La laicità al Quirinale settennato per settennato
Il titolo ufficiale del capo della Santa Sede è «Sovrano
dello Stato della città del Vaticano». Quello del capo della Chiesa cattolica è
«Romano Pontefice». «Santità» e «Santo Padre» non sembra siano contemplati da
una norma, ma dalla prassi, come modo di riferirsi con reverenza al pontefice.
È lecito che il Presidente della Repubblica di un paese laico invochi l'aiuto di
Dio in un discorso pubblico e che usi l'appellativo reverenziale di «Santità» o
di «Santo Padre» quando nomina il Papa? E se lo fa non significa che in quel
frangente smette di rappresentare tutti i cittadini visto che parte di essi è
atea o indifferente a Dio e alla religione? La lettura dei messaggi di fine anno
dei Presidenti, da Einaudi a Napolitano, rivela un quadro non privo di sorprese.
A Einaudi e a Gronchi capita qualche volta di invocare «l'aiuto di Dio», ma i
Presidenti che sfilano al Quirinale dal 1949 al 1984 - Segni, Saragat, Leone e
Pertini - si rivolgono solamente agli umani e se nominano il Papa lo fanno in
occasione di un evento particolare. Segni ricorda la morte di «Sua Santità
Giovanni XXIII», e Saragat aderisce agli appelli del «Sommo pontefice» a favore
della pace. Altrettanto fa - e per lo stesso motivo - Leone mentre Pertini
deplora l'attentato subito dal «Papa Giovanni Paolo». E fin qui la laicità dello
stato è rispettata.
Ma, sorpresa, una volta abolita la religione di stato con il Concordato del
1984, il linguaggio dei nostri presidenti cambia e dopo quasi trent'anni di
assenza ecco che Dio ritorna alla grande al Quirinale con Francesco Cossiga il
quale si impegna a «essere buon servitore della legge, e anche quindi della
tradizione, ma soprattutto di dio, cioè della verità». I suoi discorsi di fine
anno terminano invocando l'aiuto di Dio e chiedendo che questi «protegga e
benedica l'Italia».
Oscar Luigi Scalfaro si riferisce spesso alla religione, al Papa e a Dio ma con
la consapevolezza di rappresentare anche chi in Dio non crede: «Per chi crede,
di qualunque credo, per chi crede anche soltanto in questo affascinante
denominatore comune umano, la speranza non si deve spegnere mai!». E non esclude
i cittadini senzadio neanche dai momenti importanti nella vita dei cattolici
come la malattia del Papa. «E abbiamo anche trepidato con amore per la salute di
Giovanni Paolo II: il mondo non si è diviso fra credenti e non credenti, no!
Ognuno ha sentito che chi soffriva era il testimone, il propugnatore, l'araldo
della Pace per tutti...». A volte però il suo desiderio di non escludere i
senzadio lo porta a coinvolgerli laddove questi - compresa chi scrive -
preferirebbero non essere coinvolti, come in occasione della visita del Papa al
Quirinale, quando esclama: «Grazie... è il popolo italiano che, attraverso la
mia voce, Santità, Le dice grazie anche per questa Sua infrenabile, grazie a
Dio, testimonianza di Verità, di Pace, di Giustizia che vince ogni resistenza
che la natura, a volte, Le pone. Coraggio e avanti, Santità!». Quando si rivolge
direttamente al Papa, Scalfaro lo chiama «Santità», mentre usa il titolo di
«Pontefice di Roma» oppure il nome « Papa Giovanni Paolo II» quando ne parla
alla terza persona, ovvero tiene distinto il privato dal pubblico.
Scalfaro è animato da un forte senso dello stato e è l'unico Presidente a
ricordare che «Questo Stato laico...è la casa di tutti, dove ognuno ha diritto e
dovere, se lo sente, di rendere testimonianza ai principi nei quali crede». Ha
presente anche tutte le religioni e non solo quella cattolica e le nomina quasi
ogni anno.
Fra i presidenti meno laici spicca Carlo Azeglio Ciampi. Invariabilmente usa
l'appellativo «Sua Santità» e «Santo Padre» per indicare il Papa e chiede che
«Ci aiutino gli esponenti religiosi, di tutte le religioni, ad approfondire
sempre più il valore della pace, educando a essa i credenti». E i non credenti?
Sempre in materia di laicità, dal punto di vista protocollare il discorso che
Giorgio Napolitano ha rivolto agli italiani lo scorso dicembre è ineccepibile.
Dio è uscito di nuovo di scena e per il Papa sono stati adoperati i titoli
ufficiali. Però lasciano perplessi le parole del nostro Presidente quando dice
«Su questi grandi temi - la pace, in Terra Santa innanzitutto, tra israeliani e
palestinesi; il dialogo con altre civiltà e altre fedi, nella distinzione e nel
reciproco rispetto; il ruolo dell' Europa - colgo una profonda sintonia con la
Chiesa cattolica...». Lasciano perplessi perché il «dialogo con altre civiltà e
altre fedi» prospettato da Papa Benedetto XVI parte sempre dalla superiorità
della religione cattolica rispetto alle altre religioni e esclude i non credenti
quando addirittura non li denigra. In quanto alla pace nella cosiddetta «Terra
Santa», il Vaticano si è arreso davanti all'occupazione israeliana di
Gerusalemme la quale, nel piano dell'Onu, doveva rimanere la città santa delle
tre grandi religioni monoteiste e godere di uno statuto internazionale. Per
questi e altri motivi credo che molti italiani, credenti e non credenti, non
condividano la «profonda sintonia con la Chiesa cattolica» evocata da Giorgio
Napolitano.
Per favore, Presidente, nel suo prossimo messaggio di fine anno si ricordi dei
non credenti e tenga alta la bandiera della laicità.
Vera Pegna Il manifesto 27/12/07