"Za Letizia" |
Era la regina "du Ponte". La sua possanza fisica, il suo sguardo penetrante, la regalità nel portamento, le sue parole, spesso infiorate da proverbi, incutevano rispetto, soprattutto tra i vicini, anche negli altri concittadini. Lo stesso appellativo di zia era segno di stima e di considerazione profonde. Vestiva sempre in gramaglie "Ccuru maccaturu", testimonianza di chissà quale inconsolabile dolore, con i lembi legati sotto il mento. La sua stanza, posta a piano terra, era sempre gremita di gente: "vaju due za Letizia a bucare e ricchie ara quatrareddra, cce portu sa cista e pira ppere vinnire".
Ricordo, verso la fine degli anni quaranta, a guerra già finita, con il ritorno dei combattenti, le campagne abbandonate, cominciarono ad essere coltivate e dare frutti abbondanti e le mandrie, piuttosto numerose riempivano di belati e scampanellii le diverse contrade. Le ricotte non si vendevano ve n’erano in abbondanza e mia madre mi mandava da zia Letizia: "Portaci le ricotte, se e ppo vinnire e vinna sinnò chiddru ne vo fare ne fa". Zia Letizia stava seduta su una sedia bassa davanti alla porta che dava sulla via pubblica e nei lassi di tempo lavorava a maglia: "Veniì figliuleddru ca te dugnu i sordi de ricotte de l’avutru jornu" (Una ricotta come un uovo, allora costava quattro soldi). Sulla parete di destra della stanza vi era sistemato un lungo scaffale con sopra, in fila, tanti barattoli e lei, senza tema di sbagliare, dotata di una straordinaria memoria visiva, ne ricordava perfettamente l’appartenenza. Da lei si trovava di tutto: formaggio, soppressate, legumi, patate, ceci, frutta e verdure di ogni specie. La sua passione erano "e papere" le famose "papere e za Letizia", a cui dedicava la maggior parte del suo tempo libero ed esse la seguivano ovunque andasse come tanti cagnolini. Se qualcuna si allontanava subito la cercava personalmente o chiamava un bambino e lo invitava ad andare a vedere se era "suttu u ponte a prendere il bagno".
In molte famiglie, allora, si allevavano le galline il cui pollaio spesso veniva sistemato nel sottoscala e quando chiocciavano "E venne marzo e le galline chiocciarono" si preparava il nido in una cesta con un sacco di canovaccio, di solito con ventuno uova, comunque sempre di numero dispari. Prima di mettere la chioccia a covare, le uova dovevano essere sempre "visitate" da zia Letizia per stabilire se fossero o meno fecondate. Ha segnato un’epoca per quando sapeva dare in termini di consigli, di suggerimenti. Era una donna di stampo antico, onesta, laboriosa, disponibile, un punto di riferimento in un periodo storico in cui molte famiglie erano segnate dall’indigenza, spesso dalla miseria.