce con l'etichettare
immorali e tendenzialmente malvagi tutti coloro che vanno "contronatura".
Omosessuali in prima fila. Un vero manifesto etico-politico. Ma «non c'è nesso
automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era cattolico e
Russell era ateo».
La sfida è alta e i laici devono attrezzarsi per confliggere con un pensiero che
ha l'ambizione d'essere chiave di lettura globale del cosmo. «La Chiesa ha un
apparato e una stuola di intellettuali da far invidia. Perché si scagliano
contro il pensiero queer, contro Judith Butler, contro l'idea che i generi non
siano biologici, ma una costruzione simbolica? Perché la Chiesa pensa che la
differenza biologica tra i sessi sia a fondamento di ruoli differenti, definiti
una volta per tutte, tra uomo e donna, nella famiglia e nella società intera.
Vede come fumo negli occhi ogni pensiero che metta in discussione l'ordine della
natura». Non basta però contrapporre al fronte oscurantista la fede nel
progresso. «Noi laici dobbiamo interrogarci sullo statuto della scienza, sulla
dipendenza dal potere economico, sulla proprietà dei brevetti e su un modo di
produzione alternativo».
Ma quali sono le radici di questa anomalia italiana? «Vanno cercate nella nostra
storia», dice Angelo d'Orsi che intanto nelle firme a sostegno dei docenti
romani è arrivato a quota millecinquecento. «L'esistenza di un potere politico,
militare e giudiziario della Chiesa ha impedito che il nostro paese diventasse
uno Stato nazionale e moderno come le altre nazioni europee. E questo ha avuto
conseguenze gravissime anche sul piano culturale e civico. Perché gli italiani
sono individualisti e non hanno senso del pubblico? L'unico periodo laico del
nostro Stato è quello postrisorgimentale. Dopo di allora l'idea della
separazione tra Stato e chiesa di matrice cavouriana è stata affossata. Prima
dal fascismo con i Patti lateranensi, poi con la grande occasione mancata della
Costituzione - vedi articolo 7 - e infine la revisione del Concordato voluta da
Craxi. E' possibile che oggi a dettare l'agenda politica in questo paese debba
essere un uomo come Giuliano Ferrara che si vanta di non aver mai terminato gli
studi universitari e chiama "asini" i docenti? E poi smettiamola di dire che al
Papa non viene riconosciuta libertà di interloquire. Giornali e televisioni sono
pieni dei suoi discorsi».
Tonino Bucci Liberazione 7.2.08