Nel vicolo delle verità assolute
È sempre più chiaro che il
grande avversario del cattolicesimo di oggi è il relativismo. Lo si sapeva da
tempo, ma la voce di Ratzinger, prima e dopo la nomina pontificia, lo ha
confermato con decisione. Un avversario non nuovo ma certamente non facile da
combattere. Era - è stato - più facile combattere l'ateismo comunista. I motivi
della difficoltà sono molteplici. Il terreno della battaglia, prima di tutto: un
terreno scivoloso, una disputa in difesa della verità assoluta che costringe il
cattolicesimo su un terreno più filosofico che teologico, un terreno sul quale
la dottrina cattolica non si trova a proprio agio. Si trova, fra l'altro, a
condividere la battaglia con alleati pericolosi, che rischiano di sospingerla su
baluardi ambigui, verso schieramenti lontani e dalla cultura moderna e
dall'evangelo.
Basti pensare al contrario del relativismo,
l'assolutismo. Una pericolosa tentazione. E' vero che la dottrina cattolica
sostiene l'assoluto: ma il Dio assoluto della fede abita altrove, non trova casa
fra le vicende di questo mondo, sempre in movimento. Non trova casa nelle strade
della nostra storia.
Il cristianesimo ha sempre camminato oscillando fra
due binari, quello del relativo e quello dell'assoluto. Se abbandona il primo
per procedere soltanto sul secondo, rischia la perdita di contatti preziosi e,
al contrario, di incappare in freni deleteri. Un cristianesimo che si abbarbica
su una verità assoluta da difendere a tutti i costi (sul matrimonio, ad esempio)
come può dialogare seriamente con chi sostiene verità diverse e forse contrarie?
Non a caso il dialogo con le altre religioni appare fermo, sterile, ripetitivo.
Lo stesso si deve dire del dialogo fra le varie confessioni cristiane.
Ma la battaglia contro il relativismo allontana
anche il pensiero cattolico dal pensiero moderno più felice e fecondo. Non è
vero che questo comporti l'eguaglianza fra la verità e l'errore, né che tutte le
posizioni si equivalgano. Fa spazio, però, alla interpretazione e al movimento:
è un pensiero in cammino, verso una verità oggi più piena di ieri, senza una
stazione di arrivo definitivo.
Non è facile per il Vaticano combattere a spada
tratta il relativismo e insieme promuovere il dialogo: una posizione che rischia
sia la contraddizione che l'ipocrisia.
La lotta al relativismo comporta anche altre
difficoltà, fra cui un triste giro di alleanze a dir poco indesiderabili. Basti
pensare a tutto il mondo dei cosiddetti «neocons», ben disposti a schierarsi a
favore di un cattolicesimo integrista se non addirittura integralista, alleato
con i potenti e i ricchi di questo mondo. Meno male che Benedetto XVI ha
ricevuto Hans Küng dopo aver ricevuto Oriana Fallaci.
E speriamo che il Vaticano non si adagi sulla difesa
di una verità assoluta, ma cerchi di difendere quella verità di cui già parlava
l'apostolo Paolo scrivendo ai cristiani di Efeso (4,15), una verità «da fare
nella carità». Un bel programma, né relativista né assolutista.
FILIPPO GENTILONI Il manifesto 2/10/05