Come riassumere efficacemente il viaggio che sogni da una vita, una meta mitica per ogni motociclista, con 10 tappe tra andata e ritorno, per la prima vera avventura motociclistica della mia “carriera”, senza rischiare di perdere gli aspetti salienti e le emozioni più forti…? Non sarà facile, ma ci proverò, con le mie modeste capacità linguistiche, tanto per farvi un po’ di invidia ed invogliarvi ad intraprenderlo, prima o poi.
Il mare
calmo, liscio come l’olio, il solo rumore dei motori del traghetto, una costa
alta e, da una parte, i palazzi vittoriani di Douglas; è l’alba, e stiamo per
mettere piede, pardon le ruote, sull’Isola di Man (mi vengono i brividi solo a
scriverne il nome); non c’è nessuno in giro, e le centinaia di motociclisti che
ci hanno accompagnato nella traversata, con tutto il loro folklore tipicamente
biker, svaniscono rapidamente, ognuno nella loro direzione. Anche noi,
capeggiati da Giovanni, motociclista-fotografo ormai professionista nonché
veterano del TT (con le sue tre partecipazioni) prendiamo subito la strada per
Port Erin, cittadina posta su un’incantevole baia, scelta per il nostro
soggiorno sull’isola. I fumi di scarico lasciano il posto al profumo della
campagna, al suo vergine verde, ai muretti in pietra, passando anche per il
Fairy Bridge, dove non bisogna dimenticare di salutare il folletto, per
auspicare fortuna… all’improvviso balle di paglia, gradinate e gomma piuma a
protezione dei pali, nonché un asfalto veramente fetente: ma non correranno
mica qui???? Sorvoliamo. Arriviamo alla baia: un paradiso; la luce del sole del
mattino ci scalda e Giovanni ne approfitta per scattare numerose “romantiche”
foto. Non ce ne rendiamo ancora conto: ma siamo veramente arrivati sull’isola
del mitico, terribile, amato/odiato, bistrattato e magnetico Tourist Trophy!!!
…un
continuo, affascinante, contraddittorio contrasto, inconfondibilmente
britannico, tra natura incontaminata ed esasperazione tecnologica, tra rigide
tradizioni e l’anarchica follia delle sue manifestazioni “fuori controllo”, tra
il silenzio di un faro baciato dal mare ed accarezzato dal vento, con migliaia
di pecorelle sullo sfondo (ma perché non imparano a mangiarsele, ‘sti
inglesi!!!????), di uno storico trenino elettrico che si arrampica timido sulla
montagna ed il rombo delle moto da corsa, per non dimenticare quelle dei
“semplici” turisti, che lacerano la tranquillità…
…sta
tutto qui, secondo me, il fascino dell’isola di Man.
Per
tutto quello che vi sta intorno, dal viaggio di avvicinamento, al soggiorno
sull’isola, alle gare, al ritorno, ognuno può interpretarlo a modo suo,
assaporando gli aspetti che preferisce. Ma qualsiasi sia la scelta vi rimarrà
qualcosa di indescrivibile, che difficilmente riuscirete a trasmettere. Le
foto, tante; i filmati amatoriali delle cene in compagnia e soprattutto delle
gare e la “camera car” installata al mad sunday; i gadget. Tentativi quasi
inutili, seppur coadiuvati anche dalla più moderna tecnologia, di portare a
casa la prova di emozioni da raccontare agli amici. Niente. Nulla da fare. Mi
spiace ragazzi, non basterà: bisognerà proprio andarci. E magari ci ritorno
anch’io…