ORFANI DELLE IDEOLOGIE E LAICITÀ

Tra i segni più inquietanti del deficit di democrazia nel nostro paese, c’è, indubbiamente, l’assenza di laicità nell’approccio alla dimensione religiosa della maggioranza dei nostri politici.

Scontata, infatti, una buona dose di opportunismo, particolarmente evidente nelle reiterate esternazioni di Pera e Ferrara e nelle genuflessioni di Rutelli, molto più grave è l’implicito riconoscimento, diffuso tra intellettuali e politici di sinistra, dell’insufficienza della razionalità critica e della superiorità della religione.

Legittimata l’ideologia della “fine delle ideologie”, e abbandonate le certezze, fondate sulle magnifiche sorti e progressive o sulla pretesa “scientificità” del marxismo, molti sono approdati all’uso del più spregiudicato machiavellismo, accompagnato dalla rassegnata convinzione che ideali e valori possono essere espressi solo dall’esperienza religiosa, ignorandone la complessità e le articolazioni. Complessa per la diversità tra le religioni e per le contraddizioni al loro interno. Forse molti di coloro che si sono entusiasmati per l’appello del papa per una maggiore presenza di Dio nella vita pubblica, non sono altrettanto entusiasti della presenza di Allah nella vita pubblica delle società islamiche. In esse Dio è onnipresente e produce effetti diversi. Ispira la monarchia saudita e il regime degli Ayatollah, coesiste con quelli non confessionali di Turchia ed Egitto, Tunisia ed Algeria, in Palestina convive con il Dio cristiano, ma non con lo Jahweh ebraico.

Il Dio invocato dal papa non offre minori contraddizioni: è lo stesso invocato da Ciotti e Zanotelli, ma anche da Cesana e Buttiglione, dai gesuiti e dall’Opus Dei, dai francescani/cappuccini, che gestiscono gli affari legati alla memoria di Padre Pio, e dai francescani/minori di Assisi sostenitori della marcia per la pace, da Ruini vicario di Roma e da Bergantini vescovo di Locri, dai milioni di cattolici anonimi e dalle migliaia dei papa-boys. Queste contraddizioni sono ignorate da chi accetta l’identificazione tra Dio e la chiesa cattolica e riduce questa alla sua gerarchia, fonte di legittimazione o erogatrice di censure e scomuniche.

L’accettazione acritica di queste identificazioni da parte dei poteri forti è alla base dello strapotere della Conferenza episcopale italiana, che non ha eguali in nessun altro paese. Occulta la sua natura di soggetto politico, per di più finanziato dallo stato, sotto la veste di centro di cultura e di spiritualità. Tutti sanno che con tale soggetto Dio ha poco a che fare. Fingono d’ignorarlo, invece, quei politici che, costretti a riconoscerne le prevaricazioni, le minimizzano, si mostrano stupiti o ricercano improbabili giustificazioni. Due recenti esempi, tra i tanti.. Di fronte alla minaccia del nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – l’unica nomina decisa da papa Benedetto XVI - di obbligare i fedeli cattolici a rifiutare il voto ai candidati non contrari alla legislazione sull’aborto, Livia Turco, in un’intervista a La Repubblica, si è dichiarata “ferita”; non scandalizzata, indignata … disobbediente. Invitato a pronunciarsi sull’approvazione in Senato dell’esenzione retroattiva dall’Ici per gli immobili di proprietà ecclesiastica, anche se con fini di lucro, Massimo Cacciari, intervistato da Radio tre, la condanna ….. ma si consola convinto che le brave persone, che pur ci sono in Vaticano, non approvano tale ulteriore prevaricazione.

Con essi, i “gerarchi buoni”, si pensa di poter dialogare? Discettando magari dei massimi sistemi teologici per non disperdersi nei rivoli della banalità quotidiana? Si può continuare ad ignorare che tale dialogo serve ad accreditare l’azione di opusdeisti e cardinali decisi a profittare delle debolezze del sistema politico italiano per riproporre l’identificazione tra reato e peccato, archiviata dalla secolarizzazione prima ancora che dalla conquista della laicità delle pubbliche istituzione? Su di essa, per di più con il sostegno del finanziamento pubblico, la Cei sta ricostituendo il potere clericale in Italia. Forse gli “orfani delle ideologie, persuasi che “solo un dio ci può salvare”, devono integrare il discorso affermando, che non si tratta del dio di Ratzinger o di Ruini.

Si tratta del dio di quanti credono che il compito di governare il presente e progettare il futuro, dopo aver storicizzato il passato, è da lui affidato agli uomini di “buona volontà”, alla loro razionalità critica arricchita del senso del limite, suggerito dai fallimenti, frutto delle sue assolutizzazioni, e imposto dalla novità dei problemi attuali, che è chiamata ad affrontare.


 

Marcello Vigli   Roma 6 ottobre 2005      Dal sito www.italialaica.it