La Chiesa cattolica in Italia ha una certa importanza, e non soltanto dal punto
di vista morale o dell'ossequio puntualmente ricevuto da ogni potere politico:
la Chiesa ha una grande forza economica, dovuta a due fattori primari. Il primo
è la proprietà immobiliare, acquisita nei secoli e mai mollata a nessuno, e
consolidata negli anni della grande speculazione edilizia; il secondo è la
disponibilità di lavoro a costo praticamente zero, grazie al personale degli
ordini religiosi. Senza contare il terzo fattore: la facilità con cui le
istituzioni cattoliche aprono attività e ottengono appalti, specie nel campo dei
servizi sociali e sanitari. È chiaro che qualunque attore economico sia in grado
di mettere insieme questi tre fattori di vantaggio competitivo si trova in una
posizione di forza quasi insuperabile per qualunque concorrente. Inoltre,
potendo contare su questa riserva di competitività impropria, si accumulano
ulteriori capitali da investire in altre attività, e non c'è allora da stupirsi
se una gran parte dell'economia italiana, a cominciare dalla finanza, è di
chiara "ispirazione cattolica".
Fin qui, ci si trova nel quadro di una posizione dominante di mercato, che sarebbe difficilmente giustificabile per chiunque non abbia molti santi in Paradiso, ma a certe cose siamo abituati. Un po' meno decente è che a tutti questi vantaggi, che nessuno al mondo può osar mettere in discussione, si sommano altri favori decisamente stravaganti in ogni ottica che non sia quella della compiacenza a tutti i costi nei confronti delle autorità ecclesiastiche. Un esempio particolarmente macroscopico è quello dell'Ici, dal cui pagamento gli istituti religiosi erano stati esentati con il precedente governo di centrodestra. Per dare un'idea di quello di cui si sta parlando, il mancato gettito provocato da questa esenzione si aggira sui 400 milioni di euro: in pratica, beneficenza diretta dei cittadini italiani alla Chiesa, altro che 8 per mille.
Su questa singolare dispensa si sono concentrate le attenzioni del commissario Antitrust dell'Unione europea, Neelie Kroes, che aveva aperto un dossier per capire meglio per quali ragioni un soggetto economico disponesse di simili favori. In altre parole, se un luogo nel quale si eroga un servizio a pagamento, per le casse pubbliche o quelle private, come una scuola, un ospedale o un centro commerciale, non deve pagare alcune tasse se è di proprietà del soggetto X e invece deve farlo se è del soggetto Y, allora è giustificabile che il signor Y si senta indebitamente svantaggiato. Sembrava che la cuccagna fosse finita con il governo di centrosinistra, che aveva promesso di eliminare questa assurdità; solo che gli interessi dei vescovi (che, ovviamene, avevano fatto sapere che non ci tenevano per nulla a simili vantaggi materiali) sono stati immediatamente salvaguardati, con una clausola che stabiliva che l'Ici andasse pagata solo se si svolgevano attività di carattere "esclusivamente economico". Insomma, basta metterci una cappelletta, un'edicola, una madonnina di gesso, e ci si ritrova di nuovo in paradiso (fiscale). Adesso la Kroes è tornata alla carica, con una nuova richiesta di informazioni, primo passo per avviare una possibile procedura di infrazione.
Ci si può aspettare che la questione si risolva facilmente, con un pronto adeguamento della situazione fiscale e qualche regaluccio per compensare le povere e bisognose opere pie, magari sui 400 milioni pure lui. Certamente sarà difficile che si cominci sul serio a trattare queste realtà come meritano, con ispezioni sulle condizioni di lavoro dei "volontari", un buon regime di accertamento fiscale e un serio censimento del santo patrimonio immobiliare, che magari arrivi anche a capire quante delle moltissime case sfitte appartengono a chi ci fa sempre la morale.
Nane Cantatore Aprile online 25 giugno 2007