Un parco eolico sul Reventino?
…troppa fretta.

Vorrei porre l'attenzione su quanto sta succedendo nel territorio del catanzarese. Una quantità esageratamente preoccupante di parchi eolici sta spuntando come funghi; è in atto una speculazione sia economica che ambientale. Alcune aziende private nate ad hoc, aventi poca o nessuna esperienza nel settore, con il patrocinio di politici compiacenti e amministrazioni distratte (e/o conniventi), stanno attuando un altro scempio ambientale. Dietro la nobile causa del risparmio energetico e dell'investimento sulle energie rinnovabili, si celano preoccupanti retroscena.
In un giorno di agosto di quest’anno mi sono imbattuto in una sommaria discussione con un consigliere dell’Amministrazione comunale di Martirano Lombardo. Si parlava su alcuni punti del programma elettorale dell’attuale amministrazione; nella fattispecie si discuteva sulla possibile ricezione di alcuni strumenti normativi, per ovviare alla continua emigrazione dei nostri compaesani in luoghi “più felici”. Ma il suo ragionamento si basava sulla possibilità di risolvere i nostri problemi attraverso l’impianto, anche nel nostro territorio, di un parco eolico che, secondo lui da un lato avrebbe fatto intascare alle casse comunali cospicue somme di denaro tali da risanare enormemente il bilancio comunale e, dall’altro, avrebbe permesso una maggiore disponibilità elettrica nelle reti ENEL con un inquinamento pari a zero.
Con tutto ciò voleva convincermi sulla affidabile opportunità di rilancio che il parco eolico avrebbe offerto alla nostra area.
Ma il mio scetticismo mi portava (e ancora mi porta) a dedurre che questo tipo di interventi è solo una speculazione messa in atto da “furbetti” a causa della mancanza di una politica territoriale seria, sia da parte del governo centrale, sia da quello periferico, comprese le nostre Amministrazioni comunali.
L’eolico, come noto a tutti, è una delle energie rinnovabili a inquinamento prossimo a zero (salvo l’elevato impatto visivo). Ma, basterebbe un minimo di informazione per comprendere meglio quanto sta succedendo in Italia, dove di fatto ancora sussiste prepotentemente il monopolio elettrico, nell’ambito dei finanziamenti sulle energie alternative.
Si sta verificando in tutta Italia un vorticoso aumento incontrollato delle proposte progettuali; questo enorme carico di piani da visionare porta l’ente preposto a valutare ed esprimere pareri ambientali (la Ragione) a delegare le procedure alle province, le quali hanno competenze minori e fungono da macchine troppo ferruginose attraverso cui far passare itinera burocratici già di per sé precari e complessi. E come se non bastasse nel passaggio di competenze ad enti subordinati, sussistono pericolosi dubbi sul tipo di controllo delle concessioni!!!
Ma focalizziamo alcuni aspetti procedurali facilmente riscontrabili nella legislazione nazionale. Innanzi tutto manca una pianificazione energetica seria in Italia; quella esistente è approssimativa e realizzata solo per adempire in tempo alle direttive europee. Con alcune leggi, sia nazionali che regionali, si dà luogo a paradossali conseguenze.
Infatti, con il D.Lgs 387/03 si identifica il parco eolico come “opera di pubblica utilità, indifferibile ed urgente”, il ché permette espropri pilotati da soggetti giuridici privati. Questo è anche avallato dal D.Lgs 152/06 dove si dà vita al paradosso secondo cui non c’è obbligo di V.I.A (Valutazione Impatto Ambientale) per gli impianti eolici a carattere industriale, cioè tutti!
Inoltre, tramite la legge 488 adottata dai POR di alcune regioni (tra cui la Calabria) si elargisce il finanziamento prima ancora che si attui la fase di controllo.
E ancora, sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria dell’ 1-3-2006 parti I e II, numero 4, si legge che “nei siti calabresi monitorati la velocità media del vento è prossima ai valori critici di accettabilità”; purtroppo la mancanza di trasparenza da parte delle aziende interessate alla realizzazione di questi impianti, non favorisce di certo la conoscenza dell’effettiva redditività degli impianti e dunque la reale necessità di simili mostri paesaggistici.
