CARTELLA 9

CHIARA PONZO

22/09/2009

 

In un primo momento pensò che potessi essere un’amica di sua madre,che credeva morta o in chissà quale parte del mondo, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime e mi abbracciò. Le sensazioni di quel momento furono fortissime, mi sentivo di nuovo mamma. La strinsi forte a me, come avevo da sempre desiderato fare e cercai di trasmetterle tutto il mio amore, così da cancellare via il male del passato. Sentivo solo il suono dei suoi singhiozzi, simili a quelli della bambina che avevo lasciato, non sapevo esattamente cosa dirle, avrei voluto chiederle scusa e fu proprio questo che le balbettai.

Le voci che provenivano dalla classe interruppero questo momento, il suo affetto nei confronti di quelle creatura prima che il suo senso di responsabilità la spinse a tornare a lavoro. Non disse nulla, mi guardò per un istante e poi chiuse la porta, io decisi di aspettare che finisse. Nel frattempo tornai nello studio della direttrice che si era allontanata per lasciarci sole e le chiesi di raccontarmi di mia figlia. Certamente non è bello che un genitore chieda ad un’estranea notizie sul proprio figlio, ma io non avevo altra scelta e soprattutto volevo iniziare a gettare le basi per la costruzione di un rapporto vero, reale e soprattutto quotidiano. La responsabile mi disse che Caterina era una ragazza dal forte carisma, dal carattere forte e dalla profonda decisione, aveva intrapreso questo lavoro  da qualche anno con ottimi risultati; il suo contributo era indispensabile per la crescita e la formazione caratteriale degli alunni. Aveva sofferto molto l’assenza della sua vera famiglia, il distacco, ma aveva deciso di tenere tutto dentro, mostrandosi agli altri tutt’altro che vulnerabile e sfruttando un’occasione per regalare il frutto del suo lavoro interiore.

Mi sentii molto orgogliosa di lei, era stata capace di dare una ragione al suo dolore, di costruirsi una corazza per evitare di essere nuovamente ferita, senza che tutto questo incidesse troppo sulla sua dolcezza. Probabilmente non avrei potuto darle di meglio, né avrei potuto esserle d’esempio, arrivai anche a pensare che la mia decisione non fu del tutto sbagliata.

Finita la sua lezione Caterina ci raggiunse e, prima di ripiombare in un gelido silenzio, mi fece soltanto una domanda: “perché, mamma?”. Era il quesito più difficile che mi avessero mai posto, ma era giunto il momento di dare una riposta, del resto ero arrivata sino a lì anche per questo. Sapevo che nessuna motivazione sarebbe stata valida, ma le aprii il mio cuore, nella speranza che i sentimenti giungessero laddove le parole non sono capaci di arrivare. Lei mi guardava e piangeva, ripensava al suo passato e mi raccontava cosa avesse affrontato durante tutti quegli anni, a tratti mi sembrò parlasse con quel rancore con cui avevo temuto di dover fare i conti. Allora le presi la mano, la portai sul mio petto e le feci ascoltare il battito del mio cuore..scoppiò in lacrime e mi disse : “bentornata mamma”.