I “POF” DI FIORONI ISPIRATI DAL PAPA

 

E’ SINGOLARE che, mentre sulla contrapposizione tra famiglia regolare e Dico il dibattito dilaghi nelle piazze e sui mass-media, su altre questioni, altresì di profilo ideale e, magari, di natura più generale, il disinteresse regni sovrano. Eppure anche su queste si scontrano visioni opposte. Nell'ignoranza e nel silenzio dei più, anche se  - tra genitori, alunni e insegnanti-  concernono milioni di italiani. E’, infatti, alla scuola che sto alludendo. Ne ho parlato la settimana scorsa ("La carica dei 500 in nome della Falcucci", Repubblica del 14 us) indicando quale iattura rappresenti il ribadito abbandono dei programmi nazionali di studio per sostituirli con «programmi personalizzati», decisi scuola per scuola. Non ci si ferma qui. Come denuncia, anche in questo caso, il benemerito Gruppo dei 500 (insegnanti e genitori) di Torino (e mail: manifestodeicinquecento @email.it), la commissione ministerial-pedagogista, insediata dal ministro Fioroni, ha pubblicato altri documenti ufficiali su «Il curricolo nella scuola dell'Autonomia» la cui lettura accresce le preoccupazioni a proposito dell'abbassamento culturale e dello smembramento del sistema scolastico. Nell'ultimo documento del ministero della PI si legge, infatti: «Con il riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei Programmi nazionali viene preso dal Pof (Piano offerta formativa) che è il documento fondamentalee costitutivo dell'identita culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche». Tanto per chiarirlo ai lettori che ne siano ignari, il Pof è una specie di manifesto che reclamizza le qualita, le caratteristiche, gli accattivanti progetti della singola "azienda scolastica", al fine di ottenere piu iscritti e maggiori possibilita di sponsorizzazioni territoriali, visto il taglio dei bilanci pubblici. Se le parole hanno un peso, adombrare una identita culturale a la carte, con programmi diversi da scuola a scuola, adombra qualcosa di molto grave. Ricordo che nemmeno la Repubblica italiana si fonda su una "identità culturale", mentre la Costituzione precisa solo l'impegno alla promozione della cultura (articolo 9), e ne garantisce la libertà, così come la libertà di insegnamento (articolo 33), di cui è titolare ogni singolo docente. Lo Stato non è, dunque, indifferente nei confronti della cultura ma non si identifica in nessuna cultura. La differenza non è di lana caprina. Si ricordera come attorno alla reiterata richiesta papale per introdurre nella Costituzione europea il principio di "identita cristiana" si sviluppò una fortissima resistenza in quasi tutti i Paesi, tanto che la formulazione venne respinta.Nel contempo la crociata iden titaria si sviluppò in parallelo con l'obbiettivo, tanto caro ai teo-con e ai teo-dem, di debellare in ogni settore il deprecato "relativismo culturale", baluardo del pensiero laico. La scuola è terreno privilegiato di conquista ed ecco che “l’identita" rispunta dal basso, contando sul fatto che, dissolti i dettami su scala nazionale, l'alleanza cattolica destra-centro-si-nistra, col supporto di parroci e vescovi, secondo lo schema del Family Day, riesca a permearne i Pof. Del resto è nelle scuole private, le cattoliche  in primis ma anche in quelle ebraiche (e presto nelle musulmane),  che le «identità» culturali e ideali vengono esplicitamente definite a priori, selezionando su questa base insegnanti e allievi. Scegliendole le famiglie agiscono di conseguenza.Resta (o restava?) l'ampio baluardo di una scuola pubblica, neutrale e relativista per principio costituzionale, in cui la dialettica delle eventuali diverse identità promana dalla liberta dei singoli, siano essi insegnanti o alunni, e si arricchisce o muta nel confronto reciproco. Ma lo smottamento in atto dei principi della scuola non si ferma qui e lascia intuire le linee di un disegno coerente. Ad esempio laddove si indica l'obbligo di ascoltare «le culture locali e le specifiche esigenze delle famiglie e del territrio». Cosa significa questo per le singole scuole, si chiede il Gruppo dei 500? «I consigli di istituto metteranno ai voti l'identita culturale della scuola? Vincerà chi saprà imporsi e ottenere piu voti? E quale fine sarà riservata alle identita perdenti? Si rifaranno alla prossima occasione?». Lo spazio non mi consente di soffermarmi su altri punti, altrettanto gravi, del pedagogismo alla Fioroni, del resto perfettamente coerente con i suoi predecessori. Ne dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI, con un contentino territoriale optional per i leghisti padani. L'Ulivo, lo si è gia capito, resterà, come in casi simili, in “attento ascolto”.

 

Mario Pirani      la Repubblica 21/5/07