Il
Papa in farmacia
Perché i
farmacisti si possano dichiarare obiettori di coscienza occorre una legge
apposita
E un Papa che invita
a scegliere la via dell’illegalità è più di quanto osassi sperare
Secondo l’attuale Pontefice i farmacisti, importanti intermediari tra medici e
pazienti, avrebbero un «diritto riconosciuto» all’obiezione di coscienza in caso
sia loro richiesta la vendita di farmaci con «chiari scopi immorali, come
l’aborto e l’eutanasia». Non basta: agli stessi farmacisti spetta il compito di
far conoscere le implicazioni etiche di alcuni farmaci, non essendo possibile
anestetizzare le coscienze circa gli effetti di molecole che hanno lo scopo di
evitare l’annidamento di un embrione o di cancellare la vita di una persona. Per
fortuna che il coito interrotto non si vende in farmacia, qualcosa di utile ci
rimarrà pur sempre a disposizione.
Ritengo infatti improbabili, per ragioni di praticità, i controlli notturni di
farmacisti cattolici muniti di apposita lanterna.
Dico questo, perché qui ci sta l’intera gamma delle metodologie
anticoncezionali: la pillola classica, la pillola del giorno dopo, la
minipillola, la spirale intrauterina, i vari progestinici deposito, tutto o
quasi. Posso immaginare una sola conseguenza, a un disastro come questo:
raddoppieranno gli aborti.
Qualcuno potrebbe pensare che ho esagerato nell’elencare i metodi che sarà per
lo meno molto difficile utilizzare se verrà varata una legge che renderà
attuabile l’obiezione di coscienza dei farmacisti, ma non è così: c’è un medico
cattolico, del quale non voglio citare il nome (ma che qualsiasi navigatore di
Internet saprà riconoscere) che asserisce che anche la pillola classica agisce,
di tanto in tanto, impedendo l’impianto di un embrione, e anche se penso che la
cosa accada assai raramente (avrei scritto, in una differente occasione, a ogni
morte di papa) immagino che possa anche essere vero, soprattutto per chi crede
nell’esistenza del diavolo. Cerco invece di spiegare, da anni, senza alcun
successo, che la pillola post-coitale non ha niente a che fare con l’inibizione
dell’impianto e mi permetto di affermare che chi sostiene il contrario è in
perfetta malafede. Potete trovare tutta la bibliografia medica dalla quale
ricavo questa certezza in uno dei miei libri più recenti, anche se ammetto che
questa mia apparente sicumera si basa sull’attuale consenso scientifico, che
potrebbe modificarsi in un avvenire più o meno vicino: ma questa è la scienza
medica, che di verità ne conosce ben poche e che si basa sui risultati delle
sperimentazioni delle ricerche. Ripropongo il concetto in questi termini: chi
ritiene, allo stato attuale delle conoscenze, che la pillola del giorno dopo
inibisca l’annidamento dell’embrione (notate intanto che nessuno dice più che è
abortiva) o dice bugie, o ignora la verità, o è stato mal informato (magari a
bella posta).
Mi rendo conto di esagerare nel pessimismo: perché i farmacisti si possano
dichiarare obiettori di coscienza e rifiutarsi, ad esempio, di vendermi la
liquirizia (da ragazzo mi provocava interessanti sogni umidi, molto molto
immorali) ci vuole una legge apposita, per il momento conta quanto ha dichiarato
Caprino, segretario nazionale di Federfarma, che cioè «i farmacisti hanno
l’obbligo di legge, dietro prescrizione medica, a consegnare il farmaco o a
consegnarlo, se non disponibile, nel più breve tempo possibile», per cui
l’obiezione di coscienza per i farmacisti «è inattuabile in Italia come in ogni
altro Paese». Resta solo da capire se la sollecitazione del Papa è rivolta ai
legislatori (preparate in fretta una legge che lo consenta) o ai farmacisti
(violate la legge, ne avete il diritto morale). Questa seconda possibilità mi
turba e mi stimola insieme: un Papa che invita a scegliere la via
dell’illegalità è più di quanto avrei mai potuto sperare, mi autorizza a pensare
in grande, parla alla parte più oscura della mia coscienza, già fondamentalmente
anarchica. Per chiarezza, mi limito a ricordare al Pontefice che al momento, in
questo Paese, sono autorizzate solo alcune obiezioni di coscienza: per il
servizio militare (obsoleta); per la sperimentazione sugli animali; per la legge
194 sull’interruzione di gravidanza; per la legge 40 sulla procreazione
medicalmente assistita.
Debbo ammettere, a questo punto, che questo ennesimo proclama pontificio non mi
pare particolarmente azzeccato, sono certo che sa fare di meglio. Mi dà però
l’occasione di parlare di alcune cose e ne approfitto.
