LA "SAPIENZA" DI STRUMENTALIZZARE
 

Amicus Plato, sed magis amica veritas" ("sono amico di Platone ma più ancora della verità"): mi sento figlio della Chiesa ma sento di dover dire la verità o meglio, come modestia impone, quella che a me sembra chiaramente tale. Non è assolutamente vero che al Papa è stato impedito di parlare all’Università della Sapienza in occasione della inaugurazione dell’anno accademico. È vero invece che 67 insigni docenti hanno pubblicamente dichiarato la loro contrarietà all’intervento del pontefice chiedendo al rettore di revocare l’invito e che alcune centinaia di studenti universitari hanno espresso analoga opinione annunciando, con la pungente vivacità propria delle proteste giovanili, un raduno alternativo alla cerimonia ufficiale. Nessuna minaccia di violenze quindi e nessun pericolo di turbamenti dell’ordine pubblico, come peraltro aveva ufficialmente assicurato il ministro dell’Interno in persona. Se la manifestazione si annunciava pacifica e l’ordine pubblico veniva assolutamente garantito, si deve allora ritenere che la rinuncia decisa dagli uffici vaticani sia stata originata da un atteggiamento di insofferenza nei confronti di manifestazioni di dissenso democraticamente legittime e per di più provenienti, come è stato detto dalle stesse fonti vaticane, da una sparuta minoranza. C’è poi da considerare che il dissenso in occasione della visita del pontefice all’Università della Sapienza ha riguardato solo il suo specifico intervento in quella sede ed in quella circostanza sicché appare spropositata e fuor di luogo la reazione che, come un vero e proprio tsunami propagandistico, si è scatenata contro gli autori della protesta indicati come fautori di imbavagliamenti e censure che non stanno né in cielo né in terra, dal momento che il pontefice e la Chiesa hanno nel nostro Paese, come è sotto gli occhi di tutti, la più ampia libertà di esprimere il proprio pensiero e di intervenire su qualsiasi questione. E lo sanno benissimo i tanti politici e commentatori che, per interessi di parte o in omaggio al dominante conformismo, hanno detto in pubblico ciò che verosimilmente non pensano in privato. Bisogna allora rilevare che, se intolleranti sono stati coloro che si sono opposti alla visita del papa all’Università romana, non minore è stata l’intolleranza di quei settori della gerarchia cattolica che prima hanno indotto il pontefice a rinunciare al suo intervento e poi, sotto l’immancabile guida del cardinale Ruini, hanno colto in questa scelta l’occasione per trasformare la piccola onta subita dal pontefice alla Sapienza in un grande successo mediatico culminato nella contro-manifestazione di solidarietà al pontefice promossa per l’Angelus in piazza San Pietro ed organizzata sul modello del raduno allestito mesi addietro per il Family Day. Ma è davvero questa la vera via dell’evangelizzazione? Ma è questa la Chiesa del Concilio Vaticano II che vuole essere amorevole con coloro che non sono arrivati al "riconoscimento di Dio"  e pervasa dalla convinzione che "tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro, è ritenuto come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da Colui che illumina ogni uomo affinché abbia finalmente la vita"? Ed ancora: come si accordano certi atteggiamenti di alcuni vertici ecclesiali con la riflessione conciliare per la quale "la cultura, scaturendo dalla natura ragionevole e sociale dell’uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo, secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode di una certa inviolabilità"? Ed ammesso che ci siano state alla Sapienza offese, non vale anche per queste l’esortazione evangelica a perdonare "settanta volte sette"? Perché mai certe gerarchie tacciono o dicono pochissimo sui drammi del nostro Paese (la strage degli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e le sacche di miseria, la corruzione anche fra tanti devoti, atei o credenti che siano) mentre sono così loquaci ed efficienti nel difendere la pretesa di ottenere la traduzione meccanica di alcuni valori religiosi nella nostra legislazione? Risultano allora di scottante attualità le doloranti parole dello storico cattolico Pietro Scoppola, l’illustre esponente del cattolicesimo democratico recentemente scomparso: "La Chiesa sembra porsi di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato ed un’altra forza politica; l’immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata, motivi di fiducia, di speranza, di coesione".         

MICHELE DI SCHIENA    Adista notizie n.9  2008

  * presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione