L’abbandono della
neutralità laica
Nel suo articolo “Laicità” del Dictionnaire de pédagogie et d’instruction
primaire (1880-1887),
Ferdinand Buisson scriveva che l’essenza dello stato laico consisteva nel fatto
che fosse “neutro tra
tutti i culti, indipendente da tutti i cleri, sgombro da ogni concezione
teologica”. Da qui derivava
l’esigenza di neutralità dell’insegnante laico, il quale, nell’esercizio delle
sue funzioni, non doveva
prendere posizione, aggiungeva Buisson, “né a favore né contro nessun culto,
nessuna Chiesa,
nessuna dottrina religiosa”. Questa esigenza non si imponeva solo
all’insegnante, ma a tutti i
rappresentanti dello Stato (e a maggior ragione al primo fra loro) nella sfera
pubblica.
Il discorso del Laterano e il concetto di “laicità positiva” affermato da
Nicolas Sarkozy non si
oppongono forse direttamente a questa esigenza fondamentale di neutralità?
“Sgombro da qualsiasi
concezione teologica”? Nicolas Sarkozy vi celebra la virtù teologale della
speranza nella sua
accezione religiosa, alla quale conferisce un valore maggiore che alle speranze
secolari, e allo stesso
modo il confronto tra il maestro e il prete va a favore del secondo. “Neutro tra
tutti i culti”?
Manifestando ostentatamente in un discorso pubblico la sua fede cattolica, e al
contempo
inneggiando alla recente legge (detta “legge sul velo”) che proibisce nella
scuola pubblica
l’ostentazione di simboli religiosi, l’approvazione della quale mostrerebbe a
suo giudizio
“l’attaccamento dei Francesi alla laicità”, o il presidente soffre di un serio
problema di logica, o
suggerisce che una manifestazione ostentata di appartenenza religiosa nel quadro
di funzioni
pubbliche non è incompatibile con la laicità quando si tratta di cattolicesimo
(del presidente,
almeno), mentre essa è inaccettabile per l’islam (delle liceali). Si sa che
Nicolas Sarkozy non era
molto favorevole a questa legge.
E’ la nozione di “laicità positiva” che apre la breccia, sul piano teorico, nel
principio di neutralità: il
discorso suggerisce così che la laicità sarebbe stata, fino ad oggi, “negativa”
o ostile rispetto alle
religioni, il che conduce ad una sorprendente svalutazione della legge del 1905.
Invece, la legge del 1905 non era né “positiva” né “negativa” rispetto alle
religioni, era “neutra”,
precisamente: fondata sul principio dell’uguale libertà di coscienza, garantisce
a tutte le religioni il
libero esercizio del culto, escludendo la possibilità di un finanziamento delle
religioni da parte dello
Stato o di una partecipazione dei cleri all’insegnamento pubblico, garantendo
così il diritto per delle
coscienze atee o agnostiche di non subire del proselitismo religioso da parte
dello Stato, così come
per i credenti di non subire propaganda di Stato in favore dell’ateismo.
Credere di poter sostituire alla neutralità laica una laicità “positiva”
conforme alla visione positiva
che ha Nicolas Sarkozy delle religioni in generale e del cattolicesimo in
particolare, è trasgredire
questo principio fondamentale. Immaginiamo che un prossimo presidente sia un
ateo convinto: se
imitasse la pratica instaurata da Nicolas Sarkozy e facesse passare a sua volta
le sue convinzioni
private nella sfera pubblica, avrebbe tutta la libertà di proclamare ovunque
(per “tradurre” con
formule analoghe, in questa prospettiva, alcuni passaggi scelti dei discorsi del
Laterano e di Ryiad)
che “Dio non è nient’altro che un’illusione sotto la quale l’uomo si umilia”,
che “la Repubblica ha
bisogno di atei militanti che non si lascino illudere da speranze illusorie e
lavorino al
miglioramento reale, quaggiù, delle condizioni di vita”, che la Repubblica ha
bisogno di una
“morale liberata dalle false trascendenze e risolutamente umana”, che la
vocazione di prete, che
consacra la sua vita ad un essere fantomatico, è di minor valore della vocazione
del maestro…
Come reagirebbero i credenti a tali dichiarazioni? Queste dichiarazioni
favorirebbero la pace civile?
Senza dubbio, essi ricorderebbero a quel presidente dimentico del principio di
neutralità la bella
frase di un artigiano cristiano della laicità, l’abate Grégoire: “Che importa la
mia religione allo
Stato? Che un individuo sia battezzato o circonciso, che preghi Gesù, Allah o
Jehovah, tutto questo
è al di fuori dell’ambito politico.” Con la sua “laicità positiva”, Nicolas
Sarkozy ha deciso
diversamente: la sua religione deve importare allo Stato, o piuttosto, forse,
tutte le religioni (almeno
quelle monoteiste, se si segue la teologia politica del discorso di Ryiad)
devono ormai poter contare
sul sostegno della Repubblica nella loro opera civilizzatrice.
Ma allora, piuttosto che pretendere di realizzare una leggera inflessione
rispetto alla laicità
repubblicana del 1905, alla quale, tra due battute, si rende un omaggio molto
formale amputandola
nel contempo di un principio fondamentale, il presidente e i suoi consiglieri in
materia dovrebbero
dire francamente che abbandonano il principio repubblicano della neutralità
dello Stato e dei suoi
rappresentanti, nella sfera pubblica, in materia confessionale.
Jean-Claude Monod (Filosofo, della Ecole normale supérieure)
in “Le Monde” del 29 gennaio 2008