Nelle regioni Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, si è stimata la potenza eolica, complessivamente tra installata e autorizzata in circa 8400 MW, di gran lunga superiore ai 2500-3000 fissati dal Libro Bianco nazionale. In più, tutti gli impianti eolici industriali costruiti in Calabria sulla terra ferma si insediano “in buona parte anche in aree di estrema pericolosità per la biodiversità o di estremo impatto per il paesaggio” (da un dossier a cura di Altura, CNP, Italia Nostra, Mountain Wilderness e LIPU Puglia).
Quindi, non solo vengono facilmente glissati i Piani Energetici e Ambientali Regionali (PEAR), ma c’è anche un completo e delinquenziale disinteresse per la salvaguardia delle aree protette.
In Calabria sono minacciati alcuni volatili che, nella loro migrazione attraverso tutta la penisola italiana, sono costretti a concentrarsi nel territorio compreso tra il Golfo di Sant’Eufemia e quello di Squillace (lo stretto istmo sopra Le Serre). E proprio in quest’area il Comune di Cortale ha autorizzato la costruzione di 7 torri eoliche (visibili da molto lontano), mentre Jacurso, S. Pietro a Maida, Marcellinara, Pianopoli, Vallefiorita, Palermiti, Girifalco, Borgia, ecc. si stanno adeguando; in questo modo si creerà una vera e propria barriera che porta a rischio la sopravvivenza dei volatili!
Addirittura si è arrivati a concedere autorizzazione, con pareri ambientali positivi, nell’area ZPS (zone a protezione speciale) del Marchesato, mettendo in pericolo le nidificazioni del Capovaccaio, del Biancone, della Cicogna Nera, della Cicogna Bianca e della rarissima Aquila del Bonelli.
In alcune aree montane, per il trasporto e la costruzione delle torri, si sono previsti importanti disboscamenti e la realizzazione di nuove vie d’accesso meno tortuose e più larghe.
Queste e tante altre aberranti stranezze, per usare un eufemismo, sembrano essere alla base delle concessioni di parchi eolici di dubbia necessità.
Ma queste preoccupazioni non devono essere interpretate come un diniego: la mia proposta è quella di redigere piani di fattibilità delle opere coinvolgendo non solo le imprese interessate e le Pubbliche Amministrazioni ma, in primo luogo, tutte le associazioni ambientaliste (nazionali e territoriali) per definire meglio quali devono essere i presupposti essenziali al fine di realizzare eventuali progetti di eco-sostenibilità degli impianti.
Bisogna quindi quantomeno concertare qualsiasi opera che tende ad alterare, anche se solo visivamente, un territorio con tutte le organizzazioni e associazioni ambientaliste; questi sono i veri conoscitori del territorio, grazie soprattutto alla loro presenza capillare ed assidua attività. Porrei seri veti sui quei contratti "oscuri" e proporrei, qualora si verificasse una mancanza di trasparenza da parte delle imprese con gli enti territoriali e con le associazioni ambientaliste, di ritenere ciò come un punto fondamentale per la recessione contrattuale.
Bastano pochi accorgimenti ed una presa di coscienza da parte degli amministratori abbindolati da illusori e temporanei guadagni; infatti alcuni comuni credono che concedere il territorio a questo tipo di attività sia l'unico modo per risanare i bilanci. Ciò è vero, ma con quali conseguenze? Con quali costi socio-ambientali?
Cerchiamo quindi di trovare un tavolo dove prendere assieme decisioni che altrimenti potrebbero compromettere l’unica risorsa economica del nostro territorio: l’elevato valore scientifico e naturalistico dei monti Reventino e Mancuso.
In mancanza di una Pianificazione Territoriale, personalmente dico NO a questo errato modo di gestire il territorio.

Lanzo Giovanni
 

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