La cappella dell’Immacolata alla “Foce” di Grimaldi
.... E un po’ di storia.
Ad un Km. circa dalla cittadina di Grimaldi, proprio allo sbocco (donde il nome di “Foce”) della conca ove giace l’abitato nell’ampia valle del Savuto, v’è un’antica nicchia, ricinta da un cancelletto, nella quale si venera una miracolosa immagine dell’Immacolata. Sita ai piedi delle colline del “Perrepu”, ove era l’antica Grimaldi, e di Serra Castello, essa domina i due versanti, e tale è la venerazione da cui è circondata che mai mano sacrilega si permise manometterla: anzi è sempre adorna di fiori freschi e molto spesso ne viene accesa la lampada. La sua erezione pari rimonti all’anno 1874, ma i fatti che la determinarono si svolsero molti anni prima.
Già nel marzo 1638 nel violento terremoto che sconvolse la zona sud del Casentino, Grimaldi, allora sita, come dianzi dicevo, sul crinale del “Perrupo”, fu distrutta: e la leggenda vuole che in mezzo a tutte le rovine e lo scompiglio, solo fu trovata intatta una statua della Vergine, che fu trasportata nell’attuale Chiesa dell’ex Convento, allora cappelletta e, nel 1763, annessa al Convento dei Francescani, oggi purtroppo divenuto, per l’incuria degli amministratori, pressoché un ammasso di rovine; la statua, rimessa a nuovo, si ammira ancor oggi nella Chiesa su accennata.
Nella seconda metà del ‘700 i grimaldesi emigravano verso le terre del Reggino, e Seminara, Gioiosa, Rosario, ecc. furono i luoghi ove vieppiù especarono la loro attività lavorativa.
Nel terremoto del 1783, che molti lutti e numerosi crolli di abitati apportò in quella zona, non uno dei molti grimaldesi ivi dimoranti vi perì: e tutti vennero a piedi a Grimaldi, in voto, e diritti si avviarono alla Chiesa dell’Immacolata Concezione, oggi artisticamente rifinita, a ringraziare la Vergine di averli salvati da sicura morte.
La statua stessa, parlo di quella che si venera nella Chiesa a Lei dedicata, si trova a Grimaldi per volere divino; infatti detta statua era stata commissionata ad un artista casentino dal popolo di Longobardi; i grimaldesi allo stesso avevano affidata la fattura di un’altra, che l’artista, rispettando la precedenza, si riprometteva di eseguire non appena ultimata quella destinata a Longobardi: i grimaldesi che la volevano presto, brigavano per ottenere quella dei Longobardesi, ma questi ultimi non mollarono. Senonché, sul punto di prendere la statua per trasportarla a longobardi, essa non si spostò di un millimetro, né ci fu verso, malgrado gli sforzi più energici, di staccarla dal suolo. Fu consentito allora che provassero anche i Grimaldesi presenti: al primo toccarla la statua venne sollevata come una piuma, e logicamente i grimaldesi ne protestarono la proprietà. I longobardesi però, temendo qualche trucco sotto la forma di chiodini che avrebbero tenuto la statua fissata al suolo o altro, vollero ripetere circospezione la prova, ma dovettero constatare che per loro era impossibile. E la statua, leggera come una piuma, fu trasportata trionfalmente a Grimaldi.
Correva l’anno 1806: i Francesi scorazzavano impuniti per le nostre contrade distruggendo paesi, incendiando abitati, uccidendo giovani e vecchi, violentando donne, commettendo soprusi di ogni genere (V. anche Misasi nelle sue opere).
Era giunta la nuova a Grimaldi che un’agguerrita Compagnia di Francesi, devastati gli abitati di S. mango, Martirano e Confluenti, risaliva la valle del Savuto, alla volta di Grimaldi.
Il Clero, allora erano oltre trenta Sacerdoti, convocò il popolo nelle Chiese, e si propose di andare allo incontro dei devastatori col Santissimo Sacramento in testa, seguito da tutti i Sacerdoti e dal popolo unanime, sperando in un eventuale, per quanto arduo, sentimento di pietà per gli abitanti e di riverenza verso l’Altissimo.
E così, nel giorno in cui i francesi erano stati segnalati prossimi alla strada di accesso a Grimaldi, al suono di tutte le campane, il Clero vestito dei paramenti più solenni, Ostensorio in testa, col palio e con la croce, seguito dai notabili anziani e dall’imponente processione, orante e piangente ad un tempo, si mosse verso la “Foce”. A trecento metri circa dall’attuale nicchia, dove cioè l’antica strada si biforca per allacciare l’una la parte superiore e l’altra la parte inferiore di Grimaldi, il corteo si fermò e attese gl’invasori.
