CARTELLA NUMERO 8
21/09/09
FABIANA CANNIA
Inizialmente
mi fecero problemi, erano delle informazioni private poi confessai di essere la
madre naturale, e il loro atteggiamento cambiò. Mi dissero che Caterina era
stata adottata all’età di tre anni da una bravissima famiglia e viveva a
Latina, chiesi al direttore più informazione possibili parlare di lei mi
emozionava. Il direttore sapeva ben poco mi disse l’ultima volta che la vidi
furono dieci anni fa e poi non venne più. Confessai le mie intenzioni di volerla
cercare, lui non fu molto propenso alla mia idea, mi parlò del trauma che
potrei portare alla ragazza. Dopo questa lunga chiacchierata con il direttore
me ne andai più scoraggiata che mai. Sentii al telefono Roberto mi incoraggiò
ad andare avanti nella mia ricerca non mi potevo fermare già al primo ostacolo.
Era vero dovevo prima di tutto essere più determinata e ancora all’età di
quarantenni fallivo sempre, ero così insicura nel prendere delle decisioni
perché avevo paura di sbagliare come del resto feci ventuno anni fa.
Decisi
di recarmi a Latina, il direttore mi aveva detto il cognome di mia figlia, cosi
mi venne anche più semplice cercarla. Dopo una serie di giorni avevo finalmente
ottenuto l’indirizzo della la famiglia adottiva di Caterina.
Una
mattina era il 26 aprile, non dimenticherò mai quel giorno andai dinnanzi a
quella casa, una villetta molto grande e ben rifinita, con un giardino intorno
e un cane all’ingresso.
Quel
giorno non ebbi il coraggio di suonare al campanello e rivelare chi ero. Passarono
i giorni ma io non riuscivo a varcare quella porta, avevo così tanta paura e
poi cosa le avrei detto a mia figlia alla sua domanda perché mi hai
abbandonata?
Ma
un giorno qualcosa cambiò, mentre osservavo quella casa da lontano finora priva
di movimenti, vidi per la prima volta mia figlia. Una ragazza bellissima, con
degli occhioni blu e dei lunghi capelli biondi, alla
sua vista scoppiai a piangere finalmente avevo rivisto il suo volto dopo tanto
tempo, lo avevo sempre sognato e adesso era davanti a me. Caterina era uscita
con il cane e si stava recando nel parco a pochi metri da casa sua così decisi
di seguirla. Era seduta in una panchina e stava leggendo un libro, quando
decisi di avvicinarmi. All’inizio ero così impacciata non sapevo come approcciarmi,
cosa dirle,le chiesi alcune informazioni e lei con gentilezza mi rispondeva con
il viso un po’ stupito, finché mi presi di coraggio e le dissi la mia
identità.
Lei rimase di sasso, mi fissava non voleva credere alle mie parole quando le
spiegai il perché l’avevo lasciata, scoppiammo entrambe a piangere per
l’emozioni di rivederci nuovamente dopo tutti quegli anni.
Ma
la sua reazione benché giustificata, non fu molto piacevole per me, cercai di
abbracciarla quando la vidi piangere, ma lei mi respinse dicendomi mi dispiace
che hai fatto tutta questa strada per giungere fin qua ma io non voglio più
vederti non riesco a perdonarti, non ci sono giustificazioni per una madre che
abbandona una figlia e che la ricerca dopo ventuno anni. Le sue parole così giuste
del resto mi fecero un gran male, non riuscivo a dirle nulla aveva
perfettamente ragione, non c’erano giustificazioni per me, così rimasi a
guardala mentre lei pian piano si allontanava e io non riuscivo a fermarla.