L’avanzata del potere ecclesiastico
Su questo punto, del rapporto tra potere politico e potere ecclesiastico, la situazione italiana, negli ultimi anni, e negli ultimi mesi in particolare, si è fatta sempre più anomala. Perché la gerarchia non si esprime più soltanto nei termini che le sarebbero consoni, l’affermazione dei grandi principi etico-religiosi; lasciando poi al laicato cattolico la loro elaborazione sociale e politica. No, interviene direttamente sull’attività del Parlamento, sulle sue decisioni, in termini prescrittivi, impositivi. Interviene in termini prescrittivi sull’attività politica in genere.
Così in gennaio il Comitato permanente della Conferenza Episcopale afferma, nel suo comunicato finale, che il parlamento non deve correggere la legge sulla procreazione assistita. In giugno il nuovo Papa, incontrando per la prima volta il Presidente della Repubblica, gli fa tre precise richieste legislative (parla di “preoccupazioni”, ma non senza un preciso riferimento ai legislatori italiani): contro il “patto sociale” per le coppie di fatto e le coppie omosessuali; contro la “procreazione assistita”, la cui legge si vuole che resti intatta; su di una legge che deve garantire ai genitori “la libera scelta educativa senza ulteriori gravami”. Lunedì scorso, nell’ultima riunione del Comitato permanente, il cardinale Ruini, che lo presiede, afferma che le unioni di fatto non devono essere riconosciute; che la prossima Finanziaria deve prendere sul serio le fondamentali esigenze delle famiglie (qui usa la parola “auspicio”); che abbia fine l’abuso delle intercettazioni telefoniche (qui la parola “necessità”). Intervenendo comunque qui su punti di legislazione molto particolari.
Questa anomala situazione matura da una serie di fattori. A cominciare dalla passività e inerzia e mera esecutività cui è abbandonato il laicato cattolico; contrariamente al dettato del Vaticano II. Il fatto che sia scomparso il vecchio grande partito, la DC, non dovrebbe aver rilevanza; perché il laicato è presente come prima, e organizzato in modo molteplice; con anche due consistenti partiti. Ma non gli è riconosciuta l’autonomia, la libertà di pensiero e d’iniziativa; e i due partiti, anziché rivendicarla, cercano di assecondare la gerarchia per ottenerne il sostegno elettorale. In contrasto con la loro dignità personale e cristiana.
Questo contrasto si nota anche nei partiti laici, nei quali è maturata una particolare deferenza per il potere ecclesiastico; perché lo sentono forte sul piano etico, mentre essi, la Sinistra anzitutto, attraversano una fase d’incertezza. E perché, anche qui purtroppo, ne temono la forza elettorale.
Un effetto deleterio hanno avuto i “laici devoti”, che scrivono libri e articoli con cardinali e teologi di palazzo; esaltano la gerarchia per la “marcia in più” che possiede, e sarebbe poi sempre quella etica; dimenticando quanto spesso sia arretrata, e piegata a volontà di potenza.
La più recente evoluzione della chiesa cattolica, e della sua struttura gerarchica, va nel senso di un più forte “assolutismo”. E’ la spinta impressa da papa Wojtyla, il suo più grave errore; in contrasto con la linea aperta dal Vaticano II. Rafforzamento e accentramento del potere. Perciò elide l’autonomia del laicato. Ma elide l’autonomia dell’episcopato stesso. Specie di quello italiano, nel quale non si sente più nessuna pluralità di voci. Quando, alcuni mesi fa, fu stabilita l’astensione nel referendum sulla “procreazione assistita”, nessun vescovo osò discorrerne, discuterne (nessun vescovo in carica; solo un vescovo fuori servizio, quello di Troia); al contrario di quanto era avvenuto nel referendum sul divorzio, dove c’era stata una varietà di voci, e alcuni vescovi avevano invocato la “libertà di coscienza”.
L’idea, poi, di una particolare superiorità etica della gerarchia cattolica, di un patrimonio etico che essa sola possiederebbe intatto, e ne farebbe un faro per tutti, per il mondo laico in particolare, è falsa. O, meglio, è vera per quel mondo intellettuale e filosofico, o filosofico-politico, che al seguito della crisi della ragione moderna, precipita nel nihilismo e nel cosiddetto “postmoderno”; dove i vincoli etici vanno distrutti, come va distrutto ogni autentico vincolo di ragione. Ed è vera per il capitalismo, che afferma come unico il valore economico, pronto a distruggere ogni altro valore umano e di natura; a cominciare dal lavoro, che abbandona alla precarietà; e dall’ambiente, che degrada senza scrupolo (si veda il petroliere Bush, e la lobby dei petrolieri americani che rifiutano i protocolli di Tokyo, il loro pur modesto tentativo di ridurre la crisi ambientale). Ed è in parte vera, come già dicevo, per la Sinistra dopo il crollo del modello sovietico, e con esso del marxismo, cui s’ispirava come a un dogma.
Ma non è vera per il processo di liberazione che l’umanità ha intrapreso nella modernità, e che è contrassegnato dalle “carte dei popoli”, e in esse dai grandi principi etici o diritti fondamentali. A cominciare dalla “dignità e diritto della persona umana”; che si precisa in seguito nella “pari dignità e diritto di uomo e donna” e nella “pari dignità e diritto di ogni popolo”. Si precisa nella libertà di coscienza e nella “pari dignità e diritto di ogni religione”. Cose che la cattolicità ha acquisito solo in seguito, e lentamente, resistendo; e in parte non ha ancora acquisito. Così la “pari dignità e diritto del popolo ebraico”; così quella dell’omosessuale.
Ruini, e l’intero episcopato italiano con lui, rifiuta il riconoscimento giuridico delle “unioni di fatto” (solo un cardinale – fuori servizio, però – lo ha riconosciuto) e lo dice contrario alla Costituzione. Ma nella Costituzione non v’è nulla di simile. Si dice soltanto (art. 29) che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Non si esclude che, lungo il processo storico, possano insorgere formazioni analoghe alla famiglia. Anzi all’art. 2 si dice che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. La coppia di fatto è una di queste formazioni: è indubbio che in essa si svolga la personalità umana, nell’amore, nello scambio, nella procreazione; per costituire un fondamentale nucleo sociale di tipo familiare. Che per la chiesa cattolica può costituirsi solo col matrimonio, e indissolubile; ma al di fuori di essa può costituirsi anche diversamente. Nella sua intolleranza la gerarchia ignora il principio di analogia, che pur dovrebbe conoscere assai bene; in ogni caso il matrimonio e l’indissolubilità può chiederli ai suoi fedeli, non può imporli allo stato.
Arrigo Colombo Da il Nuovo Quotidiano di Puglia