IL "VADE RETRO" DI BENEDETTO XVI
Appena arrivata in Senato la notizia, che il papa aveva rinunciato all'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza, alcuni e alcune hanno preso la parola in modo molto retorico, stracciandosi le vesti, D'Onofrio e Fisichella persino minacciando di dimettersi dall'Ateneo (dove hanno cattedre) se la loro Facoltà non avesse chiesto scusa al papa.
Ho preso la parola io pure, dicendo che se il papa rinunciava alla visita alla
Sapienza, ritiravo la mia proposta, che era la seguente: per mantenere un certo
equilibrio tra i due poteri che per Costituzione sono ciascuno nel suo ordine
indipendenti e sovrani, il presidente Napolitano doveva essere invitato a
inaugurare l'anno accademico alla Gregoriana, la più famosa e importante tra le
università pontificie esistenti.
Qualcuno avrà pensato che fosse una battuta, in parte lo era, ma soprattutto
intendevo e intendo dire che nel parlamento non è necessario sottoscrivere
documenti altrui, bisogna muoversi e decidere secondo la propria competenza e
funzione, quella in primis, di osservare e far osservare la legge fondamentale
della Repubblica.
Noto che con le università questo papa sembra non avere un buon rapporto, si
ricorderà la famosa gaffe di Ratisbona appena eletto: resto dell'opinione che
oggi ha un ufficio stampa non così eccellente come quando lo dirigeva Navarro
Vals.
Comincio a ragionare dagli argomenti proposti: il papa voleva parlare sulla
moratoria della pena di morte. Giusto, la Chiesa cattolica la considera lecita,
a certe condizioni e non l'ha abrogata, che io sappia, nel suo stato, anche se
da molto tempo applica la moratoria: ma non chiese mai che fosse sospesa in Cile
o in Argentina. E' stata molto defilata nella lunga vicenda e può voler
rimediare. Perché da una università italiana? tra le glorie del nostro paese c'è
il Granducato di Toscana, il primo stato al mondo ad abrogare la pena di morte,
c'è Beccaria e davvero in materia non avremmo bisogno di lezioni. Forse a una
moratoria avrebbe voluto legare un'altra, quella dell'aborto? Qui sarebbe
entrato nella legislazione vigente e davvero la lesione del Concordato sarebbe
stata palese e indifendibile. Anche perché nessuno avrebbe potuto prendere la
parola per difendere la legge che il papa attacca sotto un profilo teologico e
nelle università italiane non si insegna teologia nelle facoltà di filosofia.
Sembra che Benedetto XVI non ami il Concordato che invero non c'è né in Austria
né in Germania. Se è così inizi le procedure per la sua denuncia e troverà
alleati in buon numero.
Nelle università dei paesi nordici le facoltà di Filosofia comprendono anche
cattedre di teologia (non necessariamente cattolica ma anche evangelica ecc.), e
quindi vi è un intreccio e un dialogo alla pari e anzi le Facoltà pubbliche sono
servite più d'una volta per mettere al riparo teologi scomodi dalle condanne
ecclesiastiche. È successo a teologi sudamericani della liberazione e ad Hans
Kung.
Durante la formazione dello stato italiano la teologia fu scartata dalle
università per il sommarsi di due opposti pregiudizi, quello del nascente stato
italiano, di osservanza sopratutto francese e quindi accesamente laicista, anche
per la Questione romana aperta e pesantissima. Sicché i ministri dell'istruzione
dissero che la teologia non è una scienza, perché l'oggetto delle sue ricerche
non esiste: come se una scienza si giudicasse dall'oggetto e non dal metodo, e
nessuno può mettere in discussione il rigore e la precisione filologica della
teologia. Ma allora le fu negato l'ingresso nelle università. La Chiesa a sua
volta non insistette molto. Vi era il pericolo modernista, l'evoluzionismo,
Darwin e Malthus, si temeva il confronto, Buonaiuti poteva essere ospitato, come
fu, in una università pubblica e avere ancora una cattedra senza che potesse
essere ridotto al silenzio come la Chiesa avrebbe voluto. La quale Chiesa, per
tenere al sicuro le sue pecorelle rinunciò a chiedere cattedre di teologia nelle
facoltà di filosofia e mise la teologia solo nei seminari, come materia
specifica dei preti. Di conseguenza i fedeli potevano e possono essere molto
ignoranti, basta che siano docili e obbedienti. Un bel guaio da ambedue le
parti, come sempre, quando si ha paura della libertà.
Resta l'argomento che il papa è il vescovo di Roma e infatti nessuno pone il
minimo ostacolo al dispiegarsi della sua azione pastorale nella capitale, come
nessuno ne pone ad altri meno famosi vescovi. Ma se il vescovo di Torino volesse
inaugurare l'anno a palazzo Campana, credo che ci sarebbero proteste. Proteste
comunque ci sono state all'università di Palermo, dato che l'arcivescovo voleva
inaugurare l'anno accademico con una messa in Facoltà. C'è un piano vaticano ben
congegnato per prendersi la cultura? non faccio mai dietrologie, ma durante un
pontificato neotemporalista come il presente, ci si può aspettare questo e
altro. Il culto mediatico della superstizione per i popolo e i cenacoli
accademici per chi conta. Per ora nelle università e nelle assemblee solenni
sembra che abbia messo insieme solo laici teneri e atei devoti: ma non mettiamo
limiti alla provvidenza.
Lidia Menapace 16 gennaio 2008
da www.italialaica.it