La prima cosa riguarda tutti i moralisti, inclusi quelli laureati in farmacia:
capisco i grandi turbamenti che vi procura l’uso di farmaci sulle cui
interferenze con la fertilità non tutto è perfettamente chiaro, e capisco
l’ansia di perfezione e la ricerca di un po’ di martirio personale che vi
impongono di rifiutare persino il ricorso al principio di precauzione, ma mi
chiedo come mai vi accanite su una povera compressa progestinica, della cui
moralità posso darvi le più ampie garanzie, mentre non vi turba minimamente il
fatto che un gran numero delle nostre nuove cittadine assumono chili di
prostaglandine - acquistate in farmacia, non esiste un mercato clandestino - e
poi abortiscono, alla faccia della morale e della legge, finendo spesso in
ospedale a causa dei terribili effetti collaterali di questo farmaco. Queste
povere donne vengono in farmacia con una regolare ricetta e dichiarano di
soffrire di mal di stomaco: a nessun farmacista è mai venuto un briciolo di
sospetto? A nessun moralista è passato per la mente che le ulcere gastriche sono
diventate stranamente endemiche tra le prostitute rumene? Le prostaglandine sono
incluse nell’elenco dei farmaci ai quali il Pontefice allude?
Il secondo problema riguarda una mia personale curiosità di bioeticista. Negli
ultimi tempi, discutendo con i miei colleghi cattolici sui problemi etici della
procreazione assistita, mi è stato detto più volte che in realtà l’antico
ostacolo della dignità della procreazione (cioè l’obbligo di non separare mai la
vita sessuale da quella riproduttiva) non è poi più così fondamentale. Oggi,
leggendo le ultime esternazioni del Pontefice, non trovo più alcun accenno alla
condanna dei mezzi contraccettivi che si limitano a offendere questa dignità (i
farmacisti ogni tanto vendono preservativi e diaframmi). È un caso? State
cercando di dirmi qualcosa che io, per ottusità personale, non riesco a capire?
Un po’ di luce, per favore.
Il terzo e ultimo problema riguarda - e non sarà certamente l’ultima volta che
ne parliamo - questa questione dell’embrione “uno di noi”. Recentemente ho
raccontato, su vari giornali, la storia del referendum che è stato tenuto in
Irlanda del 2002 per cambiare, su proposta del Governo, la norma costituzionale
che stabilisce che la protezione della vita nascente comincia dal primo momento
del concepimento. Se il referendum avesse avuto successo - il che non è stato
anche se per una manciata di voti - la nuova norma sarebbe stata molto diversa,
perché avrebbe posposto l’inizio della protezione al momento dell’impianto
dell’embrione nell’utero della madre. Le conseguenze di questa modifica
sarebbero state straordinarie e tutte contrarie alle posizioni ribadite dal
Pontefice nella sua recente dichiarazione: sarebbe stata lecita ogni forma di
inibizione dell’impianto, compresa quella attribuita alla spirale e alla pillola
del giorno dopo, e sarebbero state autorizzate le ricerche sull’embrione in
vitro, gli studi sulle staminali embrionali e le indagini genetiche
pre-impiantatorie. Questo, tra l’altro, è proprio quel personalismo che John
Bryant e John Searle definiscono relazionale, che non attribuisce né alla
biologia né alle prestazioni funzionali il carattere dirimente della persona.
Secondo questa ipotesi, molto amata da alcuni evangelici, sono le relazioni a
rappresentare un tratto riassuntivo e qualificante, perché legano tra loro
biologia e biografia della persona e rappresentano il passaggio di una soglia
significativa anche secondo un’ottica teologica: dal momento in cui si connette
con quella della madre, l’esistenza dell’embrione si collega con la comunità
degli uomini. Spero di avervi almeno incuriositi. Ebbene la ragione di questa
lunga digressione è legata al fatto che tutto l’episcopato irlandese, ripeto,
tutto, vescovi ausiliari inclusi, si è schierato con il massimo fervore
possibile in favore della modifica e, perciò, del personalismo relazionale,
della pillola del giorno dopo, della spirale, delle staminali embrionarie
eccetera, eccetera, eccetera.
Ebbene, nessuno, fino a questo momento, ha commentato questi fatti. Ho però il
diritto di avere qualche chiarimento. Non erano, i vescovi irlandesi,
l’espressione più alta (si fa per dire) del cattolicesimo intransigente? Cosa
capisce, a questo punto, un povero cristiano? Non è d’abitudine cosa migliore
fare le pulizie in casa, prima di uscire a spazzare in cortile?
Se poi qualche compagno vorrà sapere quali sono le ipotesi che sono state fatte
su questa scelta dell’episcopato irlandese, così peculiare e così inattesa, mi
scriva, gli risponderò personalmente, voglio evitare scandali pubblici. Anche
se, a dire il vero, da quando un grande filosofo cattolico mi ha spiegato che
l’inferno è anticostituzionale, mi sento molto più tranquillo.
Carlo Flamigni l’Unità 31.10.07