Valle del Savuto: Storia, cultura e gente d’antico vino |
I greci chiamavano la Calabria Enotria, che significa appunto "Terra del vino" ma è chiaro che ancor prima che questi ed i Fenici, approdassero sulle nostre spiagge con le loro sementi, qui già si vinificava. Ciò non esclude che le popolazioni elleniche, nelle grandi città della Magna Grecia svecchiarono i vitigni decrepiti degli Enotri. Scrive il noto enologo Luigi Veronelli: "il Cirò era vino talmente pregiato che si offriva ai vincitori dei giochi di Olimpia". Il rosso di Cirò serviva dunque a festeggiare gli atleti dell’antichità, più di quanto non faccia oggi lo champagne in formula uno; ecco perché è conosciuto come il vino più antico della terra. Ai greci è legato anche un vitigno che fu trapiantato nella nostra regione nell’ottavo secolo a. C.: il Greco di Bianco. Questo nell’antica Roma soddisfava il gusto di imperatori e patrizi ed era assai richiesto dalle donne per le sue proprietà afrodisiache. E del Cirò e del Greco non vanno dimenticate le citazioni di Virgilio e Plinio il Vecchio, che ne lodarono le qualità assai spesso. Dalla fine del 500 in poi, studiosi e letterati stranieri, in viaggio nella nostra regione, suggellarono nelle loro opere letterarie la fama del nostro "nettare". Così nella seconda metà dell’Ottocento Joseph Victor Widman, in "Calabrien, Apulien und Streiferein an den oberitalieschen" scrisse: "In genere in Calabria non si può tener conto della propria dieta. I cibi vengono preparati per bene. Però il vino!" Anche l’archeologo francese François Lenormant, nella sua opera sulla Magna Grecia trovò il modo di esaltare tra gli altri, anche il vino lametino di Sambiase. Quale riconoscimento più alto ci può essere per un vino, se non l’attestato di qualità fatto da un francese! Un altro coltissimo straniero, l’inglese Norman Douglas, agli inizi del Novecento, in Vecchia Calabria, menziona il vino della nostra terra dotato di una "selvaggia beauté du diable... che stuzzica l’espansività della gente". Ma se il Cirò vanta un blasone di tremila anni e gli fanno corona vini regionali assai nobili, anche il nostro Savuto ha grande tradizione di vino pregiato sin dall’antichità. Dopo la discesa dei romani al sud della penisola italica, il vino "Sanutum", ora Savuto, veniva ampiamente apprezzato alla pari dei grandi vini dell’epoca. A quei tempi la Calabria, già sottomessa al dominio di Roma, pagava a questa tributi sotto forma di legnami e vino. Nel 1807, il diarista, Duret de Tavel, ufficiale francese, di transito nella valle del Savuto, in "Lettere dalla Calabria" indirizzate al padre, scriveva tra l’altro: "... Rogliano 18 dicembre 1807... Questo borgo abitato da duemila anime... ha diverse belle case ed è rinomato per l’aria salubre e per il suo buon vino..." Qualche giorno dopo, trovandosi a Parenti, annotava ancora... "... i soldati... si consolavano dalla fatica della penosa marcia con la scoperta di un sotterraneo dove erano custoditi molti viveri ed un vino eccellente". Nella seconda metà dell’Ottocento, il produttore di vino Domenico Domanico, scrisse da Scigliano una lettera enologica al cavalier prof. Michele Fera. Nell’accorata difesa del suo "Savuto Vecchio" scrive tra l’altro che nell’Esposizione Agraria di Cosenza del 1874, l’unica medaglia d’argento coniata per i produttori fu assegnata proprio alla sua cantina. Ma già nel 1869, su invito del deputato roglianese Donato Morelli, lo stesso produttore iniziò il vino del Savuto all’esposizione di Firenze. Il vino, in verità arrivò in ritardo, ma questo non impedì al Barone Ricasoli di apprezzarlo e considerarlo sufficientemente alcolico tanto da classificarlo tra i vini da dessert. Il nostro prodotto nel corso dei secoli ha subito, in verità, alti e bassi che sono culminati con la distruzione dei vigneti con le guerre prima e con l’invasione della filosserica poi. Successivamente alla seconda guerra mondiale la Calabria si è posta su un piano di rinnovamento generale, ed anche nella nostra zona i produttori hanno badato più alla qualità che alla quantità considerando il Savuto un vino tipico di classe elevata; i suoi attestati vanno ricercati nella promozione a vino Doc, avvenuta con D.P.R. 19-5-75 Gazz. Uff. del 31-11-75 n° 291. In questo angolo di mondo, nel cuore di questa "Old Calabria" è insediata da tempo una nota doc: il Savuto. La plaga di questo vino, come è noto, comprende i centri situati a sud della provincia di Cosenza: Rogliano - Marzi - Carpanzano - Malito - Scigliano - Cleto - Aiello - Savutello - Campora S. Giovanni ecc. Caldo e robusto questo nettare ha un uvaggio che è un atto d’amore della terra che lo produce. Il suo vitigno più importante è il gaglioppo, detto anche magliacco o Arvino, di antica origine, introdotto nel periodo magno greco. Anche il nerello Cappuccio è di antica provenienza e, a questi vanno aggiunti il greco nero, il sangiovese introdotto molto più recentemente ed il malvasia bianco. E nel ricordare la millenaria storia enoica della nostra Valle del Savuto e il nostro vino dal sapore pieno e dal profumo intenso dove si concentra il sole del Sud e si racchiudono intelligenze e cultura di un intero comprensorio, vogliamo levare i calici con l’augurio e la speranza che questo patrimonio enologico non si disperda, ma ci sia un ritorno al passato, a quel passato che non si può e non si vuole cancellare.
Da "La Voce del Savuto" - Ottobre 2000 - di Brunella Galli