CARTELLA 7
CHIARA PONZO
20/09/2009
Non
avrei potuto immaginare una reazione migliore, era comprensivo aldilà di ogni
limite, la sua discrezione era un insegnamento di vita. Avevo riaperto lo
scrigno del passato, non senza dolore, e adesso mi toccava farci i conti; ero
stata fortunata, non si era rotto alcun equilibrio, questa volta potevo contare
sulla famiglia, la mia.
Mio
figlio aveva il diritto di sapere dell’esistenza di sua sorella e Caterina
aveva il diritto di scegliere se vivere con la sua mamma, così trovai il
coraggio di andarla a cercare e di affrontare le mie responsabilità. Roberto
voleva accompagnarmi, però preferii assumermi le mie responsabilità ed andare
da sola, ma non prima di averlo comunicato ai miei. La reazione di mia madre fu
agghiacciante: scoppiò a piangere disperatamente, forse perché comprendeva il
mio dolore o forse perché profonda era la delusione che gli stavo procurando.
Mio padre mi fissò dritto negli occhi, con aria inquisitoria e di disprezzo, lo
ritenne il capriccio di una bambina, incapace di prendersi cura delle sue
bambole. Avrei voluto dissolvermi nel nulla, sciogliermi in quel silenzio e
scappare velocemente, allo stesso modo in cui ero scappata dopo aver visto
Caterina per l’ultima volta.
L’entusiasmo
e la determinazione furono smorzati da questo episodio, la risposta dei miei
genitori poteva essere rivelatrice di ciò che avrebbe potuto fare o dire la mia
piccola. Ancora una volta venne in mio soccorso Roberto, il mio angelo custode,
la soluzione a tutti i miei problemi; mi rassicurò, mi strinse forte a sé e mi
disse delle parole che non avrei mai dimenticato: “sei
una brava madre”. Lo ero in quel momento ed il mio rapporto con Marco ne era il
risultato, ma non lo ero stata in passato ed adesso avrei dovuto riscattarmi.
Tirai fuori da un vecchio
portagioie il ciondolo che avevo comprato 8 anni prima, lo stesso che aveva
Caterina al collo quella mattina, l’unico ricordo materiale e forse anche
emotivo di sua madre, quella vera. Lo tenevo stretto durante il viaggio in treno
e fantasticavo su come l’avrei trovata, mi chiedevo se avesse ancora i miei
stessi lineamenti e che interessi avesse; chissà se adorava cantare o magari
era brava a dipingere, chissà con chi mi sarei ritrovata a confrontarmi. Giunta
all’istituto in cui l’avevo lasciata riaffiorarono alla mia mente tantissimi
ricordi, interrotti dal trillo del mio telefono… era Marco, cercava me, così
gli dissi dove mi trovavo e cosa stessi facendo; era un bambino molto maturo,
capì subito quando dissi che gli avrei spiegato tutto una volta tornata a casa.
Passato e presente si intrecciavano, ormai apparivano inscindibili ai miei
occhi, volevo ricominciare tutto da capo, senza bugie e senza distanza. Entrai
decisa, c’erano tantissimi bambini che mi giravano intorno, tutti dagli occhi
triti, in cerca di attenzioni e di affetto, ma al contempo bisognosi di
regalare i loro sorrisi e l’amore che avevano dentro. Cercai tra loro Caterina,
non la vidi e chiesi di parlare con la direttrice.