SEQ CHAPTER \h \r 1Ecco spuntare un cavaliere di forme erculee, gagliardo, cavalcante imperioso alla testa di molti guerrieri, il quale, giunto dinnanzi al Sacro Ostensorio, fa fermare i suoi uomini, scende da cavallo, si toglie il cimiero e s’inchina davanti al Santissimo.
La folla dapprima piangente, poi muta, in ultimo stupefatta, trattiene il respiro: nessuno osa parlare; ognuno sente in gola la parola che vuole uscire, ma non riesce ad emetterla. Finalmente un vecchio Sacerdote riesce a balbettare: “Siamo venuti qui… per pregarvi… scongiurarvi… di risparmiare la vita di tanti innocenti… di non seminare lutti e rovine fra di noi… per amore di questo Dio… che tutto vede e nota…”. E l’ufficiale, quasi, interrompendolo: “Rimanete tranquilli. Non c’è bisogno che mi vi raccomandiate; a circa trecento metri da qui ho incontrato una signora che caldamente mi ha supplicato di non farvi alcun male: ed io, di fronte alla sua bellezza, alla sua bontà, alla sua rara grazia, ho promesso di risparmiarvi e manterrò la parola!”.
Il popolo, intese le parole insperate e confortatrici, elevò il suo inno di ringraziamento al Signore e diede unanimamente in lagrime di gioia.
Ma a queste prime manifestazioni di giubilo seguì la curiosità: chi era stata questa signora tanto potente, tanto piena di grazia da piegare gli animi così feroci e inumani dei francesi? Per quante accurate indagini si fecero, non si riuscì a spere chi era stato. In ultimo balenò un sospetto: e, ritornati in paese, Clero, popolo e soldati francesi, fu condotto il duce nemico dinnanzi alla statua dell’Immacolata e, prima che gli si domandasse, come era stato deciso, se il volto della signora rassomigliasse a quello della Statua, questi esclamò: “Ecco la Signora che mi ha parlato! È proprio Lei, con gli stessi abiti, con lo stesso manto celeste!”.
Dopo questo episodio il culto per la Vergine Immacolata divenne intangibile imperituro, sacrosanto per i grimaldesi tutti.
Né le documentazioni i fermano qui: la peste che infierì nei paesi del versante del Savuto non comparve affatto a Grimaldi; il terremoto del 1854, che distrusse molti comuni della provincia, risparmiò solo Cosenza, Grimaldi e pochissimi altri; e a tal uopo anche qui, come a Cosenza la Madonna del Pilerio, il 12 febbraio da allora viene dedicato alla festa votiva in onore della Madonna Immacolata, con prediche e processione; anche nel terremoto del 1905 Grimaldi fu risparmiata, e così in quello violento del 1908, che distrusse Reggio e Messina.
Per onorare la Vergine, e soprattutto a ricordo dello storico fatto successo alla “Foce”, fu innalzata, come dicevo, la Cappelletta tuttora esistente.
Oggi i grimaldesi nuovi, a ricordo di tutte le grazie ricevute, e specialmente per la pace ottenuta dopo tante tribolazioni, il cui ritardo avrebbe causato chissà quante altre miserie e dolori all’umanità avvilita, ha decretato di erigere un artistico tempietto accanto alla Miracolosa Immagine: e alla cerimonia solenne e austera della posa della prima pietra, era presente il Clero e buona parte del popolo.
Dopo la messa all’aperto, il P. Michele de’ Cappuccini ha benedetto il sacro luogo ed ha parlato al popolo sulla responsabilità che si viene ad assumere erigendo un Tempio all’Immacolata: guai se ad esso si vien meno, guai se da simbolo di fede e di purezza dovrà diventare un pallido ricordo della fede granitica dei nostri padri, ed esso stesso sarà in eterno il più aspro, tremendo rimprovero per la gente ingrata ed immemore.
Ma, ha concluso, il sangue antico dei nostri avi ripalpiterà più veemente in noi dopo la triste, catastrofica parentesi che speriamo chiudere oggi, per ritornare, sublimati e purificati dopo tanti immani sacrifici di sangue, alle avite consuetudini ed alla vera Fede, foriere esse solo di pace e di benessere per Grimaldi, per l’Italia scissa e traviata, per il mondo sconvolto.
Da Corriere del Sud, venerdì 5 ottobre 1945, Anno III, n. 196
Rosario Colistro