Si può rimettere in discussione il Concordato?


Caro Augias, sono un docente della Sapienza costretto a fare lezione in un'aula dove molti ragazzi, privi di sedia, siedono a terra per due ore. E' una condizione generale che riguarda tanti altri colleghi. Mancano aule, spazi dove i ragazzi possano incontrarsi, personale, strumenti. Tutta l'università italiana dove, nonostante la riforma, si impartisce ancora un insegnamento di altissima qualità soffre da anni per una drammatica carenza di fondi. Mi chiedo e lo chiedo ai rettori, ai presidi di facoltà e delle stesse scuole secondarie: come si può assistere in silenzio di fronte alle continue notizie di soldi elargiti alla scuola cattolica o agli insegnanti di religione? Possiamo tacere di fronte a questa continua violazione della Costituzione solo per tutelare gli interessi elettorali di qualche ministro o di alcuni settori del ceto politico? Possiamo restare indifferenti al fatto che cospicue risorse vengano sottratte al sistema formativo pubblico, che è libero, pluralista, aperto a tutti, per accedere al quale le famiglie pagano tasse crescenti? Rammento che Enrico Berlinguer era restìo a impegnarsi per il referendum sul divorzio, temendo una divisione religiosa del Paese. Si sbagliava, gli italiani erano più maturi di quanto si pensasse. Siamo proprio sicuri che non sia giunto il tempo per un referendum abrogativo del Concordato?
Piero Bevilacqua pierobevilacqua@yahoo.it


Per rispondere subito alla domanda posta dal professor Bevilacqua: no, quel tempo non è giunto. E non lo è proprio per le ragioni alle quali lo stesso prof accenna: gli interessi elettorali di qualche ministro e di alcuni settori del ceto politico. Abbiamo ancora fresca memoria della potenza propagandistica messa in campo dalla chiesa cattolica per il referendum sulla procreazione assistita. Si può immaginare che cosa accadrebbe di fronte a un altro referendum che ne toccasse gli interessi materiali, mettendo cioè a repentaglio i milioni di euro che ogni anno fluiscono dalle casse dello Stato a quelle del Vaticano. Si può immaginare altrettanto bene quali timidità, quali distinguo segnerebbero l'atteggiamento della maggior parte dei politici di fronte a questa offensiva. Quel referendum costerebbe soldi e fatica per niente. Durante i lavori della Costituente, quando si trattò di votare l'articolo 7 della nuova carta che regolava i rapporti tra Stato e Chiesa, l'allora potente partito Comunista guidato da Palmiro Togliatti accettò che vi venissero recepiti i patti onerosi firmati nel 1929 da Benito Mussolini («Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi»). Ci fu battaglia anche allora, e infinite polemiche anche dopo il 1948, ma non ci fu niente da fare. Le mosse politiche vanno fatte calcolando le forze, e le debolezze, in campo. In questo caso il calcolo è semplice e al momento non c'è rimedio alla vergogna dei soldi sottratti all'insegnamento pubblico per finanziare quello privato e confessionale.

 Corrado Augias      Repubblica 2.11.07