Mi ricordo di...

 

Poche persone possono essere riconosciute pronunciandone solo il nome: Una di queste era Mariano. Alcuni non ricordano nemmeno il suo cognome ma se si diceva Mariano si pensava subito a lui.

Il suo vero nome era Mariano Pettinato ed era nato a Grimaldi l'8 dicembre del 1906. Era però senza tempo perché io me lo ricordo immutabile ed identico a quando, ragazzine, lo vidi per la prima volta e mi rincorse con la paletta del bracie­re gridandomi dietro, con quel suo inconfondibile modo: "vavatinne peddrizzune". La natura non era stata molto generosa con lui in fatto di altezza ma aveva sopperita questa mancanza dotandolo di altre simpatiche qualità.

Se qualcuno fra i lettori suona un qualsiasi strumento musicale capisce al volo cosa voglio dire: Mariano suonava e cantava tutto, ma proprio tutto, con due sole note: Do e Sol e su due sole corde il Si ed il Mi.

Sapevamo di lui tutto ciò che dovevamo sapere e cioè che aveva un negozio di generi alimentari, lo trovavi sempre lì, era "nu cuntatu", aveva i botti per Natale, i frugali e abitava in Piazza. Si dice che il padre, il compianto mastru Geniu, possedesse uno Stradivari.

Per quelli che lo hanno conosciuto sono certo di aver risvegliato il ricordo di un "personaggio" che resterà fra quelli che non saranno dimenticati. Per chi non lo ha conosciuto o ne ha sentito solo parlare, dovrò raccontare qualche fatto di un periodo della storia di questo paese che ha visto Mariano non come un'immobile spettatore ma come un attivissimo protagonista.

Vi ricordate le serenate? La mia generazione e quelle precedenti alla mia le "portavano" sotto la finestra dell' innamorata e consisteva nell'esecuzione di tre canzoni, accompagnate da una chitarra. L'interessata spesso le ascoltava nel buio della stanza guardando fuori dagli scuri cercando di capire chi fosse il pretendente e  ritenendosi fortunata per quell'attenzione.

Fino a quando la chitarra non venne soppiantata da un freddo "mangiadischi" ricordo che la presenza di Mariano era considerata qualificante ed insostituibile.

La difficoltà per averlo come "accompagnatore" consisteva nell'accordarsi sull'orario e sulla paga, che non era mai in danaro perché non ne cicolava tanto ma che consisteva in una cena ("ciambrotta dopo serenata") a base di coniglio o gallina proveniente da qualche pollaio paesano che la sera prima si "visitava per gli acquisti".

Non conosco i fatti e le storie vissute da Mariano con la generazione precedente alla mia ma so che ho vissuto con lui delle esperienze dirette e spesso con la complicità del nipote che partecipava, cercando di non farci esagerare, a quasi tutti gli scherzi e le bravate. Aveva grande affetto per il fratello Ernesto al quale minacciava di ricorrere se andavamo oltre i limiti...

10 me lo ricordo in modo vivido accanto al bra­ciere, davanti alla porta o nel negozio dietro il bancone.

Mi ricordo le notti quando andavamo a pren­derlo a casa per la nostra "serata" e quando ci licenziava con un : "-jativinne ca nu staiu bonu-".

Oppure quando ci chiedeva di tenere le mani in vista se entravamo nel negozio - o quando si lamentava che aveva " troppu machinari chi me mangianu". E' andato via il 6 maggio del 1990 ma sinceramente non me lo ricordo. Non me lo ricordo da morto. Forse perché certe persone che sem­brano insignificanti, al punto di non apprezzarle appieno in vita, quando non ci sono più lasciano un grande vuoto che non sarà colmato da altri.

Il suo labbro sporgente, le sue scarpe sempre lucide, le sue bretelle, il suo mini bastone e quel suo sguardo arcigno quando gli facevamo perdere le staffe mi è però rimasto impresso e non vi nego che, quando vado al cimitero e vedo la sua foto, mi rapisce il rimpianto del passato e mi abbandono volentieri al ricordo non senza un filo di commozione.

Pino Filice
Da "Grimaldi 2000" Aprile - Maggio 2004