La volta di fronde dei boschi e delle foreste dà ospitalità a moltissime specie di uccelli. Tra questi ve ne sono parecchi appartenenti all’ordine dei passeriformi.
In particolare, all’interno di quest’ordine,
esiste una famiglia i cui rappresentanti sono legati ad ambienti boschivi: la
famiglia dei Silvidi (termine che deriva dal latino “silva-ae” che
significa foresta).
Tale famiglia comprende:
ÿ
Il
fiorrancino (Regulus ignicapillis)
ÿ
I luì (Phylloscopus collybita, luì piccolo, e Phylloscopus sibilatrix, luì verde)
Ma, tra tutti, il membro più noto di questo gruppo è la capinera
(Sylvia atricapilla, a destra), citata da un numero quasi infinito di
canzoni e di poeti, tra tutti il Pascoli. Basti pensare a La quercia caduta.
La capinera è diffusa in tutta Italia (isole comprese), sia nel periodo primaverile–estivo, sia, per quanto riguarda l’Italia centro-meridionale o le annate in cui la stagione è più mite, in quello invernale. Il suo habitat è legato ai boschi ed alle foreste con abbondanti cespugli ed arbusti, ma sa adattarsi anche ad ambienti diversi, come le siepi nelle campagne oppure i parchi ed i giardini delle città e dei paesi.
Il nome capinera deriva proprio dal tipico colore della testa, per l’appunto nera, che caratterizza il maschio (sotto, a sinistra).
La femmina, infatti, ha la testa di colore bruno (più in basso, a destra). Per il resto l’aspetto è praticamente identico:
Le dimensioni sono, più o meno come quelle del passero, ma la
struttura è più snella; il dorso è di un colore grigio ardesia (anche se nella
femmina presenta una tonalità più tendente al bruno) con ali e coda più scure,
le parti ventrali chiare, di un color crema, e la gola bianca.
Il becco è sottile, tipico degli uccelli che si nutrono di insetti. Questi costituiscono la dieta della capinera per tutto il periodo primaverile ed estivo.
Con il sopraggiungere dell’autunno e per tutto l’inverno, invece, la sua alimentazione diventa a base di frutta e bacche. Tra l’altro, la capinera ha delle capacità metaboliche straordinarie: tutti gli uccelli di piccole dimensioni hanno un metabolismo molto elevato, soprattutto nel periodo invernale, quando l’energia che ingeriscono sotto forma di alimenti viene sfruttata per produrre calore. Pertanto il cibo deve essere assimilato rapidamente. A ciò contribuisce anche la composizione della frutta, ricca di zuccheri (che come è noto sono composti di rapida assimilazione). È stato calcolato che una capinera riesce ad assimilare frutta e bacche, dal momento della loro ingestione, in un tempo record di circa 12 minuti (!!!).
Nel bosco, comunque, è piuttosto difficile vedere gli uccelli tra
il fogliame, infatti anche loro stessi comunicano tramite il canto. I
passeriformi sono in grado di emettere più suoni, tra di loro diversificati,
con differenti finalità: in primo luogo emettono quello che in gergo viene
definito il richiamo, che normalmente è un suono breve e monosillabico
il quale può servire come segnale della propria presenza, avvertimento,
minaccia o come allarme e che, come tale, può essere prodotto sia dai maschi
che dalle femmine. I richiami della capinera sono dei tipici “tack!” o
“ciarr!”. È interessante notare che, anche altri silvidi emettono dei richiami
simili, che al nostro orecchio risultano praticamente identici: in realtà
l’udito degli uccelli è molto più raffinato del nostro ed essi sono in grado di
distinguere non soltanto il richiamo di una specie da quello di un’altra, ma
anche il richiamo di un individuo da quello di un altro. Oltre al richiamo abbiamo poi il canto
vero e proprio, che viene emesso esclusivamente dal maschio adulto e solo in
determinati periodi, cioè in quelli riproduttivi: esso infatti ha la funzione
di marcare un territorio per tenerne lontani gli altri maschi e di attirare una
femmina. Come tale, il canto viene attivato da vari fattori fisiologici, ad
esempio l’aumento degli ormoni sessuali. Ogni individuo arricchisce il proprio
canto, che comunque ha un tema di fondo tipico della specie a cui l’uccello
appartiene e quindi è geneticamente predeterminato, con propri elementi e
proprie variazioni. Nel canto, infatti, hanno un ruolo importantissimo
l’apprendimento e la “creatività” individuale; perciò ogni individuo può, come
ogni allievo che si rispetti, introdurre elementi propri in ciò che apprende.
Talvolta gli “elementi propri” possono derivare anche dai “condòmini”, cioè dai
canti e dai richiami di uccelli di altre specie che vivono in prossimità del
nido in cui un pulcino cresce (è stato osservato, ad esempio, nei
fringuelli). I maschi adulti fuori dal
periodo riproduttivo ed i giovani producono anche altri vocalizzi: sono il
cosiddetto sottocanto, che altro non è se non la prova di quello che
sarà il loro canto nella stagione degli amori. Grazie al sottocanto essi
perfezionano e migliorano il loro canto e vi introducono tutte le variazioni
sul tema che lo rendono più ricco e complesso.
Ascolta il canto
della capinera X
Come abbiamo visto canti e richiami servono, tra l’altro, a marcare un territorio: le capinere, infatti, sono fortemente territoriali e non tollerano, all’interno del loro territorio, la presenza di altri loro simili o di intrusi, a qualunque specie di uccelli appartengano. Soprattutto nel periodo che sta tra maggio e luglio, cioè il periodo della riproduzione.
Nel periodo riproduttivo il maschio, oltre ad emettere il suo canto per marcare il territorio, tener lontani i rivali ed attirare un compagna, costruisce numerosi nidi: questa attività sembra richiamare la femmina (“è proprio un omino di casa: è da sposare!”), ma probabilmente ha anche una funzione secondaria. I silvidi, infatti, sono oggetto delle mire del cuculo, che se ne serve per fargli covare le sue uova ed allevare i suoi pulcini a scapito della prole dei legittimi proprietari del nido. Numerosi falsi nidi possono distogliere l’attenzione del parassita da quello vero, solitamente costruito dalla femmina in un ramo a forcella e piuttosto vicino al suolo. Il nido ha la forma di una piccola coppa. La femmina vi depone dalle 4 alle 6 uova (in media 5) di colore camoscio chiaro maculate. Dopo circa 12 giorni di cova, effettuata da entrambi i genitori, nascono i pulcini, inetti, che spiccheranno i primi voli a 10 o 12 giorni di età. Solitamente la coppia effettua due accoppiamenti e due covate all’anno.
I giovani che
hanno lasciato il nido, ma che sono ancora immaturi per l’accoppiamento, hanno
un colore simile a quello della femmina.