L’integralismo cattolico mette in pericolo la laicità
Come tutte le
cose, anche le parole si logorano, ammoniscono le Scritture. Destino cui, mai
come in questi giorni, proprio il significato e il valore della “laicità” sono
parsi andare incontro. Un lusso che però non possiamo permetterci neppure di
fronte alle polemiche suscitate dall’invito e dalla mancata presenza di
Benedetto XVI alla Sapienza. Certo: abbassare i toni della voce ed elevare
quello degli argomenti sembra davvero arduo. Ma assecondare la serie di
contumelie e reazioni strumentali serve a ben poco. E di sicuro non a
contrastare tutti i comportamenti che della laicità rappresentano quella
caricatura da più parti e giustamente denunciata. Salvo addebitarla soltanto ad
uno «scientismo patetico» e alle «risse del centro-sinistra intorno ai Dico e
all’aborto» (Galli della Loggia).
La nozione di laicità è ben nota e significa innanzitutto rispetto per la
libertà di coscienza e per la dignità di ognuno. E perciò anche capacità di
dialogare con le ragioni filosofiche, i valori etico-politici, la fede religiosa
o l’incredulità che gli altri sono criticamente impegnati a coltivare. Sapendosi
confrontare anche con la scienza, che consente a tutti di capire sempre meglio
il mondo naturale in cui viviamo.
Da una simile laicità ci si allontana ogni volta che si presenta come una
minaccia il valore veramente fondamentale da cui essa è alimentata e arricchita:
il pluralismo delle visioni del mondo e dell’uomo. Autentica conquista non
negoziabile delle società moderne. Condivisa da chiunque sa rivendicare il
diritto a sostenere le proprie ragioni senza mai ledere il diritto degli altri.
E di cui non si mostrano all’altezza né lo scientismo, che considera il metodo
sperimentale l’unico veicolo di conoscenza, né l’ateismo concepito come polemica
ideologica e militante contro la religione.
Ben venga dunque la denuncia di simili, intolleranti violazioni della laicità e
l’invito ai giovani a non farle mai proprie. Ma laici è possibile esserlo solo a
senso unico? Se la risposta è no, occorre riconoscere che, tanto più in Italia,
una violazione non minore della laicità e del pluralismo viene anche
dall’integralismo cattolico. Più precisamente: anche da quello di cui è
portatrice una gerarchia che pretende - come Benedetto XVI avrebbe ribadito
proprio alla Sapienza - di sentirsi depositaria di un «coraggio per la verità»
di cui invece - per viltà? - sarebbe priva la ragione moderna emancipata
dall’orizzonte sovrannaturale della fede. E che perciò «non diventa più
ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma».
Simili considerazioni sono state pensate per l’inaugurazione dell’anno
accademico di una pubblica università. E, diciamo così, arricchiscono
ulteriormente l’idea non proprio di interlocutore di pari dignità e valore che
papa Ratzinger ha della scienza e della filosofia moderne non più subalterne
alla teologia. E condannate a non poter offrire alcuna visione criticamente
plausibile e non nichilistica della vita e dell’impegno civile. Anzi: a
costituire, insieme ai valori e ai diritti che esse possono ispirare,
addirittura una minaccia per la stessa dignità umana. Come non a caso la Cei del
cardinale Ruini affermò nella Nota contro i Dico. E come Benedetto XVI ha
ribadito di recente, sostenendo persino che le coppie di fatto rappresentino,
almeno oggettivamente, un pericolo per la stessa pace. Per tacere dei ripetuti
attacchi mossi, insieme al cardinale Schönborn, contro Darwin e la biologia
evoluzionistica.
Dunque: nessuna polemica cosiddetta laicista contro la religione. A violare la
laicità e il pluralismo è piuttosto questo neointegralismo della gerarchia. A
tratti persino gratuitamente arbitrario e offensivo nell’ostinata riduzione
dell’emancipazione illuministica dalla tradizione religiosa a mera frantumazione
della ragione. Un’emancipazione in realtà né ideologicamente ostile a valori
cristianamente ispirati, né timorosa di un confronto alto con la Chiesa.
Possibile però solo a patto che la concezione post-religiosa del mondo e
dell’uomo non venga equiparata a uno smarrimento vile e nichilistico della
ricerca della verità.
Certo: chi ripaga con fervore incondizionato proprio una simile parodia della
modernità, in Italia non manca. Persino tra gli atei. Ma ogni laico autentico -
come appunto fanno anche non pochi cattolici - dovrebbe contribuire a
disinnescarla. Come si deve fare per ogni manifestazione di intolleranza. Senza
scaricare tutto su un presunto laicismo di stato e su uno scientismo erede
dell’ideologia comunista (Galli della Loggia). Anche queste sono caricature
strumentali e sterili della laicità interessata al confronto rispettoso e
costruttivo. L’unico che consente di individuare anche soluzioni ragionevoli
alle questioni politiche e bioetiche che riguardano tutti ma a cui, da cittadini
adulti e responsabili delle nostre società plurali, sappiamo di guardare da
prospettive etico-politiche diverse.
A quando una simile laicità cristianamente ispirata ma capace di un effettivo
dialogo con la ricchezza umana, intellettuale e politica della coscienza
moderna? O è di questa che, in definitiva, la gerarchia e i suoi devoti
sostenitori inseguono “laicamente” la moratoria?
Orlando Franceschelli Il Riformista